Leciti i prelievi di somme dal conto cointestato se effettuati per spese di famiglia
26 Giugno 2025
Massima Per l'ipotesi di conto corrente cointestato aperto congiuntamente dai coniugi per i bisogni della famiglia, i prelievi di somme effettuati dalla moglie e finalizzati al mantenimento della prole rientrano nei doveri di reciproca assistenza materiale e di contribuzione alle spese destinate a soddisfare le esigenze della famiglia e dei figli, che gravano su entrambi i coniugi ex artt. 143 e 316-bis c.c., e non danno diritto alla ripetizione di somma alcuna Il caso La fattispecie sottoposta all'attenzione dei Giudici milanesi ha riguardo alla vicenda di un marito che agisce nei confronti della moglie allo scopo di ottenere la restituzione di 42.545,95 euro che assumeva essere stati illegittimamente prelevati dal conto cointestato. In particolare, secondo l'attore le somme presenti sul medesimo conto corrente sarebbero state di sua esclusiva proprietà̀, così da vincere la presunzione di comproprietà̀ delle giacenze sul conto, alimentato a suo dire quasi esclusivamente dal proprio reddito da lavoro, l'apporto economico della moglie essendo limitato a modesti versamenti di canoni di locazione ricavati da un immobile di sua proprietà̀. Assumeva altresì che la scelta di gestire le spese familiari tramite un conto cointestato era stata dettata da mere ragioni pratiche di gestione familiare, senza che la circostanza potesse a suo dire implicare un intento donativo a favore del coniuge. La moglie chiedeva il rigetto delle domande avversarie evidenziando che, per comune accordo, aveva rinunciato alla propria attività̀ lavorativa per dedicarsi completamente alla gestione della casa e alla cura dei sette figli minori della coppia e precisando che le somme prelevate dal conto comune erano state utilizzate esclusivamente per far fronte alle esigenze quotidiane dei figli; e ciò anche in ragione del fatto che il coniuge, a seguito della separazione, aveva sospeso ogni contributo economico già da diversi mesi, nonostante fosse a conoscenza della totale assenza di reddito in capo alla convenuta. Negava, la stessa, che fosse stata superata la presunzione di comproprietà̀ delle giacenze sul conto corrente; evidenziava altresì che la richiesta restitutoria ex adverso era superiore alla metà del denaro presente, al tempo, a inizio anno, oltre a domandare in giudizio, in via riconvenzionale, la condanna dell'attore per lite temeraria, nella considerazione della strumentalità̀ dell'azione intentata verso di lei e dell'intento punitivo più̀ che patrimoniale. Il tribunale milanese respinge tutte le domande dell'attore e lo condanna a rifondere le spese del giudizio alla moglie, di cui respinge la domanda riconvenzionale per mancanza di ragione sufficiente alla condanna ex art. 96 c.p.c., non denotandosi per i giudici, nel complesso delle difese svolte dall'attore, una condotta processuale esorbitante l'ambito del diritto di difesa oggetto di garanzia costituzionale. Si riafferma, in motivazione, che le spese effettuate per i bisogni della famiglia, che nella fattispecie traevano provvista in un conto cointestato, riconducibili alla logica della solidarietà̀ coniugale in adempimento dell'obbligo di contribuzione disposto normativamente, non determinano alcun diritto al rimborso. La questione La questione trattata riguarda il caso di un prelievo di somme da un conto corrente da parte della moglie casalinga, in una fattispecie tra coniugi riferita ad un rapporto di conto cointestato, ove, in generale, ai sensi dell'art. 1298 c.c., le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente. Il conto comune, nell'ipotesi in esame, era alimentato in prevalenza dal reddito del marito, che rivendicava la proprietà della giacenza, disconoscendo la legittimità del prelievo effettuato dalla donna, madre dei suoi figli, soprattutto in relazione all'eventuale diritto di rimborso. Il tema del provvedimento attiene all'ambito di applicazione della disposizione dell'art. 143 c.c., secondo cui con il matrimonio, il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri, derivando l'obbligo reciproco, tra gli altri, all'assistenza materiale; prescrive la norma di cui al terzo comma che entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia. Al riguardo, prevede al primo comma l'art. 316-bis c.c., inserito con d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, e successivamente modificato dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, c.d. "Riforma Cartabia", come modificato dalla l. 29 dicembre 2022, n. 197, che i genitori devono adempiere ai loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Le soluzioni giuridiche La fattispecie all'attenzione del Tribunale di Milano si inquadra in un contesto prescrittivo che attiene al tema della cointestazione tra più̀ persone di un conto corrente, nell'ipotesi in esame, due coniugi. Come noto, la norma di cui all'art. 1854 c.c. (Conto corrente intestato a più persone), prevede che “nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.” Al riguardo, l'art. 1298 c.c., cit., la cui rubrica recita “Rapporti interni tra debitori o creditori solidali”, al secondo comma, precisa che, nei rapporti interni tra i depositanti, le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente. Nel provvedimento annotato, si osserva da parte dei Giudici, in primo luogo, come l'attore non abbia fornito la prova dell'esclusiva titolarità delle somme giacenti sul conto corrente, pur chiedendo la condanna della convenuta alla restituzione di una somma superiore al 50% delle giacenze sul presupposto che tale somma fosse stata utilizzata per spese personali della stessa e non per esigenze familiari; questo a fronte della presunzione legale di solidarietà dei crediti oggetto di deposito e della presunzione circa l'eguaglianza delle quote di conto bancario cointestato, presunzione legale juris tantum che dà luogo all'inversione dell'onere probatorio, ossia l'onere di fornire la prova contraria, posto a carico della parte che deduce una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione medesima (si v. Cass. civ. sez. I, ord. 17 ottobre 2023, n. 28772, cit.; Cass. civ. sez. II, ord. 23 febbraio 2021, n. 4838; Cass. civ. 23 settembre 2015, n. 18777; cfr. anche Cass. 1° febbraio 2000, n. 1087, ove sulla base di fatti secondari è stata ritenuta provata l'appartenenza al marito delle somme depositate su un conto corrente cointestato ai coniugi). Il Tribunale evidenzia, all'interno dell'esposizioni delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, il riconoscimento da parte del marito della circostanza che la provvista del conto fosse alimentata anche dalla moglie, se pur in misura inferiore rispetto all'uomo, con il versamento del canone di locazione relativo ad un immobile di sua proprietà, la diversa contribuzione dei due coniugi essendo dipesa dal privilegiare l'attività lavorativa del marito e dal delegare, come pacificamente non contestato, alla moglie l'intera gestione familiare; tale gestione risultava all'evidenza incompatibile con un attività lavorativa retribuita trattandosi di famiglia composta da sette figli minori (per l'eventuale sussistenza dell'“animus donandi”, contestato dall'attore nella specie, e per l'apprezzamento di detto intento donativo consistente nell'accertamento che, al momento della cointestazione, il proprietario del denaro non avesse altro scopo che quello di liberalità” , cfr. Cass. Civ. Sez. II, 12 novembre 2008, n. 26983). L'esame in giudizio della documentazione istruttoria, in particolare gli estratti conto della convenuta con i movimenti di spese scolastiche o per supermercati o l'accredito dell'INPS dell'assegno unico per i figli, avevano altresì confermato che le somme giacenti sul conto erano utilizzate per far fronte alla gestione ordinaria e straordinaria degli incombenti domestici, sulla scorta della scelta di indirizzo familiare compiuta di comune accordo tra i coniugi. Secondo il Giudice, la maggior contribuzione da parte del marito alle spese familiari risulta pertanto coerente con le disposizioni normative di cui agli artt. 143 e 316-bis c.c. richiamati, in linea con la giurisprudenza ove costante il riferimento alle spese effettuate per i bisogni della famiglia e riconducibili alla logica della solidarietà̀ coniugale, in adempimento dell'obbligo di contribuzione, spese che non determinano alcun diritto al rimborso e che nella fattispecie concreta traevano provvista in un conto cointestato (cfr. Cass. civ. sez. i, ord. 17 ottobre 2023, n. 28772, cit.; Cass. 17 settembre 2004, n. 18749, cit.; Cass. civ. 23 settembre 2015, n. 18777, cit.; Cass. civ. sez. VI, ord. 7 maggio 2018 n. 10927, cit.). Nelle motivazioni, a sostegno delle argomentazioni svolte, si rileva come, sulla base delle risultanze istruttorie, l'analisi dell'estratto conto della convenuta versato in atti, oltre alla documentazione di rilievo penalistico, dimostrava l'utilizzo delle somme prelevate non per sue esigenze personali, bensì per spese strettamente familiari, in ragione delle difficoltà economiche in cui si era trovata la donna a seguito della separazione, a fronte della mancata contribuzione da parte del marito alle spese di mantenimento dei figli, in un contesto di crisi familiare intervenuta a richiesta della moglie per violenze subite; prelievi così effettuati dalla convenuta sul conto corrente cointestato, per importi eccedenti il 50% delle giacenze sul conto corrente, ampiamente giustificati e senza diritto alla ripetizione di somma alcuna da parte dell'attore. ln ragione della soccombenza dell'attore, il Tribunale respinge la domanda ex art. 96 c.p.c. proposta da quest'ultimo e parimenti rigetta la medesima domanda proposta dalla convenuta, non ritenendo la soccombenza ragione sufficiente alla condanna ex art. 96 c.p.c. e né denotando nel complesso delle difese svolte dall'attore, una condotta processuale esorbitante l'ambito del diritto di difesa oggetto di garanzia costituzionale (in generale, in argomento, si v. Cass. civ. ord. 7 maggio 2025 n. 12111; nella giurisprudenza di merito, Trib. Milano Sez. IX civ. 13 febbraio 2013, quale esempio di applicazione dell'art. 96 c.p.c., in materia di separazione coniugale, per il riferimento alla lesione del diritto soggettivo alla buona fede ed alla correttezza nei rapporti sociali ed interpersonali). Osservazioni Il Giudice perviene alla decisione, nella fattispecie sottoposta alla sua attenzione, con argomentazioni che si inseriscono all'interno dell'orientamento giurisprudenziale costante citato, in un contesto di separazione tra coniugi. Si rileva e ribadisce come le spese effettuate per i bisogni della famiglia e riconducibili alla logica della solidarietà coniugale, in adempimento dell'obbligo di contribuzione legislativamente previsto, non determinino alcun diritto al rimborso, spese, nell'ipotesi oggetto del provvedimento annotato, traenti provvista in un conto cointestato (cfr. Cass. civ., sez. ii, ord. 19 luglio 2023, n. 21100; v. anche Cass. civ. sez. iii, ord. 21 febbraio 2023 n. 5385, in materia di separazione e con riferimento al mutuo cointestato ad entrambi i coniugi; quanto alla prova del contributo alla vita familiare del richiedente, nella fattispecie, l'assegno di divorzio, si v. Cass. civ., sez. i, ord. 30 maggio 2025, n. 14459; cfr. Trib. Verona 25 maggio 2025 n. 1223). Il tema è di ambito e rilevanza generale, trattando istituti giuridici diversamente riferibili e connessi (a titolo esemplificativo, in giurisprudenza, si è avuto ad affermare che, nel conto corrente cointestato a più persone anche con facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, tutti i loro rapporti interni vengono disciplinati dall'art. 1298, comma 2, c.c., in base al quale i debiti e i crediti si suddividono in parti uguali, salvo che non risulti diversamente e non dall'art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, cfr. Cass. civ. sez. II, 27 luglio 2022, n. 23403, in tema di successione ereditaria, secondo la quale, ove il saldo attivo del conto corrente risulti provenire dal versamento di un solo correntista va escluso che gli altri intestatari del conto corrente possano avanzare diritti sul predetto saldo; in generale, sulla titolarità delle somme depositate su un conto corrente cointestato tra coniugi, cfr. Cass. civ. ord. 23 gennaio 2025, n. 1643). Da ultimo, pare opportuno e non distante per interesse, il cenno alla considerazione e riflessione relativa alla circostanza che cinquanta anni orsono, il 19 maggio 1975, il Parlamento italiano approvò la legge 151 per la riforma del diritto di famiglia, una riforma rilevante per lo sviluppo giuridico e sociale del Paese che riconobbe alla donna una condizione di parità con l'uomo, all'interno della famiglia oltre a garanzie e tutele giuridiche in tale ambito. Una legge importante che enunciava il principio semplice e generale che con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri (https://www.fondazionenildeiotti.it/pagina.php?id=1321; in prospettiva storico-giornalistica, cfr. La parità fra i coniugi ha 50 anni ma la rivoluzione è incompiuta - la Repubblica ). |