Danni biologici di lieve entità ed onere probatorio
23 Giugno 2025
Massima Al riconoscimento di danni biologici di lieve entità corrisponde un maggior rigore nell'allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo ritenersi presumibilmente assorbito, nel riscontrato danno biologico di lieve entità, il danno morale laddove sia stata già riconosciuta una personalizzazione del danno biologico nella misura massima. Il caso A seguito a sinistro stradale, il danneggiato era stato ricoverato e sottoposto ad intervento di riduzione di varie fratture scomposte. Successivamente, parte attrice evidenziava come avesse cominciato ad accusare forti dolori all'arto inferiore sinistro e fosse stata costretta a sottoporsi a continui cicli di terapie antidolorifiche. Pertanto, citava in giudizio la struttura sanitaria ed i medici al fine di ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, causati dalla condotta imperita e negligente dei medici operanti nella struttura sanitaria. Il Tribunale sulla scorta di CTU liquidava il danno non patrimoniale nella misura del 5-6%, nella sua veste biologica permanente, comprensivo di personalizzazione pari al 25%, La Corte d'Appello riduceva la percentuale di personalizzazione del danno pari al 20%, anziché quella del 25% applicata dal primo Giudice in applicazione delle Tabelle di Milano, in conseguenza della diretta applicabilità al caso concreto dell'art. 139, comma 3, cod. ass. Proposto ricorso in Cassazione, i giudici di legittimità confermano la pronuncia di appello, non escludendo la personalizzazione del risarcimento, ma precisando che nel caso delle micro-permanenti l'onere probatorio si fa decisamente più gravoso, puntuale e rigoroso. La questione La questione in esame è la seguente: al riconoscimento di danni biologici di lieve entità corrisponde un maggior rigore nell'allegazione e nella prova? Le soluzioni giuridiche La pronuncia in commento si occupa della liquidazione delle varie componenti del danno alla persona in caso di lesioni lievi. Nella disciplina del codice delle assicurazioni occorre distinguere tra lesioni micro e macro permanenti. In applicazione delle tabelle di cui al codice delle assicurazioni per le lesioni micro-permanenti, il danno biologico può essere riconosciuto nella sua massima personalizzazione (20%) prevista ex lege (art. 139, comma 2, cod. ass.). In via generale, poi, si esclude che la liquidazione del danno si possa ulteriormente scomporre con il riconoscimento autonomo del danno esistenziale (Cass. civ. n. 703/2021). Ne consegue che la massima personalizzazione del danno è in grado di coprire l'intero danno alla persona, in base al principio per cui la liquidazione del danno alla persona deve essere complessiva, in maniera tale da coprire l'intero pregiudizio a prescindere dal nomen iuris. Questo principio si riferisce alle lesioni che fuoriescono dal campo di operatività delle cd. "micro-permanenti", poiché, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale da lesione della salute (anche secondo le cd Tabelle di Milano), ove si accerti la sussistenza tanto del danno dinamico-relazionale (cd. biologico) quanto del danno morale, il quantum risarcitorio deve essere determinato applicando integralmente i valori tabellari (che contemplano entrambe le voci di danno), mentre, ove si accerti l'insussistenza del danno morale, il valore del punto deve essere depurato dall'aumento percentuale previsto per tale voce, salvo procedere all'aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico (con esclusione, dunque, della componente morale), qualora sussistano i presupposti per la personalizzazione di tale tipologia di pregiudizio (Cass. civ. n. 5119/2023; Cass. civ. n. 15733/2022; Cass. civ. n. 4878/2019; Cass. civ. n. 7513/2018). Al contrario, nel riconoscimento di danni biologici di lieve entità deve corrispondere un maggior rigore nell'allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo in caso contrario ritenersi normalmente assorbite, nel riscontrato danno biologico di lieve entità (salva la rigorosa prova contraria), anche le conseguenze astrattamente considerabili sul piano del c.d. "danno morale" (Cass. civ. n. 5547/2024). Con la pronuncia in commento, i giudici di legittimità precisano che il principio dell'autonoma risarcibilità del danno morale, ravvisabile "anche" nelle lesioni micro-permanenti regolate dal codice delle assicurazioni, diversamente da quanto avviene per le lesioni più rilevanti, normalmente non abbia alcuna ragion d'essere quand'anche sia stata già operata, in aumento, la massima personalizzazione del danno biologico permanente, e ciò per evitare che si attui una doppia valutazione di una componente del micro-danno (la personalizzazione) che già idealmente racchiude in sé tutti i risvolti aggiuntivi di compromissione morale ed esistenziale che, in alcuni casi, si possono verificare anche con riguardo alle micro-lesioni, come nel caso di specie riconosciuto nella misura massima dai giudici di merito. Nel campo delle lesioni micro-permanenti, il bilanciamento dei valori da considerare nel risarcire il danno complessivo è già stato operato dal legislatore nell'ammettere una personalizzazione del danno nella misura massima del 20% e, pertanto, una ulteriore automatica considerazione di un differente fattore di incremento del danno non patrimoniale da risarcire non sarebbe coerente con un sistema tutto incentrato sul concetto: a) di unitarietà del danno; b) di onnicomprensività. Diversamente, nel settore delle macro-permanenti, la giurisprudenza considera autonomamente liquidabile la componente attinente alla sofferenza interiore, ove provata, non ammettendo che esso possa presumersi assorbito anche da una un'operazione di personalizzazione in aumento del medesimo ( Cass. civ. n. 7892/2024; Cass. civ. n. 6444/2023; Cass. civ. n. 4878/2019). Tuttavia, nelle micro-permanenti la possibilità di invocare il valore rappresentativo della lesione psico-fisica alla stregua di un elemento presuntivo suscettibile di (concorrere a) legittimare l'eventuale riconoscimento di un coesistente danno morale, secondo la Cassazione è tanto più limitata quanto più ridotta, in termini quantitativi, si sia manifestata l'entità dell'invalidità riscontrata. Questo in forza della ragionevole e intuibile idoneità di fatti lesivi di significativa ed elevata gravità a provocare forme di sconvolgimento o di debordante devastazione della vita psicologica individuale, rispetto alla corrispettiva idoneità delle conseguenze limitate a un danno biologico di moderata entità ad assorbire, secondo un criterio di normalità (e sempre salva la prova contraria), tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sul terreno del danno morale. Osservazioni L'ordinamento riconosce e disciplina (soltanto) le fattispecie del danno patrimoniale (nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante: art. 1223 c.c.) e del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.; art. 185 c.p.); la natura unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale e delle Sezioni Unite della Suprema Corte (C. cost. n. 233/2003; Cass. civ., sez. un., n. 26972/2008) deve essere interpretata, sul piano delle categorie giuridiche (anche se non sotto quello fenomenologico) rispettivamente nel senso: a) di unitarietà rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica; b) di onnicomprensività intesa come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze (modificative in pejus della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall'evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, e procedendo, a seguito di articolata, compiuta ed esaustiva istruttoria, ad un accertamento concreto e non astratto del danno, all'uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni; nel procedere all'accertamento ed alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice di merito, alla luce dell'insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 235/2014, punto 10.1 e ss.) e delle modifiche degli artt. 138 e art. 139 cod. ass., introdotte dall'art. 1, comma 17, della legge n. 124/2017 – la cui nuova rubrica («danno non patrimoniale», sostitutiva della precedente «danno biologico»), ed il cui contenuto consentono di distinguere definitivamente il danno dinamico-relazionale causato dalle lesioni da quello morale – deve congiuntamente, ma distintamente, valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale e, cioè, tanto l'aspetto interiore del danno sofferto (c.d. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sé, della paura, della disperazione), quanto quello dinamico-relazionale (destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto). Nella valutazione del danno alla salute, in particolare – ma non diversamente che in quella di tutti gli altri danni alla persona conseguenti alla lesione di un valore/interesse costituzionalmente protetto (Cass. civ. n. 8827/2003; Cass. civ., sez. un., n. 6572/2006; C. cost. n. 233/2003) – il giudice dovrà, pertanto, valutare tanto le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale – che si collocano nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso – quanto quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell'ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce altro da sé). Nel caso di lesione della salute, costituisce, pertanto, duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico – inteso, secondo la stessa definizione legislativa, come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali – e del danno c.d. esistenziale, appartenendo tali c.d. categorie o voci di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (l'art. 32 Cost.). Non costituisce, invece, duplicazione risarcitoria la differente ed autonoma valutazione compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, come stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 235/2014 (ove si legge che la norma di cui all'art. 139 cod. ass. «non è chiusa anche al risarcimento del danno morale»), e come oggi normativamente confermato dalla nuova formulazione dell'art. 138 lett. e), cod. ass., introdotta – con valenza evidentemente interpretativa – dalla legge di stabilità del 2016. Deriva da tali enunciati che, a fini liquidatori, si deve procedere a una compiuta istruttoria finalizzata all'accertamento concreto e non astratto del danno, dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi il fatto notorio, le massime di esperienza e le presunzioni, valutando distintamente, in sede di quantificazione del danno non patrimoniale alla salute, le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera interiore (c.d. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sé, della paura, della disperazione) rispetto agli effetti incidenti sul piano dinamico-relazionale (che si dipanano nell'ambito delle relazioni di vita esterne), autonomamente risarcibili. Con particolare riferimento all'uso delle presunzioni in materia di danno morale, occorrerà sottrarsi ad ogni prassi di automaticità nel riconoscimento di tale danno in corrispondenza al contestuale riscontro di un danno biologico, attesa l'esigenza di evitare duplicazioni risarcitorie destinate a tradursi in un'ingiusta locupletazione del danneggiato, laddove quest'ultimo si sia sottratto a una rigorosa allegazione e prova di fatti secondari idonei a supportare, sul piano rappresentativo, la prospettata sofferenza di conseguenze dell'illecito rilevabili sul piano del proprio equilibrio affettivo-emotivo. A tal fine, la possibilità di invocare il valore rappresentativo della lesione psico-fisica (in sé considerata come danno biologico) alla stregua di un elemento presuntivo suscettibile di (concorrere a) legittimare, in termini inferenziali, l'eventuale riconoscimento di un coesistente danno morale (Cass. civ. n. 25164/2020), dovrà ritenersi tanto più limitata quanto più ridotta, in termini quantitativi, si sia manifestata l'entità dell'invalidità riscontrata, attesa la ragionevole e intuibile idoneità di fatti lesivi di significativa ed elevata gravità a provocare forme di sconvolgimento o di debordante devastazione della vita psicologica individuale (ragionevolmente tali da legittimare il riconoscimento dalla compresenza di un danno morale accanto a un danno biologico), rispetto alla corrispettiva idoneità delle conseguenze limitate a un danno biologico di modesta entità ad assorbire, secondo un criterio di normalità (e sempre salva la prova contraria), tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sul terreno del c.d. danno morale (così, del tutto condivisibilmente, in motivazione, Cass. civ. n. 6444/2023). Da tanto segue la ragionevole affermazione del principio declinabile sul piano probatorio secondo cui, al riconoscimento di danni biologici di lieve entità (come avvenuto nel caso di specie), corrisponderà un maggior rigore nell'allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo ritenersi normalmente assorbite, nel riscontrato danno biologico di lieve entità (salva la rigorosa prova contraria), anche le conseguenze astrattamente considerabili sul piano del c.d. danno morale (Cass. civ. n. 6444/2023). Riferimenti A. Benni de Sena, Lesioni micropermanenti e personalizzazione del danno: sull'onere della prova "rafforzato", in Diritto & Giustizia; V. de Gioia, ll risarcimento del danno alla persona (Nota a Corte di cassazione civile, sez. III, 1° marzo 2024, n. 5547), in NJus, 2024. |