Il condomino ha diritto al risarcimento per il cedimento delle fondazioni dell’edificio

19 Giugno 2025

Le fessure che si verificano in parti cruciali di un immobile, siano esse di lieve entità che di maggiore rilevanza, possono essere la spia di un malessere profondo che può avere origine da varie cause. Può derivare da una patologia di assestamento degli intonaci come da cause più profonde, quali, ad esempio, infiltrazioni di acqua. Il caso più estremo è quello oggetto della controversia definita con sentenza del Tribunale di Catania, che riguardava un fenomeno di cedimento strutturale delle fondamenta con effetti diretti su porzioni di un immobile esclusivo. In tutti i casi, non solo occorre accertare le cause dell'evento, ma l'attività di verifica deve essere tempestiva per non determinare situazioni di pericolo imminente.

Massima

Il condominio è responsabile dei danni subiti da un immobile di proprietà esclusiva ai sensi dell'art. 2051 c.c., gravando sullo stesso un onere di custodia sulle parti comuni, evidentemente violato, con condotta, peraltro, gravemente colpevole.

Il caso

La proprietaria di un appartamento citava in giudizio il condominio chiedendo che venisse condannato alla riparazione, a proprie cura e spese, dei danni riportati dall'immobile in questione, con conseguente domanda di rimessione in pristino dei locali interessati, in più punti, da numerose fessurazioni. In via subordinata, l'attrice chiedeva che il condominio venisse condannato al risarcimento per equivalente dei danni patrimoniali e non patrimoniali (questi ultimi subiti come diretta conseguenza dell'evento principale). In sede di memorie conclusionali, parte attrice abbandonava la domanda principale, insistendo sulla subordinata.

A fondamento dell'azione così incardinata, venivano indicati fenomeni fessurativi che si erano verificati nell'appartamento di proprietà di parte attrice, accertati dal tecnico di parte e confermati da quello del condominio, e riconducibili ad un cedimento strutturale di una parete del condominio.

A fronte della gravità della situazione certificata dai Vigili del Fuoco, i quali avevano inibito all'attrice di dimorare nell'immobile (questa, infatti, affetta da una grave patologia clinica, aveva dovuto reperire una nuova sistemazione abitativa), il condominio era rimasto inerte, talchè la medesima era stata costretta a ricorrere al Tribunale ai sensi dell'art. 1172 c.c.

L'immobilità del condominio non era cessata neppure quando il consulente tecnico d'ufficio, convocato in sede sommaria, aveva accertato che i danni patiti erano riconducibili a fenomeni di cedimento alla base del piano di fondazione.

Il condominio si costituiva nel giudizio di merito, contestando ogni addebito e chiedendo il rigetto della domanda avversaria.

Il Tribunale - per quanto di specifico interesse - ha ritenuto la domanda fondata nei limiti dallo stesso specificati. Il tutto con condanna del condominio al pagamento di una somma corrispondente all'entità della spesa per la rimessione in pristino dell'appartamento, oltre al risarcimento degli ulteriori danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti da parte attrice, alla rifusione delle spese di lite, con il riconoscimento di una ulteriore somma liquidata a titolo di risarcimento ex art. 96 c.p.c.

La questione

Il tema affrontato dal giudice di merito rappresenta un classico nella vita condominiale e si riferisce a fenomeni di ordinaria portata, quali lesioni anche a parti strutturali di immobili esclusivi determinate da beni comuni. La sentenza ha ribadito la responsabilità, in questo caso, del condominio.

Le soluzioni giuridiche

La controversia è stata decisa sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, esperita nel corso del giudizio cautelare, che, accertata la responsabilità del condominio come a momenti rilevato, da un lato aveva indicato l'esigenza di effettuare un preventivo risanamento dello stabile e, dall'altro, aveva stabilito quali fossero gli interventi da eseguire per rimuovere i danni provocati dal pessimo stato manutentivo dell'edificio condominiale.

Evidenziava, altresì, il Tribunale che il ripristino dell'appartamento doveva riguardare solo le opere indicate dal CTU, escludendo gli ulteriori interventi richiesti da parte attrice, in quanto la relativa domanda era risultata quantitativamente e qualitativamente generica.

La domanda subordinata, quindi, era stata accolta entro in questi limiti, essendo il condominio responsabile dei danni patiti dall'attrice, al momento permanenti, ai sensi dell'art. 2051 c.c.

Osservazioni

La sentenza emessa dal Tribunale di Catania ha posto in rilievo, ancora una volta, come il condominio sia chiamato a rispondere dei danni derivati ai condomini per effetto della sua inerzia nell'esecuzione di lavori su parti comuni rimaste prive di manutenzione. Nel caso di specie, peraltro, non si parlava di una lieve inerzia, considerato che l'origine dei danni subiti dall'appartamento dell'attore andava individuata in eventi, protratti nel tempo, che avevano aggredito parti strutturali e fondamentali necessarie non solo per l'uso del bene individuale - nell'atto di citazione, infatti, si parlava di fessurazioni di entità tale da pregiudicare l'integrità di pavimenti e degli intonaci delle pareti, fino al punto di determinare l'allontanamento di parte attrice dall'immobile - ma anche e soprattutto per l'esistenza stessa dell'edificio.

Il condominio, a fronte di una responsabilità chiaramente accertata non aveva dato corso al provvedimento emesso in sede di provvedimento cautelare, così aggravando una situazione già compromessa.

La sentenza merita alcune riflessioni.

In primo luogo, per il proprietario o il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore emerge la necessità di proporre, tempestivamente, un'azione in sede cautelare allorché sussista una ragione per ritenere che da qualsiasi edificio, albero od altra cosa “sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso” (art. 1172 c.c.). La finalità è quella di ottenere dal giudice un provvedimento con il quale, accertata la situazione di pericolo, venga ordinato al destinatario dello stesso di mettere in atto tutti gli interventi necessari ad eliminare le cause del temuto pericolo.

Questa è stata la strada percorsa dall'attrice, che ha visto provate le sue domande, ancora prima della sentenza di primo grado, nella concordanza delle perizie di parte e d'ufficio nonché nella non contestazione sul punto da parte del condominio.

In queste situazioni il magistrato non può evitare di rivolgersi ad un tecnico che individui le cause del fenomeno dai quali emergeranno le relative responsabilità, indicando gli interventi necessari per porvi fine, nonché i costi da sostenere.  La consulenza tecnica, che ha la funzione di fornire all'attività valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche che egli non possiede, non deve, pertanto, avere carattere esplorativo in modo da sollevare le parti dall'onere di provare i fatti posti a fondamento della domanda, come previsto dall'art. 2697 c.c. (Cass. civ., sez. lav., 5 ottobre 2006, n. 21412).

Altra questione riguarda l'individuazione della causa delle fessurazioni che avevano interessato l'appartamento di proprietà dell'attrice: il dissesto alle fondazioni dell'edificio.

Secondo il disposto dell'art. 1117, comma 1, n. 1, c.c., le “fondazioni” sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari, salvo titolo contrario. Esse, dunque, devono essere mantenute e conservate a cura del condominio, in quanto formano oggetto di un compossesso pro indiviso, che si esercita in quanto utili alle singole unità immobiliari alle quali sono collegate per destinazione funzionale (Cass. civ., sez. II, 5 agosto 2005, n. 16496; Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2005, n. 3102).

Questa breve premessa porta al tema della responsabilità del condominio, il quale deve risarcire il terzo che abbia subito danni dalla cosa comune. Un principio di carattere generale dettato dall'art. 2051 c.c., a norma del quale ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.

Il condominio, al momento della sua costituzione, assume la veste di custode dei beni e dei servizi comuni con l'obbligo di adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno (Cass. civ., sez. II, 9 ottobre 2023, n. 28253) e, quindi, di effettuare non solo i controlli necessari alla conservazione delle parti comuni, ma anche di compiere gli atti conservativi al medesimo spettanti tramite la figura dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, comma 1, n. 4, c.c. (Cass. civ., sez. VI/II, 11 gennaio 2022, n. 516).

Tale obbligo è di carattere generale ma quando interessa il terreno della straordinaria manutenzione è condizionato da un limite invalicabile: investire l'assemblea della problematica. Ma anche in questo caso il condominio deve agire con rapidità e senza adottare comportamenti inerti.

Ugualmente pacifico, infine, il carattere oggettivo di tale responsabilità in forza del quale il soggetto danneggiato deve dimostrare soltanto la derivazione del danno dalla cosa e la custodia della stessa da parte del preteso responsabile, non pure la propria assenza di colpa nel relazionarsi con essa (Cass. civ., sez. III, 8 luglio 2024, n. 18518).

Riferimenti

Boreatti, Quali sono le responsabilità del condominio in caso di danni arrecati a terzi estranei? in Altalex.com, 9 gennaio 2025;

Frivoli, Il condominio è responsabile per i danni causati dai beni ed impianti comuni in custodia, salvo che non provi il caso fortuito, in Ius-Condominioelocazione, 23 settembre 2020;

Nicola, Il condominio e la “responsabilità oggettiva” sulle cose in custodia, in NT+Condominio&Immobili, 25 aprile 2018.

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