I conflitti tra fiduciante e fiduciario nell’intestazione fiduciaria di quote
Valerio Sangiovanni
03 Settembre 2025
In questo contributo ci occupiamo dell'intestazione fiduciaria di quote societarie, ponendo l'accento sui conflitti che possono sorgere tra fiduciante e fiduciario. La tematica risulta complessa anche per la mancanza di disposizioni specifiche nel nostro ordinamento che regolano il rapporto fiduciario. Alcuni punti fermi emergono però dalla giurisprudenza che si va ad analizzare.
Definizione di accordo fiduciario e libertà di forma
Con l'espressione di “contratto fiduciario” o di “patto fiduciario” (in latino: pactum fiduciae) si ci riferisce a un accordo in forza del quale dei beni generalmente di significativo valore (come immobili e/o partecipazioni societarie) vengono trasferiti da Tizio a Caio, con l'accordo che Tizio ha diritto di ottenere da Caio la restituzione di detti beni a una certa scadenza o al verificarsi di determinate situazioni. In questo articolo ci soffermiamo, in modo particolare, sulla intestazione fiduciaria di partecipazioni societarie (al riguardo cfr. C. Alessio, Intestazione intermediata delle quote di s.r.l. pmi e schema fiduciario, in Giur. comm., 2024, I, 207).
Il contratto fiduciario è un contratto atipico, non essendo disciplinato espressamente nel nostro ordinamento. Esso è comunque consentito, trovando applicazione l'art. 1322, comma 2, c.c., secondo cui “le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico”.
Molto di recente, il Tribunale di Palermo (Trib. Palermo, 17 aprile 2025, in dirittopratico.it) ha definito cosa sia l'intestazione fiduciaria di partecipazioni. Si tratta di un contratto che determina un'interposizione reale di persona, per effetto della quale l'interposto acquista la titolarità del bene, pur essendo - in virtù di un rapporto interno con l'interponente - tenuto a osservare un certo comportamento convenuto con il fiduciante e a ritrasferire il bene a quest'ultimo (o a terzi) alla scadenza di un certo termine. L'intestazione fiduciaria di quote o azioni societarie genera una separazione tra la situazione di “proprietà sostanziale” (che resta in capo al fiduciante) e di “proprietà formale” o “intestazione” (che ricade in capo al fiduciario). In altre parole, nei rapporti esterni socio reale deve considerarsi il soggetto fiduciario (che risulterà l'intestatario effettivo della quota), mentre tra le parti – in virtù del pactum fiduciae – l'effettivo titolare resta il fiduciante.
Le ragioni per cui vengono posti in essere accordi fiduciari possono essere diverse. Volendo fare qualche esempio, si pensi in primo luogo al caso in cui il disponente sia indebitato e voglia sottrarre le quote societarie a eventuali azioni esecutive da parte dei creditori (ferma restando l'esperibilità del rimedio revocatorio). In altre circostanze, l'intestazione fiduciaria può essere vantaggiosa dal punto di vista fiscale. Altre volte ancora, il trasferimento fiduciario può avere la funzione di eliminare (o almeno mitigare) controversie tra i soci. Si tratta del caso in cui due soci al 50% litigano, ma si accordano per trasferire ciascuno una piccola percentuale del capitale sociale (ad esempio lo 0,1%) a un terzo di comune fiducia, il quale si trova così ad essere l'ago della bilancia delle decisioni societarie. Nell'esempio fatto, riducendosi la percentuale di partecipazione di ciascuno dei due soci al 49,9%, solo con il consenso del terzo fiduciario (con lo 0,2%) si raggiungono le maggioranze richieste dalla legge per l'assunzione delle deliberazioni assembleari.
Particolarmente importante, in tema di intestazione fiduciaria di partecipazioni, è un'ordinanza della Corte di cassazione (Cass., 15 giugno 2023, n. 17151, in questo portale, con nota di Cagliari, Violazione del patto di intestazione fiduciaria di partecipazione sociale e risarcimento del danno) che ha affrontato questo tema in modo approfondito. La Suprema Corte osserva che, nell'intestazione fiduciaria, titolare della quota è solo il fiduciario, ai più vari fini: è suo il diritto di sottoscrivere le azioni in occasione dell'aumento di capitale; la legittimazione a impugnare le deliberazioni assembleari; la legittimazione a far valere il diritto di prelazione ai sensi di statuto o a percepire i dividendi erogati dalla società. Il fiduciario è peraltro obbligato a riversare al fiduciante i dividendi maturati sulla quota o sulle azioni, onde la sua inesecuzione costituisce inadempimento.
Che forma deve avere l'accordo in forza del quale le parti concordano che Tizio trasferisce a Caio la partecipazione, con la contestuale previsione che Caio sarà poi obbligato a ritrasferire la partecipazione a Tizio? La giurisprudenza indica che, per questo contratto, non sono richieste forme particolari. Non è richiesta la forma scritta, né a fini di validità dell'atto né a fini probatori (sulla forma del patto fiduciario cfr. R. Fornasari, La forma del patto fiduciario, in Giur. comm., 2022, II, 1223). La libertà di forme è stata affermata dall'ordinanza della Corte di cassazione n. 17151/2023 appena menzionata: secondo la Suprema Corte, la forma del negozio fiduciario è libera. Il patto fiduciario è a forma libera, non rilevando se la società abbia, nel suo patrimonio, beni immobili.
Bisogna peraltro distinguere tra l'accordo fiduciario e gli atti esecutivi dell'accordo fiduciario. In esecuzione del patto fiduciario, ci saranno due trasferimenti di partecipazioni: prima da Tizio a Caio e poi, quando Tizio chiederà la restituzione della quota, da Caio a Tizio. Per gli atti esecutivi del trasferimento delle partecipazioni dovranno essere osservate le disposizioni che, nei vari tipi societari, disciplinano il trasferimento, quantomeno ai fini della pubblicità nel registro delle imprese e dell'opponibilità nei confronti della società.
Le liti sull'obbligo di ritrasferimento delle quote
Il patto fiduciario si compone di due parti: l'accordo di trasferimento della proprietà della partecipazione da Tizio a Caio (effetto immediato o prossimo) e il contestuale accordo che consente al cedente di rientrare nella piena titolarità delle quote (effetto futuro). Potrebbe però succedere che il cessionario della partecipazione si rifiuti di ritrasferirla al cedente originario. La giurisprudenza tocca spesso casi in cui il fiduciario si rifiuta di ritrasferire le quote o azioni al fiduciante.
Un'azione volta al ritrasferimento delle quote di una s.r.l. è stata oggetto di una recente sentenza del Tribunale di Venezia (Trib. Venezia, 14 giugno 2024, in giurisprudenzadelleimprese.it). Un padre trasferisce fiduciariamente le quote di una s.r.l. ai due figli. Anni dopo chiede il ritrasferimento delle partecipazioni. Dal momento che i figli si rifiutano, il padre agisce in giudizio davanti al giudice veneziano. Il Tribunale di Venezia, sulla scorta dell'orientamento della Corte di cassazione, afferma che la prova dell'intestazione fiduciaria di partecipazioni può essere offerta anche per testimoni o per presunzioni. Nel caso concreto mancava un accordo scritto, cosicché la volontà delle parti di porre in essere un trasferimento di natura solo fiduciaria deve essere provata dal fiduciante che chiede la restituzione delle quote. I capitoli di prova non vengono ammessi in quanto formulati in modo assai generico. Il padre sostiene che la ragione dell'intestazione fiduciaria fosse la sua esperienza nel settore, a fronte della giovane età e inesperienza dei figli. Secondo il Tribunale di Venezia queste circostanze non possono essere valorizzate al fine di ritenere che l'intestazione ai figli delle partecipazioni societarie fosse avvenuta in via solo fiduciaria, essendo al contrario frequente che i figli intendano continuare l'attività di famiglia già iniziata dal padre, con l'aiuto di quest'ultimo. Il giudice veneziano non si convince che l'intestazione delle quote fosse di natura fiduciaria e, così, rigetta la domanda del padre volta a ottenere la retrocessione delle partecipazioni.
Anche il Tribunale di Milano si è occupato di un contenzioso sorto tra il cedente e i cessionari in via fiduciaria delle quote (Trib. Milano, 3 luglio 2023, in giurisprudenzadelleimprese.it). Il caso può essere illustrato come segue. È corrente una s.r.l. con due soci, che sono fratelli, ciascuno dei quali è titolare del 50% del capitale sociale. A un certo punto viene fatta un'operazione in forza della quale parte delle quote della s.r.l. vengono trasferite dal primo fratello ai due figli del secondo fratello. In sostanza si passa da due soci Tizio e Caio (fratelli e soci al 50%) a tre soci Caio e due figli di Caio. Il primo fratello Tizio non è più parte della compagine sociale, in conseguenza dell'intestazione fiduciaria. Successivamente, il primo fratello chiede la restituzione delle quote, ma il secondo fratello e i suoi figli si rifiutano. Tizio agisce dunque in giudizio contro il fratello e i due nipoti, per ottenere l'accertamento di essere il vero titolare del 50% del capitale, avendo avuto la cessione natura meramente fiduciaria. Il giudice milanese, peraltro, rigetta la domanda presentata dal primo fratello. Secondo il Tribunale di Milano, le quote non appartengono più al primo fratello, bensì al secondo fratello e ai due nipoti. Il trasferimento delle quote per atto fiduciario – osserva il giudice milanese – comporta un reale passaggio di proprietà delle partecipazioni, con l'aggiunta di un impegno di ritrasferimento delle medesime. La domanda di mero accertamento proposta dal primo fratello è infondata in quanto l'unico modo per riottenere le quote è agire ai sensi dell'art. 2932, comma 1, c.c., quindi con un'azione costitutiva finalizzata a ottenere una sentenza che si sostituisca all'atto di ritrasferimento non volontariamente concluso. Secondo questa disposizione, “se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l'obbligazione, l'altra parte … può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso”. Il caso viene dunque deciso dal Tribunale di Milano sulla base di disposizioni processuali: l'attore ha presentato una domanda (di mero accertamento) diversa da quella (costitutiva) che avrebbe dovuto correttamente presentare. L'azione in giudizio viene dunque rigettata. Tuttavia, nella sostanza, l'attore ha ragione e – avviando una diversa azione in giudizio e formulando correttamente le domande – dovrebbe riuscire a ottenere la restituzione delle percentuali di capitale di sua spettanza.
La clausola compromissoria statutaria
Una sentenza del Tribunale di Milano si è occupata della devoluzione ad arbitrato delle controversie tra fiduciante e fiduciario (Trib. Milano, 27 luglio 2022, in giurisprudenzadelleimprese.it). La vicenda riguarda due soci (che chiameremo congiuntamente Alfa), detenenti ciascuno il 25% del capitale di una s.r.l. (Gamma), i quali trasferiscono in via fiduciaria le loro partecipazioni a un'altra società (Beta, anche questa in forma di s.r.l.). A un certo punto i due soci fiducianti desiderano ottenere il ritrasferimento delle quote, ma viene loro opposto un rifiuto da parte della fiduciaria. I soci si rivolgono allora al giudice milanese per ottenere in via coattiva la retrocessione delle partecipazioni.
Nella comparsa di risposta, la società convenuta (Beta) eccepisce che il proprio statuto contiene una clausola compromissoria, cosicché la lite sarebbe di competenza di un tribunale arbitrale. Più precisamente lo statuto della società fiduciaria (Beta) stabiliva: “tutte le controversie aventi a oggetto rapporti sociali, comprese quelle relative alla validità delle delibere assembleari, promosse da o contro i soci, da o contro la società, da o contro gli amministratori, da o contro l'organo sindacale, da o contro i liquidatori, saranno risolte mediante arbitrato secondo il regolamento della Camera arbitrale nazionale e internazionale di Milano”.
Il Tribunale di Milano, tuttavia, rigetta l'eccezione di arbitrato. Bisogna difatti considerare che la clausola compromissoria è contenuta non nello statuto della società le cui quote sono state trasferite ( = società Gamma), bensì nello statuto della società fiduciaria ( = Beta). La controversia in corso non riguarda due soci di Beta e non è dunque ricompresa nella clausola compromissoria statutaria di Beta. Inoltre la lite si fonda sul patto fiduciario tra Alfa e Beta, e non sullo statuto societario di Beta. Per queste ragioni il giudice milanese rigetta l'eccezione di arbitrato, affermando la propria competenza a decidere.
Nel merito, come detto, due soci trasferiscono il 50% (e dunque il 25% ciascuno) a una società, che accetta di operare come loro fiduciaria. Il Tribunale di Milano osserva che il trasferimento delle quote ha efficacia reale, mentre il patto restitutorio ha forza meramente obbligatoria. Affinché possa procedersi alla condanna al ritrasferimento delle quote, bisogna che si provi l'esistenza del patto fiduciario. Il tema della forma del patto fiduciario è stato affrontato sopra, con riferimento alla decisione della Corte di cassazione secondo cui non è richiesta la forma scritta. Sennonché, laddove manchi un testo scritto, può risultare difficile provare l'esistenza dell'accordo (e, a maggior ragione, il suo contenuto). Il giudice milanese chiarisce che la prova del patto fiduciario non soggiace ai limiti della prova testimoniale; la prova può inoltre essere raggiunta anche mediante ragionamento presuntivo, secondo il dettato dell'art. 2729 c.c. (le presunzioni devono essere gravi, precise e concordanti).
Nel caso di specie il Tribunale di Milano si convince che esiste un accordo fiduciario, seppure solo in forma verbale e non scritta. L'argomento principale per giungere a questo convincimento è che le risorse per pagare il prezzo delle partecipazioni erano state messe a disposizione dai medesimi cedenti. Fu pattuito un prezzo di 325.000 euro per le cessione del 50%. Il prezzo venne pagato dalla cessionaria, ma successivamente i cedenti rimborsarono a rate quanto corrisposto dalla cessionaria. In sostanza dunque il trasferimento avvenne a titolo gratuito, e non a titolo oneroso. Inoltre i due soci cedenti, seppure non formalmente tali, partecipavano alle assemblee e ai consigli di amministrazione della società le cui partecipazioni erano state fiduciariamente trasferite alla cessionaria: non possedevano il diritto di voto, ma “controllavano” lo stesso le decisioni della società e le scelte gestorie. Vengono poi assunte prove testimoniali dalle quali emerge che l'operazione di intestazione fiduciaria era stata determinata dalla necessità di non fare apparire come socio uno dei fiducianti, in quanto la sua presenza come socio avrebbe potuto ostacolare la concessione di finanziamenti bancari.
Alla luce di tutti questi indizi (reputati gravi, precisi e concordanti), il Tribunale di Milano configura l'operazione come una c.d. fiducia cum amico: il cessionario fa una cortesia al cedente intestandosi provvisoriamente le quote. Il giudice milanese accoglie la domanda di ritrasferimento presentata dai cedenti e provvede come segue: accertato il perfezionamento di un negozio fiduciario concluso tra gli attori e la convenuta avente a oggetto la complessiva quota del 50% del capitale, ceduta dagli attori con l'obbligo della convenuta di ritrasferimento agli attori, accertata la violazione da parte della convenuta di tale obbligo, dispone - ai sensi dell'art. 2932 c.c. - il trasferimento di una prima quota pari al 25% al primo socio e di una seconda quota pari al 25% al secondo socio.
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Sommario
Definizione di accordo fiduciario e libertà di forma
Le liti sull'obbligo di ritrasferimento delle quote