Illegittimità costituzionale della sanzione per deformazioni dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso
23 Giugno 2025
Massima Dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 583-quinquies, comma 2, c.p. nella parte in cui dispone “comporta l'interdizione perpetua” anziché “può comportare l'interdizione”. Il caso Tre diversi giudici hanno sollevato questione di legittimità costituzionale a proposito del delitto di deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, disciplinato dall'art. 583-quinquies c.p., introdotto dalla legge n. 69/2019, meglio nota come Codice rosso. Con sentenza n. 83 del 20 giugno 2025 la Consulta le ha accolte. La questione Con ordinanza del 7 luglio 2023 il giudice per l'udienza preliminare di Taranto ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 583-quinquies c.p. nella parte in cui punisce con la reclusione da otto a quattordici anni la causazione di lesioni personali da cui derivi uno sfregio permanente del viso (non una deformazione: nella specie una cicatrice chirurgica irreversibile, al di sotto della palpebra dell'occhio destro, della lunghezza di 5-6 cm). Con ordinanza del 14 ottobre 2024, il giudice dell'udienza preliminare di Bergamo ha sollevato analoga questione, sospendendo il processo ove l'imputazione consisteva in una cicatrice mascellare destra, con l'aggravante di aver commesso il fatto in più persone riunite e con l'uso di un'arma. Con ordinanza del 20 gennaio 2025, il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale ordinario di Catania ha sollevato, oltre al tema già esplorato inerente la mancata distinzione tra sfregio e deformazione, anche una seconda questione in ordine alla parte in cui prescrive l'applicazione della pena accessoria dell'interdizione perpetua dagli uffici di tutela, curatela e amministrazione di sostegno. Le soluzioni giuridiche Con sentenza depositata il 20 giugno 2025 la Consulta ha accolto le questioni e dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 583-quinquies comma 1 c.p. nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata sia diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità e del secondo comma nella parte in cui dispone l'automatica applicazione dell'interdizione perpetua. La decisione richiama espressamente quattro precedenti declaratorie di illegittimità costituzionale rese in analogia a questa rispettivamente nel 2012, in tema di sequestro di persona a scopo di estorsione; nel 2023 in tema di estorsione; nel 2024 a proposito di rapina e produzione di materiale pedopornografico. In tutti questi casi a venir censurata è l'assenza di una c.d. valvola di sicurezza che mitighi l'eccezionale asprezza del minimo edittale in presenza di condotte di minor disvalore. In verità, questa recente decisione si colloca in un filone più ampio ed eterogeneo, comprendente sia aspetti generali, come i calcoli degli aumenti di pena di cui all'art. 63 (C. cost., 27 maggio 2025 n. 74) che di parte speciale, come nei casi del delitto di alterazione di stato di famiglia di cui all'art. 567 c.p. (C. cost., 10 novembre 2016 n. 236), confisca obbligatoria nei reati societari (C. cost., 4 febbraio 2025, n. 7) e furto in abitazione (C. cost., 22 aprile 2025, n. 56). Resiste, per contro, l'art. 438, comma 1-bis, c.p.p., in forza del quale non è ammesso il giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo: la Consulta continua a respingere le questioni sollevate in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., sotto il profilo dell'irragionevole equiparazione di fattispecie autonome di reato punite con la pena dell'ergastolo a fattispecie che pervengono a tale sanzione unicamente in ragione della contestazione di circostanze aggravanti. Di recente, poi, ne sono state proposte, con riguardo ai medesimi parametri, in considerazione dell'entrata in vigore dell'art. 442, comma 2-bis, c.p.p., secondo cui la pena inflitta è ulteriormente ridotta di un sesto in caso di non impugnazione della sentenza di condanna emessa in un procedimento definito con rito abbreviato e con riferimento agli artt. 3,24 e 111 Cost., considerato che l'imputato, tratto a giudizio immediato, è privato della possibilità di accedere al giudizio abbreviato unicamente per effetto della contestazione di una circostanza aggravante operata dal pubblico ministero, senza che sia stato effettuato un vaglio ad opera di un giudice terzo e imparziale e in contraddittorio con le parti (C. cost., 17 gennaio 2025, n. 2 in Cassazione Penale 2025, 5, 1548). Osservazioni Lo sfregio e la deturpazione del volto non sono delitti nuovi nel panorama normativo italiano. Li considerava già il codice del 1889, che (opportunamente) li differenziava quanto a sanzioni poste in maniera sequenziale: per il primo la reclusione da uno a cinque anni, per la seconda da cinque a dieci. Il codice del 1930 ha mantenuto l'impostazione, considerandole aggravanti del reato di lesioni, ma ha unificato la pena della reclusione da sei a dodici anni. Nell'egida di tale configurazione normativa, si registrano pronunce giurisprudenziali che intendo richiamare in quanto tuttora molto utili a livello definitorio e distintivo. Lo sfregio permanente, (sino al 2019 contemplato nella seconda ipotesi del n. 4 del comma secondo dell'art. 583 c.p.), è – per cominciare con una nozione - «un qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell'armonia e dell'euritmia delle linee del viso, per tale intendendosi quella parte del corpo che va dalla fronte all'estremità del mento e dall'uno all'altro orecchio» (Cass. pen., sez. I, 1 febbraio 1978, Giust. pen. 1979, II, 44; Cass. pen., sez. V, 2 ottobre 1981, n. 10903). Sono certamente tali, ergo, quelle alterazioni che turbano l'armonia del viso con effetto sgradevole o d'ilarità, anche se non di ripugnanza, il tutto rapportato ad un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità. Quanto alla casistica, si è annoverato nell'alveo dello sfregio l'evidenza di una cicatrice di grosse dimensioni impressa in maniera indelebile in una zona centrale del volto della vittima, alla luce del valore riconosciuto nella sfera sociale alla sfera fisica e all'apparenza esteriore, essendo siffatta cicatrice un segno ben visibile e rappresentando indubbiamente uno stigma per chi lo porta (Corte appello - Ancona, 13 gennaio 2022, n. 2035 in Redazione Giuffrè 2022). E ancora, la cicatrice effetto di una ferita da taglio inferta dall'aggressore, con decorso traversale dal lobo dell'orecchio sinistro fino in piena guancia, con depressione rispetto al piano cutaneo, che ha determinato un turbamento delle linee del volto, percepito da un osservatore di media sensibilità come sfregio del volto (Cass. pen., sez. V, 28 gennaio 2020, n. 5719 in Diritto & Giustizia 2020, 14 febbraio). Analogamente, una ferita provocata alla guancia della vittima con una lametta da barba che ha recato in modo ben visibile una cicatrice che, partendo dall'orbita oculare, giunge fin sotto lo zigomo (Tribunale di Genova, 7 novembre 2019 n. 3924 in Guida al diritto 2020, 36, 97). Da ultimo, annoverato già sub art. 583 quinquies c.p., il reato è stato ravvisato nella condotta dell'imputata che, con un morso all'orecchio della persona offesa, aveva determinato il distacco di quasi metà del padiglione auricolare (Cass. pen., sez. V, 1° dicembre 2023, n. 7728 in Guida al diritto 2024, 11). La gravità della lesione personale ed in particolare l'aggravante dello sfregio o della deformazione del viso sussiste anche nel caso in cui la lesione possa essere totalmente o parzialmente celata per effetto di eventuali accorgimenti tecnici. Irrilevante la possibilità di mascherare la riconosciuta alterazione del viso mediante l'uso di occhiali scuri (Cass. pen., sez. I, 26 febbraio 1979, n. 6521 in Giust. pen. 1980, II,35 (s.m) o, più di recente, la possibilità di eliminare o attenuare il danno fisionomico mediante trattamenti di chirurgia facciale. (Cass. pen., sez. V, 5 aprile 2023, n. 22625 in Diritto & Giustizia 2023, 25 maggio; Cass. pen., sez. V, 7 maggio 2021, n. 23692 in CED Cass. pen. 2021). Per converso, non si ha sfregio permanente quando la relativa cicatrice, pur duratura, non rende sgradevoli i lineamenti estetici ed espressivi del viso (Trib. Napoli, 1° ottobre 1977 in Cass. pen. 1979, 834). Quanto alla valutazione, essa compete al giudice di merito, chiamato a esprimere un giudizio che non richiede speciali competenze tecniche, perché ancorato dal punto di vista di un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità e pertanto tale giudizio non risulta sindacabile in sede di legittimità (Tribunale - Torino, 27 febbraio 2024, n. 374 in Guida al diritto 2024, 27; Cass. pen., sez. V, 2 marzo 2017, n. 22685 in CED Cass. pen. 2017) Con la legge del 2019 la possibilità di distinguere tra sfregio e deformazione, così pure quella di modulare la pena a seconda del caso concreto, è venuta meno il che è apparso irragionevole ai giudici che hanno sollevato le questioni accolte dalla Corte. A parere del Gup di Bergamo, per es., una sanzione così elevata, e soprattutto la pena accessoria, non si giustificano nelle ipotesi in cui l'autore del fatto non sia il coniuge o soggetto comunque legato da relazione affettiva alla vittima, ambito questo in cui nata la norma. Il giudice di Taranto, poi, ha rammentato che prima dell'inserimento della norma censurata, lo sfregio permanente era punito con la pena da sei a dodici anni ed altresì che lo stesso Codice rosso ha introdotto una fattispecie altrettanto grave, come le mutilazioni genitali femminili, a cui ha collegato una pena molto più lieve nel minimo (da quattro a dodici anni). Il giudice di Catania, infine, ha richiamato la differenza medico legale tra i due eventi di danno, enfatizzando l'irragionevolezza dell'identità sanzionatoria con evidenti ricadute in tema di idoneità rieducativa della pena, in quanto preclusa sia la sospensione condizionale (anche applicando le generiche e procedendo tramite abbreviato, si deve irrogare la reclusione per tre anni, sei mesi e venti giorni) sia la carcerazione obbligatoria (grazie all'inserimento di questo delitto nel catalogo dell'art. 4 ord. penit.). Per concludere, questa nuova pronuncia di illegittimità conferma l'impostazione che la Corte sta rispettando da tempo e che, molto recentemente, l'ha portata a censurare anche l'art. 34, comma 2, c.p., nella parte in cui prevede che la condanna per il delitto ex art. 572, comma 2, c.p., commesso, in presenza o a danno di minori, con abuso della responsabilità genitoriale, comporti automaticamente la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale, anziché la possibilità per il giudice di disporla (C. cost., 22 aprile 2025, n. 55). La Corte costituzionale continua a celebrare il principio basilare della libertà e dell'indipendenza della magistratura giudicante da qualunque vincolo e automatismo punitivo, e pone il potere-dovere del giudice di modulare la sanzione al centro di tutte le pronunce che abbiamo ricordato: nella sentenza appena citata si legge a chiare lettere che è costituzionalmente illegittimo non permettere al giudice di valutare attentamente se, per esempio, dopo la condanna per il reato di cui all'art. 572, comma 2, c.p., sia nell'interesse del minore applicare anche la pena della sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale oppure invece interrompere temporaneamente, o mantenere, la relazione con il genitore, nonostante la condanna, visto che dalla responsabilità genitoriale derivano obblighi per il genitore e diritti per il minore. Il parere personale della scrivente è anche un altro: il messaggio che la Consulta lancia al legislatore è un monito contro l'eccessiva durezza nella scelta delle forbici edittali inserite nelle norme di nuovo conio. Inutile prevedere pene draconiane, magari sull'onda emotiva di fatti di cronaca esecrabili come i casi di vitriolage che hanno motivato l'introduzione dell'art. 583-quinquies come fattispecie autonoma, quando poi non sia consentito al giudice di operare i doverosi distinguo caso per caso. |