Recupero crediti pregressi: l’amministratore “cessato” può incaricare il difensore di redigere il precetto
24 Giugno 2025
Massima Salva una diversa volontà dell'assemblea condominiale, l'amministratore, dopo la cessazione dalla carica e fino a quando non viene ritualmente sostituito, non perde i poteri attribuitigli dalla legge, tra i quali quello di sottoscrivere la procura al difensore per la redazione di un precetto, trattandosi di un atto non eccedente l'ordinaria amministrazione, ma meramente conservativo, ossia volto alla riscossione di crediti già accertati in favore del condominio. Il caso La causa - giunta all'esame del Supremo Collegio - originava dall'azione, proposta da un condomino, con un unico atto ai sensi dell'art. 615 c.p.c. e dell'art. 617 c.p.c., mediante il quale proponeva opposizione avverso un precetto notificatogli per oltre € 3.000,00 dal Condominio, assumendone l'illegittimità per mancanza di identificazione del titolo, per insussistenza del debito avendo l'opponente già corrisposto il dovuto, nonché - per quel che qui più interessa - per essere stato il precetto spiccato dall'amministratore del Condominio quando era cessato dalla carica e, quindi, in carenza di potere. Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale, ritenuta la perenzione del precetto, per avere il Condominio esposto di avere proceduto alla notificazione di un ulteriore atto di precetto, decideva la causa ai fini della regolazione delle spese processuali, dichiarando cessata la materia del contendere sui motivi di opposizione formale, proposti ai sensi dell'art. 617 c.p.c., e rigettando i motivi diversi, ossia di opposizione di merito, con condanna alle spese dell'opponente in applicazione dei principi in tema di soccombenza virtuale ed effettiva. Avverso la suddetta sentenza, che aveva pronunciato sia su vizi formali che sull'azione esecutiva, il condomino, originariamente opponente, proponeva quindi ricorso per cassazione. La questione Si trattava di verificare se l'amministratore, scaduto nel suo mandato, potesse o meno sottoscrivere la procura al difensore per la redazione di un precetto, volto alla riscossione di crediti condominiali pregressi e, quindi, a monte, delineare correttamente la dedotta proroga dei poteri, in capo allo stesso amministrazione, nonostante fosse cessato dalla carica. Le soluzioni giuridiche I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto che le doglianze del ricorrente, congiuntamente scrutinate, in quanto attinenti ai poteri dell'amministratore del Condominio, fossero infondate. Invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. II, 17 maggio 2018, n. 12120), l'amministratore di condominio, anche se dimissionario, non perde i poteri fino a quando non viene ritualmente sostituito, salvo che risulti - ipotesi non sussistente nella specie - una diversa volontà dell'assemblea condominiale, ritualmente espressa con apposita delibera. Inoltre, la firma dell'amministratore condominiale per il conferimento del precetto ad un difensore non concretizza un “atto eccedente l'ordinaria amministrazione”, trattandosi di atto conservativo, ossia volto alla riscossione di crediti già accertati in favore del Condominio (Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 1997, n. 1286). Ad avviso degli ermellini, non risultavano, poi, ritualmente e adeguatamente sviluppate - o, almeno, erano carenti le indicazioni sul rituale ed adeguato sviluppo nel grado di merito - le questioni sulla sussistenza originaria dei poteri dell'amministratore e, cioè, in quanto tale. Ugualmente infondate, pure alla stregua dell'orientamento di legittimità (Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2021, n. 2127), le questioni in tema di deroga, da parte del regolamento di condominio, all'attribuzione per legge dei poteri gestori delle liti all'amministratore, poiché il potere dell'amministratore di rappresentare il condominio nelle liti proposte contro il medesimo di cui all'art. 1131 c.c. deriva direttamente dalla legge, e non può soffrire limitazione né per volontà dell'amministratore, né per delibera dell'assemblea, sicché la clausola contenuta in un regolamento condominiale - ancorché deliberato per mutuo accordo tra tutti gli originari condomini - secondo cui l'autorizzazione a stare in giudizio debba essere decisa liberata dall'assemblea, semmai a maggioranza qualificata, non ha efficacia giuridica, poiché il comma 4 dell'art. 1138 c.c. prevede che le norme regolamentari non possono derogare alle disposizioni ivi menzionate, fra le quali, appunto, è compresa quella di cui all'art. 1131 citato. Risultavano, inoltre, del tutto inconferenti - secondo i magistrati del Palazzaccio - i richiami del ricorrente alla normativa di carattere pubblicistico, quali il d.l. 16 maggio 1994, n. 293, convertito con modificazioni in l. 15 luglio 1994, n. 444, in tema di limiti temporali alla proroga dei poteri degli organi pubblici, per l'evidente impossibilità di assimilare le due fattispecie. Le ulteriori doglianze attenevano a questioni di “merito esecutivo”, ossia all'opposizione all'esecuzione, il cui rigetto nel merito il ricorrente contestava, ma il Supremo Collegio ha ribadito che, rispetto ad essi, la proposizione del ricorso per cassazione è inammissibile, trattandosi, con riferimento a detti capi decisori, di sentenza non resa in unico grado e dovendo, quindi, ritenersi assoggettabile ad appello, come affermato da costante e risalente giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. III, 23 aprile 1963, n. 1050). Invero, la sentenza di merito che pronuncia sia su un'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. che sugli atti di cui all'art. 617 c.p.c. (c.d. sentenza ancipite), deve essere separatamente impugnata con l'appello per i capi che decidono l'opposizione di merito e con il ricorso per cassazione, per violazione di legge, per i capi che decidono sui profili formali (v., più di recente, Cass. civ., sez. III, 14 febbraio 2020, n. 3722; cui adde Cass. civ., sez. III, 13 novembre 2023, n. 31549, secondo cui, in caso di contestuale proposizione di opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. e dell'art. 617 c.p.c., ove vengano decisi solo i motivi qualificabili come opposizione agli atti esecutivi, la denuncia di omessa pronuncia sugli altri motivi, integranti opposizione all'esecuzione, va proposta mediante appello e non con ricorso straordinario per cassazione, salvo che il giudice del merito abbia ritenuto prevalente ed assorbente il profilo dell'opposizione formale, pronunciandosi soltanto su di essa, nel quale caso la sentenza sarà soltanto ricorribile per cassazione). Osservazioni La sentenza in commento, indubbiamente ispirata da criteri pratici, non appare in linea con le modifiche di recente apportate alla normativa condominiale, segnatamente riguardo ai poteri-doveri dell'amministratore “cessato” dalla carica. Invero, il nuovo comma 8 dell'art. 1129 c.c. obbliga l'amministratore uscente, al momento della cessazione dell'incarico - non solo a “consegnare tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini”, bensì anche - “ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi”. Prima della Riforma del 2013, in forza dell'istituto della c.d. prorogatio , si riteneva che l'amministratore cessato dalla carica, per scadenza del termine annuale di incarico o per dimissioni, dovesse continuare ad esercitare tutti i poteri previsti dall'art. 1130 c.c., per cui, di fatto, lo stesso amministratore, durante tale periodo di gestione interinale, poteva provvedere all'integrale adempimento delle incombenze e delle attribuzioni previste per legge, come, ad esempio, riscuotere i contributi condominiali e erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio. La generalizzata prorogatio dell'amministratore uscente (o la delineata ultrattività delle attribuzioni) trovava fondamento nella presunzione di conformità alla volontà dei condomini e nell'interesse del condominio alla continuità della gestione, e si reputava operante in ogni caso in cui il condominio rimanesse privato dell'opera dell'amministratore, e, quindi, anche nei casi di revoca o di annullamento per illegittimità della relativa delibera di nomina (Cass. civ., sez. II, 30 ottobre 2012, n. 18660; Cass. civ., sez. II, 4 luglio 2011, n. 14589; Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2007, n. 1405; Cass. civ., sez. II, 27 marzo 2003, n. 4531; Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1993, n. 3588). La l. n. 220/2012 ha, invece, fortemente ridotto gli obblighi ed i poteri spettanti all'amministratore in regime di prorogatio, avendo, in particolare, provveduto a delimitare e contenere gli obblighi cui deve ritenersi tenuto l'amministratore uscente nei confronti del Condominio, in attesa che sia nominato un sostituto pronto ad assumere la pienezza dei poteri di cui all'art. 1130 c.c. Se la precedente configurazione pretoria della prorogatio abbracciava totalmente il contegno di cooperazione dell'amministratore cessato, imponendogli doveri strumentali susseguenti all'estinzione del mandato - in pratica, del tutto equipollenti alle obbligazioni dell'esaurito rapporto contrattuale - il comma 8 dell'art. 1129 c.c. fa riferimento a quelle sole attività che, valutate secondo il criterio del bonus pater familias, rivelino il carattere dell'urgenza ai fini della conservazione delle cose comun i, oppure la necessità di essere eseguite senza ritardo e senza poter attendere la nomina, da parte dell'assemblea o dell'autorità giudiziaria, del nuovo amministratore, allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento dei beni condominiali. Nulla esclude, ovviamente, che l'assemblea possa ratificare le attività non urgenti e non indifferibili compiute dall'amministratore uscente nell'interesse comune, sebbene sprovviste di preventiva autorizzazione, purché non si rivelino voluttuarie o gravose. Anche se non espressamente stabilito dalla norma de qua, è ragionevole che l'amministratore cessato dall'incarico, il quale abbia espletato attività che rivestano carattere di urgenza, debba, poi, quanto prima riferirne all'assemblea, alla stregua del dovere generale che incombe all'amministratore di rendere conto della sua gestione ai condomini, non configurando, però, una ratifica di un atto esorbitante dal mandato. La disposizione di nuovo conio chiarisce, altresì, che l'amministratore cessato non ha “diritto ad ulteriori compensi” per le “attività urgenti” eseguite: d'altronde, imponendo il medesimo art. 1129, comma 14, c.c. che “l'amministratore, all'atto dell'accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l'importo dovuto a titolo di compenso per l'attività svolta”, ne consegue che, salva l'esistenza di una specifica delibera dell'assemblea a ciò finalizzata, l'amministratore non può esigere il corrispettivo delle mansioni adempiute in regime di prorogatio. Pur essendo il rapporto tra l'amministratore ed i condomini tuttora inquadrabile nella figura del mandato, il principio dell'art. 1720 c.c. - secondo cui il mandante è tenuto a rimborsare le spese anticipate dal mandatario - va, infatti, comunque coordinato con quelli in materia condominiale, secondo i quali ogni credito dell'amministratore verso il condominio non può considerarsi liquido né esigibile senza un preventivo controllo da parte dell'assemblea, alla quale spetta il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'utilità delle attività gestorie portate a termine dall'amministratore. I rilievi di cui sopra in ordine ai nuovi poteri-doveri dell'amministratore non esimono dal criticare la scelta adottata dalla novella del 2012, se solo si consideri le difficoltà pratiche, in capo al “cessato”, di effettuare il rendiconto, di ripartire le spese ed incassare i contributi, di convocare l'assemblea per farla deliberare conseguentemente su beni e servizi comuni, e quant'altro, tuttavia, sembra eccessivo aver inquadrato, all'interno delle “attività urgenti” - le uniche ora rientranti nei poteri dell'amministratore uscente - il conferimento dell'incarico ad un difensore affinché quest'ultimo rediga il precetto. In questa prospettiva - contrariamente a quanto opinato dalla terza Sezione della Cassazione - il discrimen non è più tra atti di ordinaria amministrazione (di competenza dell'amministratore) e atti di straordinaria amministrazione (appannaggio esclusivo dell'assemblea), ma solo tra atti urgenti - ossia indifferibili nel senso sopra delineato - ed atti che urgenti non sono, e tra questi ultimi non sembra annoverarsi l'atto di cui all'art. 480 c.p.c., anche se volto al recupero dei crediti condominiali in precedenza accertati in favore del Condominio (e, quindi, adottato sicuramente in un'ottica “conservativa”). In altri termini, essendo il precetto l'atto con cui il creditore intima al proprio debitore di adempiere in suo favore l'obbligo contenuto nel titolo esecutivo - dandogli avviso che, in caso di mancato adempimento, lo stesso creditore procederà ad esecuzione forzata nei suoi confronti - lo stesso atto di precetto non è, di regola, caratterizzato da una stringente urgenza, avendo, peraltro, un termine di prescrizione non indipendente, ma correlato al titolo esecutivo su cui si basa (che, ad esempio, per le sentenze, è di dieci anni come disposto dall'art. 2953 c.c.). Riferimenti Tortorici, Amministratore: il passaggio di consegne, in Immob. & proprietà, 2019, 419; Belli, La prorogatio imperii è morta, viva la renovatio imperii!, in Amministr. immobili, 2018, fasc. 227, 16; Monegat, Il condominio è debitore per le anticipazioni dell'amministratore cessato dalla carica, in Immob. & proprietà, 2018, 187; Celeste, Responsabilità dell'amministratore uscente per la mancata consegna della documentazione, in Immob. & proprietà, 2015, 7; Salciarini, Compenso e attività straordinarie dell'amministratore di condominio, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 10, 33; Gallucci, L'amministratore di condominio revocato ha l'obbligo di consegnare ogni documentazione al suo successore, in Dirittoegiustizia.it, 2010; Cirotti, Il recupero delle spese anticipate dall'amministratore dopo la cessazione dell'incarico, in Arch. loc. e cond., 2007, 139; Scalettaris, Il rimborso all'amministratore del condominio, dopo la cessazione del suo incarico delle spese da lui anticipate, in Arch. loc. e cond., 1990, 572. |