Interrogatorio cautelare anticipato: la Cassazione continua a definire il suo ambito di applicazione

27 Agosto 2025

La Cassazione è stata chiamata a risolvere tre diverse questioni: la prima relativa all'individuazione dei criteri ai quali il giudice deve attenersi per stabilire se procedere o meno all'interrogatorio preventivo; la seconda attiene al regime cui è soggetta la nullità integrata dalla mancata esecuzione dell'interrogatorio anticipato e, infine, la terza con la quale deve stabilire il regime da applicare all'interrogatorio anticipato nel caso di un procedimento con pluralità di imputazioni o di imputati (indagati).

Il caso

Il Tribunale di Salerno, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, ha annullato l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, emessa il 21 febbraio 2025, che aveva applicato  gli arresti domiciliari ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza ed il pericolo di reiterazione di reati in relazione ai delitti di concorso esterno in associazione per delinquere "semplice" - così riqualificata dal Giudice per le indagini preliminari l'originaria imputazione ex artt. 110 e 416-bis c.p. di cui al capo 1-bis della imputazione provvisoria, riciclaggio e truffa aggravata ai sensi dell'art. 640-bis c.p. di cui ai capi 26, 29 e 33 della imputazione provvisoria.

Il Tribunale ha ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari avesse errato nel non procedere all'interrogatorio preventivo dell'indagata previsto dall'art. 291, comma 1-quater c.p.p., dal momento che, in sede di emissione dell'ordinanza genetica, lo stesso Giudice per le indagini preliminari aveva operato una diversa qualificazione giuridica del fatto contestato dal Pubblico ministero al capo 1-bis, ritenuto come concorso esterno in una associazione per delinquere "semplice" e non di tipo mafioso.

In tal modo, nessuno dei reati contestati, rientravano tra le eccezioni previste dalla norma che impone la  necessità di procedere all'interrogatorio preventivo dell'indagato, in quanto esclusi dal novero dei delitti indicati dall'art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p.

Il tenore letterale dell'art. 291, comma 1-quater c.p.p. sarebbe tale, secondo il Tribunale, da escludere che il Giudice per le indagini preliminari dovesse fare riferimento non a quanto da lui stesso ritenuto in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, ma a quanto oggetto della imputazione provvisoria elevata dal Pubblico ministero.

Né sarebbe valorizzabile, secondo il Tribunale, ai fini di escludere la necessità di procedere ad interrogatorio preventivo dell'indagato, l'eventuale connessione dei reati contestati all'interessato con altro o altri reati contestati ad altri coindagati e rientranti nell'elenco di cui all'art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p.

Per tali ragioni, il Tribunale, ritenendo essersi verificata una nullità di carattere generale a regime intermedio, eccepita dalla ricorrente in sede di riesame oltre che rilevabile d'ufficio, ha annullato l'ordinanza applicativa della misura.

Contro la decisione ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla inosservanza da parte del Giudice per le indagini preliminari della previsione di cui all'art. 291, comma 1-quater, c.p.p. : il ricorrente propugna la tesi che non dovrebbe procedersi ad interrogatorio nei casi nei quali vi possa essere - sotto il profilo della prognosi inerente al pericolo di recidiva - una relazione tra il reato contestato, non ostativo, ed altri reati ostativi, sulla base, come nella specie, della capacità a delinquere dell'indagata e degli specifici rapporti con altri coindagati per reati ostativi come il padre ed il fratello.

Utilizzando il criterio della connessione tra i reati, il Tribunale avrebbe dovuto ritenere che l'interrogatorio, nel caso di specie, non fosse necessario, avuto riguardo alle altre contestazioni di cui all'indagine elevate ai numerosi coindagati per reati ostativi, non facilmente scindibili e meritevoli di una valutazione unitaria, anche tenuto conto della difficoltà di selezionare gli atti da depositare al Tribunale in modo da rendere ostensibili solo quelli riguardanti gli indagati da interrogare, al fine di evitare una inutile discovery frustrando "l'effetto sorpresa" nella esecuzione della misura nei confronti di quegli indagati per i quali l'interrogatorio preventivo non risultasse necessario.

La questione

La Cassazione è stata chiamata a risolvere una prima questione quella relativa all'individuazione dei criteri ai quali il giudice deve attenersi per stabilire se procedere o meno all'interrogatorio preventivo; una seconda questione attiene al  regime cui è soggetta la nullità integrata dalla mancata esecuzione dell'interrogatorio anticipato, infine, il giudice di legittimità è chiamato ad esprimersi su quale sia il regime da applicare all'interrogatorio anticipato nel caso di un procedimento con pluralità di imputazioni o di imputati (indagati).

Le soluzioni giuridiche

La sezione II della Cassazione ha  accolto, anche se per ragioni diverse il ricorso: in ordine alla violazione della legge processuale, e al fatto che il giudice abbia omesso l'atto essendosi discostato all'incolpazione provvisoria elevata dal P.M., il Collegio indica che,  quanto alla determinazione del regime cautelare da applicare, vale a dire l'individuazione dei criteri ai quali il giudice deve attenersi per stabilire se procedere o meno all'interrogatorio preventivo: in proposito,  intende dare continuità all'orientamento di legittimità, anche di recente ribadito (Cass. pen., sez. II, n. 12034/2025, Melis; Cass. pen., sez. II, n. 5548/2025, Marangio), secondo il quale non si deve fare riferimento alla domanda cautelare, ma alle valutazioni effettuate dal giudice investito della richiesta. Rientra, infatti, proprio nei compiti del giudice quello di valutare la sussistenza dei presupposti applicativi della misura cautelare, ai sensi degli artt. 273 e 274 c.p.p., a prescindere dagli specifici contenuti della richiesta e che l'eventuale nullità sancita dall'art. 292, comma 2, c.p.p., riguarda solo l'ordinanza applicativa, non certo la richiesta del pubblico ministero (Cass. pen., sez. I, n. 36255/2023, Adalil, non massimata; Cass. pen., sez. I, n. 28525/2020, Signore; Cass. pen., sez. III, n. 43731/2016, Borovikov). Tali principi trovano applicazione anche in sede di impugnazione, in quanto - costituendo il riesame ex art. 309 c.p.p. un mezzo di impugnazione con effetto interamente devolutivo, preordinato alla verifica dei presupposti legittimanti l'adozione del provvedimento cautelare (Cass. pen., sez. un., n. 26/1995, Galletto; Cass. pen., sez. II, n. 7327/2023, Cannalire, non mass.; Cass. pen., sez. IV, n. 12995/2016, Uda) - il Tribunale può annullare o riformare in senso favorevole all'imputato il provvedimento impugnato anche per motivi diversi da quelli enunciati nell'atto di impugnazione, così come può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione dell'ordinanza cautelare (Cass. pen., sez. V, n. 40061/2019, Valorosi; Cass. pen., sez. VI, n. 18853/2018, Puro,).

È stato, dunque, condivisibilmente affermato che non «è possibile ritenere che il vaglio del giudice possa essere diversamente modulato in relazione, in una prima fase, ai fini della "scelta del rito" o del modulo procedimentale da seguire, rispetto ad una seconda fase riservata alla valutazione - funditus - dei gravi indizi e delle esigenze cautelari ai fini della adozione della misura», per cui «una volta ricevuti gli atti, il giudice è tenuto a svolgere una valutazione unitaria, ispirata ad un criterio uniforme, nel verificare la sussistenza di un adeguato compendio indiziario ovvero il ricorso di esigenze cautelari normativamente in grado di derogare alla regola generale dell'interrogatorio preventivo e, al contempo, di giustificare la adozione del provvedimento restrittivo della libertà personale» (Cass. pen., sez. II, n. 12034/2025, cit.).

L'eventuale nullità dell'ordinanza genetica, prevista dall'art. 292, comma 3- bis, c.p.p., qualora non sia preceduta dall'interrogatorio preventivo nei casi in cui è previsto, è di ordine generale a regime intermedio ex art. 178, lett. c), c.p.p., riguardando la violazione del diritto di difesa, con la conseguenza che deve essere dedotta con l'interrogatorio di garanzia postumo, nel frattempo svolto, che rappresenta il primo momento utile, ai sensi dell'art. 182 c.p.p., restando altrimenti sanata. L'eccezione è proponibile in sede di riesame, ovvero la nullità è rilevabile d'ufficio dal Tribunale, solo se sia stata previamente sollevata in sede di interrogatorio e respinta dal giudice.

Il secondo aspetto che va analizzato è quello relativo alla disciplina delle ipotesi di imputazioni oggettivamente complesse in presenza di una pluralità di reati ascritti allo stesso indagato, solo per alcuni dei quali sia prevista la deroga alla regola dell'interrogatorio preventivo, delle ipotesi in cui appaiano frazionate le esigenze cautelari in relazione ai diversi titoli di reato, qualora sussista il pericolo di reiterazione in relazione ad un reato che imponga l'interrogatorio preventivo e quello di inquinamento probatorio specifico con riferimento alle ulteriori ipotesi di reato e, infine, delle ipotesi di imputazioni soggettivamente complesse, laddove il procedimento riguardi più indagati ai quali è elevata contestazione per reati diversi, solo per alcuni dei quali è prevista la deroga all'espletamento dell'interrogatorio preventivo.

La questione non è stata espressamente disciplinata dalla riforma del 2024. La novella di cui alla legge 9 agosto 2024, n. 114 ha inciso solo sull'art. 291 c.p.p., inserendo il comma 1-quater, che prevede l'interrogatorio preventivo, lasciando inalterato il sistema complessivo delle misure cautelari, all'interno del quale non vi sono specifiche norme che prevedono ipotesi di separazione o "spacchettamento" del procedimento. Ed invero, l'art. 18 c.p.p., che consente la separazione dei processi nelle ipotesi ivi elencate, riguarda la fase del giudizio, per cui non può trovare applicazione nella fase delle indagini preliminari; né, per ovvie ragioni, può ipotizzarsi una separazione dei procedimenti sull'accordo delle parti, sulla falsariga della previsione dell'art. 18, comma 2, c.p.p. La separazione dei processi è istituto tipicamente processuale, governato da precise regole di rito; nella fase delle indagini preliminari, quando procede nei confronti di più persone o per più imputazioni, è solo il pubblico ministero che è espressamente autorizzato dall'art. 130 disp. att. c.p.p. a stralciare talune posizioni (persone o imputazioni), per le quali viene esercitata l'azione penale, sì da far conseguire "di fatto" una separazione del procedimento, atteso che la parte rimessa al giudice passa alla fase processuale, mentre l'altra parte resta nella fase procedimentale. Trattasi di un potere autonomo del pubblico ministero, che deve essere esercitato nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge anche in tema di connessione e che è espressione del generale principio del favor separationis, cui è ispirato il codice di rito, finalizzato a favorire, quando una frazione del procedimento sia ormai pervenuta al punto di consentire l'atto che segna il passaggio dalla fase delle indagini a quella del processo, quelle scomposizioni di res iudicandae in grado di permettere una pronta decisione; un criterio, dunque, che consente al pubblico ministero, in presenza di indagini complesse o collegate, di stralciare talune posizioni relative allo stesso imputato o di quelle riguardanti imputati diversi, in modo da non ritardarne la presa di contatto con il giudice. Come risulta evidente, si tratta di un fenomeno che presenta solo analogie di facciata con la separazione disciplinata dall'art. 18 c.p.p.

Ne discende che il giudice per le indagini preliminari, a fronte di una richiesta cautelare che contempli imputazioni soggettivamente o oggettivamente complesse, non può separare singoli reati o singole posizioni al fine di effettuare l'interrogatorio preventivo laddove previsto, in quanto non vi sono disposizioni che lo consentono, per cui dovrà far riferimento alla disciplina derogatoria prevista per il reato ostativo, posticipando l'interrogatorio di garanzia all'esito dell'emissione della misura cautelare.

Del resto, plurimi sono i casi in cui il sistema processuale fa coesistere disposizioni che disciplinano in maniera differenziata alcuni momenti procedimentali o processuali in relazione a specifiche e differenti categorie di reato o di soggetti. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che la valutazione del reato per il quale si procede, da cui dipende l'applicazione della disciplina ordinaria ovvero di quella speciale per la criminalità organizzata va fatta in relazione all'indagine nel suo complesso e non con riguardo alla responsabilità di ciascun indagato (Cass. pen., sez. II, n. 31440/2020, Galea; Cass. pen., sez. VI, n. 28252/2017, Di Palma); con rifermento alle misure cautelari, in tema di retrodatazione nell'ipotesi di "contestazioni a catena", l'art. 273, comma 3 c.p.p. stabilisce che «i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all'imputazione più grave»; con riferimento alla proroga del termine delle indagini preliminari per reati ricompresi nelle ipotesi di cui all'articolo 406, comma 5-bis, c.p.p., per i quali non occorre la notifica della richiesta all'indagato, né la fissazione dell'udienza camerale con la conseguente instaurazione del contraddittorio, si ritiene pacificamente che tale disciplina si estenda anche ai reati "comuni" contestati nello stesso procedimento; con riferimento alla fase dibattimentale, è stato sostenuto che la regola dettata dall'art. 190-bis c.p.p., secondo cui, nei procedimenti per i reati previsti dall'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., la rinnovazione dell'assunzione della testimonianza è consentita solo qualora sia necessario sulla base di specifiche esigenze, si applica a tutti i reati oggetto del medesimo procedimento, anche se alcuni di essi siano diversi da quelli previsti dall'art. 51 c.p.p. (Cass. pen., sez. VI, n. 3609/2018, dep. 2019, Fumari; Cass. pen., sez. I, n. 48710/2016, Bidognetti, in motivazione).

Dunque, va esclusa l'ipotesi di scindere i reati, differenziando quelli per i quali è imposto dalla legge l'interrogatorio preventivo da quelli per i quali è posta la disciplina in deroga (Cass. pen., sez. II, n. 12034/2025, cit.; Cass. pen., sez. III, n. 19068/2025, V., non massimata allo stato), essendo attratti i reati non ostativi nella disciplina derogatoria di quelli ostativi, che inibisce l'espletamento dell'interrogatorio preventivo; ciò anche al fine di consentire una gestione unitaria del fascicolo, prevalendo - in considerazione della peculiare tipologia dei reati ostativi - l'esigenza di mantenere riservata l'iniziativa cautelare complessivamente considerata, sì da preservarne l'efficacia.

Ed invero, anche ragioni di ordine operativo depongono per una siffatta soluzione. In particolare, nel caso in cui si dovesse scegliere di procedere all'interrogatorio preventivo limitatamente ai reati per i quali è previsto, sarebbe oltremodo improbo per il pubblico ministero, in presenza di imputazioni connesse, selezionare gli atti da depositare, così da rendere ostensibili solo quelli riguardanti i reati non ostativi. Il rischio, dunque, è quello di una indebita anticipazione della discovery anche in relazione a quei reati per i quali è escluso l'interrogatorio preventivo, neutralizzando in tal modo in maniera del tutto ingiustificata l'effetto sorpresa nell'esecuzione della misura e di conseguenza determinando un vulnus alla tutela delle esigenze cautelari sottese. Ugualmente non percorribile risulta l'opzione alternativa di emettere l'ordinanza cautelare per i reati ostativi e poi procedere all'interrogatorio preventivo per gli altri titoli di reato, atteso che in questo caso il giudice potrebbe compiere un esame solo parziale delle condotte, qualora le stesse fossero relative a fatti tra loro connessi, ciò che impedirebbe una valutazione unitaria, essenziale ai fini della considerazione della loro complessiva gravità in relazione alle dedotte esigenze cautelari.

La regola dell'attrazione del reato non ostativo nella disciplina speciale prevista per il reato ostativo, tuttavia, non può tradursi in una interpretatio abrogans della novella legislativa, per cui è necessario addivenire ad una opzione ermeneutica che riesca a contemperare l'intervento cautelare "a sorpresa" con quello garantito dal "contraddittorio": la soluzione che consente di conciliare entrambe le esigenze in gioco, quelle investigative e quelle difensive, queste ultime chiaramente sottese all'introduzione dell'art. 291, comma 1-quater, c.p.p., a parere del Collegio, è quella di fondare il criterio di discrimine sulla connessione tra i reati, nel senso che, solo qualora i reati contestati siano avvinti da una connessione qualificata ai sensi dell'art. 12 c.p.p., ovvero siano probatoriamente collegati ai sensi dell'art. 371, comma 2, lett. b) e c), c.p.p., la disciplina prevista per il reato ostativo si applicherà anche ai reati non ostativi, mentre, laddove i reati siano tenuti insieme in virtù di situazioni del tutto occasionali o da mere ragioni di opportunità processuale, dovranno essere trattati in modo differente ai fini cautelari, non ricorrendo in siffatta ipotesi nessuno degli inconvenienti sopra evidenziati. Dunque, i reati ritenuti dal Giudice per le indagini preliminari nei confronti della ricorrente, pur non essendo ostativi, devono essere attratti nella disciplina derogatoria per le considerazioni sopra svolte, con la conseguenza che non doveva essere svolto l'interrogatorio preventivo.

Alla luce delle considerazioni svolte è stato accolto il ricorso del Pubblico Ministero, sia pure per ragioni diverse da quelle addotte dal ricorrente.

Resta solo da precisare che la decisione emessa non è stata dichiarata esecutiva operando, sul punto, a regola generale di cui all'art. 588, comma 2, c.p.p.

Osservazioni

Con la l. 9 agosto 2024, n. 114 il legislatore ha apportato due principali innovazioni nell'ambito del procedimento cautelari: lo svolgimento ad opera del giudice per le indagini preliminari chiamato ad applicare la misura restrittiva di un interrogatorio anticipato rispetto alla pronuncia. Segnatamente l'interrogatorio preventivo, disciplinato dall'art. 291 comma 1-quater c.p.p. importa che, in presenza di determinate esigenze cautelari (come il pericolo di reiterazione del reato), il giudice debba sentire l'indagato prima di decidere sull'applicazione di una misura cautelare. Durante l'interrogatorio, il giudice deve informare l'indagato dei fatti contestati, delle prove raccolte e garantirgli il diritto di difendersi. L'omissione importa la nullità del provvedimento (art. 292 comma 3-bis c.p.p.) L'atto anticipato va, dunque, escluso quando sussistono il pericolo di inquinamento probatorio o di fuga.

La legge prevede alcune eccezioni in cui il giudice può decidere sulla misura cautelare senza procedere all'interrogatorio preventivo: il rinvio va a reati di particolare gravità (es. associazione di tipo mafioso, terrorismo); reati che offendono l'incolumità o la libertà personale (es. tentato omicidio, violenza sessuale); gravi delitti commessi con armi o violenza.

La seconda novità consiste nell'attribuzione in capo all'organo collegiale della competenza a decidere sulla richiesta di custodia in carcere. La seconda novità è, peraltro, in fieri, differita in via prudenziale dallo stesso legislatore per un periodo di tempo al momento fissato in due anni, a decorrere dall'entrata in vigore della legge (art. 9, comma 1), ma plausibilmente destinato ad estendersi, alla luce della cospicua mole di ostacoli ictu oculi emergenti sul piano organizzativo.

In attesa dell'attuazione della prevista collegialità per l'applicazione della custodia in carcere la giurisprudenza incomincia ad affrontare le questioni che la nuova disciplina prospetta nonché le eventuali ricadute operative che si manifestano come emerso nella recente vicenda milanese dove si sono evidenziate non poche criticità soprattutto in relazione alla mancata previsione dei tempi della decisione accentuati dalla presenza di più imputati e dalla complessità delle contestazioni 

I primi profili emersi davanti al Supremo Collegio hanno riguardato proprio la situazione nella quale è necessario procedere all' interrogatorio anticipato 

Una prima questione a cui a Cass. pen., sez. II, 12 giugno 2025, n. 26917 ha dato risposta ha avuto ad oggetto il limite della verifica del giudice sulla richiesta del pubblico ministero, se cioè questa sia vincolante rispetto ai presupposti dell'interrogatorio anticipato ovvero se sia decisiva la decisione del giudice: con la citata decisione si è , correttamente, previsto che ciò che rileva non è la richiesta del pubblico ministero ma quella che il giudice riterrà in relazione alla qualificazione dei fatti ed alle esigenze cautelari 

In questa stessa decisione si sottolinea, altresì, che nel caso in cui la misura sia stata applicata ricorrendone i presupposti senza procedere all'interrogatorio anticipato si è in presenza di una nullità a regime intermedio che va eccepita nell' interrogatorio di garanzia e la stessa può essere proposta in sede di riesame (v. Interrogatorio preventivo: la Cassazione fa “buon governo” della nuova garanzia)

Con la stessa pronuncia si è affrontato un delicato ma importante tema qual è quello legato all'esistenza di plurimi indagati o imputazioni diversificate: in tal caso si è stabilito che nel caso di pluralità di imputati ovvero di pluralità di reati attributi ad uno o più soggetti per alcuni dei quali sia escluso il contraddittorio anticipato, mentre per altri e necessario procedervi, non è possibile il cosiddetto “spacchettamento” dovendosi escludere la possibilità di procedere in tempi diversi e successivi trattandosi di indagini unitarie.

Del resto, sarebbe difficile frazionare nei due atti il materiale investigativo e resterebbe decisa l'esigenza di garantire la segretezza delle indagini. In maniera ineccepibile il punto di equilibrio da cui discende l'attrazione del regime dei reati ostativi per quelli non ostativi ovvero fra l'intervento cautelare "a sorpresa" con quello garantito dal "contraddittorio" è stato individuato nella ricorrenza della connessione qualificata ai sensi dell'art. 12 c.p.p., ovvero nel collegamento ex art. 371, comma 2, lett. b) e c), c.p.p.

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