Rilevanza probatoria dei dati contenuti nelle blockchain
25 Giugno 2025
Premessa L'avvento degli “smart contract” nel panorama dei traffici commerciali scaturisce dal diffondersi delle intelligenze artificiali che, oramai, sono penetrate in ogni campo della nostra società. L'utilizzo degli smart contract porta con sé la possibilità di conflitti che possono sorgere tra le parti. Parti che possono “conoscersi” ma anche “sconoscersi” in quanto molto spesso gli smart contract dialogano esclusivamente tra computer “annodati” all'interno delle blockchain. Quale rilevanza probatoria hanno, quindi, i dati contenuti all'interno delle blockchain? Gli smart contract e i registri blockchain: brevi cenni L'idea di “smart contract” venne introdotta per la prima volta a metà degli anni novanta – più precisamente, a partire dal 1997 – dall'informatico statunitense Nick Szabo, pioniere dell'analisi dell'automazione e dell'autoesecuzione applicata agli accordi contrattuali. Tra i vari esempi applicativi proposti all'interno dei suoi scritti egli giunse ad immaginare un sistema complesso – costituito da hardware e software – per la gestione automatizzata dei rapporti derivanti dall'acquisto di un autoveicolo, mediante pagamento a rate. In particolare, il sistema, grazie all'impiego dei protocolli tipici degli “smart contract” doveva essere in grado di impedire l'avvio del motore in caso di mancato pagamento di un numero predeterminato di rate. Il contratto, quindi, non ha bisogno della presenza fisica delle parti per la conclusione dell'accordo né necessita di faticose trattative per la sua definizione. Con l'automazione dei rapporti contrattuali e la loro autoesecuzione le parti possono anche non essere necessariamente tutte “fisiche” e la loro esecuzione può anche prescindere dalla prestazione del singolo paciscente. L'antesignano degli “smart contract” è sicuramente il distributore di bibite o di piccoli snack. Il distributore è la proposta contrattuale e l'utente, inserendo le monetine, accetta la proposta e, quindi, il contratto di vendita si conclude. Il contratto viene eseguito automaticamente e meccanicamente dai congegni del distributore. Oltre alle parti del contratto compare quindi un “terzo” agente meccanico che esegue il contratto. Gli smart contract non sono altro che una evoluzione moderna dei contratti di distribuzione automatica dei prodotti. L'art. 8-ter del d.l. n. 135/2018, così come convertito, con modificazioni, dall'art.1, comma 1, della legge n.12/2019, stabilisce che “1. Si definiscono «tecnologie basate su registri distribuiti» le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l'aggiornamento e l'archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili. 2. Si definisce «smart contract» un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'Agenzia per l'Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. 3. La memorizzazione di un documento informatico attraverso l'uso di tecnologie basate su registri distribuiti produce gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica di cui all'art. 41 del Regolamento UE n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014. 4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l'Agenzia per l'Italia digitale individua gli standard tecnici che le tecnologie basate su registri distribuiti debbono possedere ai fini della produzione degli effetti di cui al comma 3.”. Nei lavori preparatori si legge che “L'articolo reca una definizione normativa delle "tecnologie basate su registri distribuiti" e dello "smart contract". Prevede inoltre che la memorizzazione di un documento informatico attraverso l'uso di tecnologie basate su registri distribuiti produca gli effetti giuridici (e l'ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali) della validazione temporale elettronica (ai sensi dell'art. 41 del Regolamento UE n. 910/2014 in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno). Infine, dispone - affinché le tecnologie basate su registri distribuiti possano produrre siffatti effetti giuridici – che Agenzia per l'Italia Digitale (AgID) individui i correlativi standard tecnici entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. "Tecnologie basate su registri distribuiti" sono definite: le tecnologie e i protocolli informatici che usano un registro condiviso, distribuito, replicabile, accessibile simultaneamente, architetturalmente decentralizzato su basi crittografiche, tali da consentire la registrazione, la convalida, l'aggiornamento e l'archiviazione di dati sia in chiaro che ulteriormente protetti da crittografia verificabili da ciascun partecipante, non alterabili e non modificabili. "Smart contract" è un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID con linee guida da adottarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.”. Gli operatori giuridici definiscono l'essenza degli smart contract come “contratti dotati di alcuni elementi attivabili automaticamente”, mentre dal punto di vista informatico sono stati inquadrati come “righe di codice che si autoeseguono al verificarsi una condizione predeterminata”. Entrambe le definizioni, invero, secondo la prevalente dottrina (Di Brigida, Sirgiovanni), risultano corrette in parte, ma necessitano una lettura congiunta al fine di limitare ogni possibilità di essere variamente interpretate. A ben vedere, infatti, è stato osservato che la locuzione “smart contract” (“contratto intelligente” nella sua traduzione letterale) è utilizzata per riferirsi tanto all'accezione informatica, quanto giuridica del termine. Nel tentativo di fare chiarezza in tal senso, risulta utile citare la distinzione, ricorrente in dottrina (Farina), che esiste tra i cd. "smart contract code" e “smart legal contract” . La prima espressione, in particolare, si riferisce al mero profilo tecnico-informatico degli smart contract e individua un software che, attraverso la logica condizionale, determina il verificarsi di una o più condizioni predeterminate ed esegue automaticamente un'operazione; quest'ultima, non necessariamente, può avere rilevanza giuridica. Al contrario, il termine “smart legal contract”, come si evince dal tenore letterale dell'espressione, assume rilevanza sul piano del diritto; esso, nello specifico, si riferisce ad un contratto rappresentato, in tutto o in parte, da un codice informatico le cui prestazioni sono eseguite, parzialmente o integralmente, e in modo automatico, da un software. Lo smart contract è, quindi, secondo la prevalente dottrina (Farina) “un accordo automatizzato ed eseguibile. Automatizzato da un computer, sebbene alcune parti richiedano un input o un controllo umano. Eseguibile sia attraverso il ricorso all'autorità giudiziaria che tramite l'esecuzione automatica del codice”. Tale definizione appare conforme anche con la normativa comunitaria sugli “smart contract”. Il Regolamento UE n. 2023/2854 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2023 ha, in particolare, stabilito, all'art.2, che lo “smart contract” è un “programma informatico utilizzato per l'esecuzione automatica di un accordo o di parte di esso utilizzando una sequenza di registrazioni elettroniche di dati e garantendone l'integrità e l'accuratezza del loro ordine cronologico”. La tecnologia blockchain, invece, è un meccanismo di database avanzato che permette la condivisione trasparente di informazioni all'interno di una rete aziendale. Un database blockchain (pubblico o privato) archivia i dati in blocchi collegati tra loro in una catena. I dati sono cronologicamente coerenti perché non è possibile eliminare o modificare la catena senza il consenso della rete. Di conseguenza, è possibile utilizzare la tecnologia blockchain per creare una sorta di libro mastro inalterabile ed immutabile per tracciare gli ordini, i pagamenti, gli account e altre transazioni. Il sistema dispone di meccanismi integrati che impediscono l'inserimento di transazioni non autorizzate e creano coerenza nella visualizzazione condivisa di tali transazioni. Pertanto non v'è più un rapporto di scambio c.d. centralizzato, tra un unico server e diversi clients, quanto piuttosto un contatto decentralizzato, su piattaforma peer to peer, ovvero tra “pari”. Proprio questo principio è insito nella nomenclatura DLT-Decentralized Ledger Tecnology (tecnologia di registro decentralizzato), ove il “registro” delle transazioni non è più conservato in un unico luogo informatico, ma è distribuito tra diversi utenti che condividono risorse informatiche. Ogni utente rappresenta quindi un “nodo” della rete comunicativa paritetica, identificato da una chiave crittografica, ed ha simultaneamente accesso alle medesime informazioni degli altri decentrati, i quali, previo ottenimento di identità crittografata, potranno partecipare alla gestione concordata del registro. Una volta realizzate tra i vari nodi le transazioni volute, che risulteranno attestate circa ora e data di compimento grazie all'utilizzo della crittografia a chiave asimmetrica ed una marcatura temporale, queste formeranno un blocco immodificabile, che andrà ad aggiungersi ai precedenti, costituendo appunto la catena di cui alla blockchain. Punti di forza della tecnologia anzidetta sono, quindi, il decentramento e l'immodificabilità, ovvero, l'impossibilità di poter manomettere il contenuto dei vari blocchi. In questo modo le transazioni saranno sempre certe e non “manomettibili”. Nello scenario di transazioni mobiliari od assicurative, la blockchain crea una sorta di lavagna indelebile per i contraenti dove tutte le transazioni e le relative operazioni sono visibili a tutti. Tutte le transazioni devono essere approvate da entrambe le parti e sono automaticamente aggiornate in tempo reale. Qualsiasi danno alle transazioni storiche danneggerà l'intero libro mastro. Queste proprietà della tecnologia blockchain ha spinto al suo utilizzo in diversi settori, inclusa la creazione di valuta digitale, come il Bitcoin o altre criptovalute. La rilevanza probatoria dei dati contenuti nelle blockchain Cosa accade in caso di conflitto tra i contraenti di uno smart contract che, ad esempio, ha effettuato un pagamento in assenza delle condizioni pattuite e tradotti nel “code” informatico? Che rilevanza hanno i dati contenuti nella tecnologia blockchain? La globalizzazione degli smart contract su blockchain ha portato al consolidarsi di una giurisprudenza transazionale su numerose questioni che si sono poste in caso di “litigation” sorte nell'attuazione degli smart contract registrati su blockchain. La prima questione relativa alla rilevanza probatoria degli smart contract si è posta in un giudizio dinanzi al Tribunale civile di Hangzhou (Cina), Sezione Internet (“Internet Court”), ed è quella relativa alla ammissibilità o meno in un giudizio dei dati contenuti in una blockchain. In data 28 giugno del 2018 il tribunale di Hangzhou ha ammesso per la prima volta, come prova in giudizio, i dati archiviati mediante la tecnologia blockchain: si trattava di un caso di violazione online del copyright per pubblicazione su un sito web di un'opera protetta senza la necessaria autorizzazione. Nel caso di specie il tribunale ha confermato che i dati caricati su una piattaforma blockchain riflettevano la sua fonte, la generazione degli stessi e il percorso di consegna e quindi erano prove affidabili (prova ammessa in ragione dell'immutabilità dei dati registrati sulla blockchain). La Corte Suprema cinese ha stabilito, confermando la decisione del tribunale di Hangzhou, che le prove autenticate con la tecnologia blockchain sono vincolanti nelle controversie. Di diverso avviso, invece, è stato un Tribunale Federale di Washington nella causa “Hunichen v. Atonomi”. Nella causa erano coinvolti una società di software che sviluppava tecnologie per proteggere i dati archiviati, una consociata della società di software costituita per costruire una rete di vendita e consentire così l' interoperabilità e la sicurezza utilizzando la tecnologia blockchain (tecnologia che, nel caso di specie, diffondeva criptotitoli sotto forma di token o monete virtuali), nonché un querelante in qualità di rappresentante di una classe di soggetti coinvolti come attori (si trattava di una class action). Il giudice americano, diversamente da quello cinese, ha ritenuto che i dati incasellati nella blockchain non hanno valore vincolante e non possono ritenersi complete. Conclusioni A parere dello scrivente i dati della blockchain potrebbero avere gli stessi effetti probatori di una scrittura privata ex art. 2702 c.c. ovvero, nel caso in cui si volesse aderire alla tesi del giudice americano di Washington, ritenere che i dati contenuti nella blockchain possono avere, al più, valore di presunzioni semplici ex art. 2729 c.c., come sostenuto da parte della dottrina, o di argomenti di prova ex art.116 c.p.c. . Il giudice, inoltre, con molta probabilità, avrà necessità dell'ausilio di consulenti tecnici particolarmente qualificati i quali dovranno ricostruire in maniera completa la catena di blocchi nella quale è incasellata la transazione oggetto del giudizio e verificare se i dati sono integri e corrispondenti a quanto “incasellato” nella catena. Riferimenti M. Passaretta, “il marchio tokenizzato” in “Giustizia civile. Com”, approfondimento del 16.05.2023 D. Garofalo, “Blockchain, smart contract e machine learning: alla prova del diritto del lavoro”, in “Il lavoro nella giurisprudenza”, n. 10, 1 ottobre 2019, p. 869 G. Settanni, “Globalizzazione del diritto e contratti intelligenti. Interessanti spunti di approfondimento dalla giurisprudenza estera” in ”La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata”, n. 1, 1 gennaio 2025, p. 233 M. Farina, “Smart contract tra automazione contrattuale e disumanizzazione dei rapporti giuridici”, in Giustizia Civile.com (giugno 2020) G. Finocchiaro, “Riflessioni sugli smart contract e sull'intelligenza artificiale”, in Giustizia Civile.com (novembre 2020) A. Benedetti, “Contratto, algoritmi e diritto civile transnazionale: cinque questioni e due scenari”, in Rivista di Diritto Civile, n. 3, 1 maggio 2021, p. 411 M.F. Tommasini, “Lo smart contract e il diritto dei contratti” in “Jus Civile” |