Contenzioso immobiliare: l'utilizzo dell’intelligenza artificiale nella soluzione di casi pratici

18 Giugno 2025

Il presente approfondimento operativo analizza i provvedimenti giurisprudenziali con l'utilizzo dell'intelligenza artificiale applicata al caso pratico, integrato con il ragionamento del professionista. Un nuovo approccio di elaborazione ed interpretazione della giurisprudenza con gli strumenti innovativi dell'IA, coordinato con l'esperienza dei professionisti del settore immobiliare. Oggetto del presente contenzioso è l'“apertura di un varco su muro condominiale portante: tra tutela possessoria e decoro architettonico”.

L'approccio sistematico

Lo scopo della presente trattazione è quella di fornire agli utenti un primo approccio della soluzione di un caso pratico con l'integrazione dell'intelligenza artificiale (d'ora in poi, breviter, solo IA). L'obbiettivo di questa sperimentazione rappresenta un esempio di come l'IA, se ben integrata con l'esperienza e la supervisione di un professionista, possa contribuire in modo efficace all'approfondimento della materia, evitando, al contempo, il rischio di derive formalistiche o riduttive nell'applicazione del diritto.

Attualmente, molte società hanno introdotto sul mercato diversi applicativi di IA e, tra questi, spicca il nuovo Sapient-IA di Lefebvre Giuffrè, il nuovo sistema di intelligenza artificiale nato per supportare i professionisti e le aziende fornendo soluzioni concrete e mirate attraverso diverse funzionalità.

Il caso pratico

Nella vicenda in esame (Trib. Milano 2 giugno 2025), in un condominio risalente ai primi anni del Novecento, l'impresa incaricata da un condomino aveva esposto un cartello recante l'avviso dell'inizio di lavori edilizi consistenti nella creazione di una nuova apertura in una muratura condominiale portante, allo scopo di realizzare un secondo ingresso nella propria unità abitativa. A seguito dell'annuncio dei lavori, l'amministratore convocava l'assemblea, durante la quale, con ampia maggioranza, erano state adottate tre delibere: una prima, concernente l'integrazione del regolamento condominiale, introduceva l'obbligo di autorizzazione assembleare per qualsiasi apertura o modifica dei varchi su muri condominiali; una seconda, di diniego espresso alla realizzazione del varco previsto dal condominio resistente; infine, una terza delibera di mandato all'amministratore per attivarsi al fine di impedire l'esecuzione dell'intervento.

Nonostante l'avvenuta adozione di tali delibere, l'architetto incaricato dal resistente comunicava all'amministratore l'imminente inizio dei lavori di apertura, giustificando l'iniziativa tramite una precedente autorizzazione di altri proprietari. Per queste ragioni, uno dei condomini, lamentando la possibile illegittima appropriazione di porzione del bene comune (la muratura stessa), con riferimento alla tutela possessoria, ravvisava gli estremi della turbativa (ex art. 1170 c.c.), stante l'esecuzione di fori prodromici all'apertura suscettibile di aggravarsi in caso di prosecuzione delle opere. Oltre a ciò, con altra procedura, il condominio agiva con urgenza (ex art. 700 c.p.c.), a fronte degli eventuali danni irreparabili alla stabilità dell'edificio e alla sicurezza degli abitanti. Il condominio riteneva la violazione del regolamento, l'esclusione dell'intervento all'uso individuale consentito dall'art. 1102 c.c., configurando piuttosto un'innovazione ai sensi dell'art. 1120 c.c. Infine, venivano sollevate problematiche inerenti alla sicurezza e alla conformità edilizia.

La questione giuridica

Il singolo condomino può legittimamente realizzare un'apertura su un muro condominiale portante invocando un uso più intenso del bene comune, anche se ciò comporta modifiche potenzialmente lesive del decoro architettonico interno dell'edificio?

Il ragionamento del magistrato

A seguito dell'istruttoria di causa era emerso che il ricorrente possedeva il muro portante che affacciava sul pianerottolo del piano rialzato; detto muro aveva la funzione di sostenere l'edificio e di circoscrivere la geometria tipica degli edifici dei primi anni del ‘900. Il possesso del muro era esercitato non tanto mediante il suo materiale utilizzo, bensì per mezzo della sua pluridecennale funzione di sostegno, caratterizzando oltretutto l'armonia dei suoi spazi comuni interni. Poteva, pertanto, affermarsi che il ricorrente “godeva di quel muro quotidianamente possedendolo”.

Premesso ciò, la valutazione in esame interessava senz'altro l'eventuale molestia del muro comune sotto il profilo del decoro architettonico dello spazio circostante. Difatti, contrariamente alla posizione del resistente, come emerso dal contesto in oggetto, dal piano rialzato era ben visibile anche il piano superiore, circostanza che consentiva di rilevare una totale disarmonia tra i piani, posto che al primo piano non vi era un'altra apertura in corrispondenza di quella che il resistente avrebbe voluto realizzare; una ulteriore disarmonia geometrica emergeva altresì allo stesso piano rialzato, in cui non esisteva un'altra apertura simmetrica sulla sinistra. Su tale aspetto, secondo i giudici, la simmetria è una declinazione del decorso architettonico, sicché è illegittimo l'uso particolare o più intenso del bene comune ove si arrechi pregiudizio al decoro architettonico dell'edificio condominiale (Cass. civ., sez. II, 22 agosto 2012, n. 14607: nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto illegittima la realizzazione di alcuni fori di porta o di finestra posti sulle facciate dell'edificio, i quali avevano alterato la simmetria dei fori preesistenti, producendo un risultato esteticamente sgradevole).

Oltre a ciò, dal punto di vista tecnico, appariva una profonda forzatura l'incastro di una seconda porta tra le scale e l'angolo del muro, ciò comportando tra l'altro lo spostamento dell'interruttore ed un irregolare posizionamento del plafone sovrastante tanto da risultare fuori asse rispetto alla porta. Ulteriore analisi riguardava l'importanza dell'edificio storico con la presenza di interni tipici degli edifici di quel tempo, il cui possesso (materiale ed estetico) meritava di essere tutelato a fronte della contraria volontà condominiale ad una sua trasformazione del muro comune tale da rompere l'armonia e la continuità delle linee e delle forme geometriche dell'edificio. Senz'altro, anche se sino ad oggi alcuna opera era stata ancora eseguita, comunque, l'opera in contestazione arrecava una profonda molestia nel possesso del muro comune. Difatti, come ritenuto dal giudice, “la tutela possessoria è ammissibile non solo dal momento in cui si siano già verificati lo spoglio o la molestia, bensì anche laddove comportamenti univoci conducono a ritenere che quello spoglio e quella molestia comprometteranno il possesso”.

In conclusione, sussistevano i presupposti per l'accoglimento della domanda ex art. 1170 c.c. e, per l'effetto, l'ordine dell'immediata cessazione di ogni turbativa e molestia all'esercizio del possesso del muro condominiale, provvedendo alla rimozione di ogni parte di cantiere eventualmente allestito, nelle more dell'altro giudizio, delle parti comuni del condominio ricorrente.

L'utilizzo dell'IA

Dopo aver sottoposto il provvedimento all'IA, con prompt ben definiti sulla problematica del caso in esame, l'IA ha fornito il suo ragionamento con aspetti obbiettivi e critici.

Esamina se l'intervento in oggetto, pur eventualmente legittimato sotto il profilo edilizio e regolamentare, possa comunque costituire una lesione giuridicamente rilevante del possesso condominiale. Dall'analisi testuale della normativa e della giurisprudenza, emerge che il concetto di “possesso” può abbracciare anche forme di fruizione estetica e simbolica del bene comune, laddove la continuità visiva, la simmetria e la funzione storica dell'elemento architettonico siano consolidate nel tempo. In proposito, l'IA riconosce che l'art. 1170 c.c. tutela anche il possesso collettivo condominiale contro turbative che non si sostanziano necessariamente in appropriazioni materiali, ma che ledono l'assetto d'uso e il godimento del bene.

Oltre a ciò, l'IA effettua le seguenti considerazioni.

Sintesi del ragionamento

Ritiene che la questione ruota attorno alla legittimità dell'intervento edilizio eseguito in assenza del consenso assembleare e alla sua compatibilità con l'uso più intenso consentito dall'art. 1102 c.c. Tuttavia, l'IA individua la tutela del decoro architettonico a seguito dell'assenza di unanimità per la modifica regolamentare e il rischio concreto di alterazione dell'assetto materiale e simbolico della parte comune, tutte ragioni che giustificano l'intervento giudiziale in sede possessoria.

La valorizzazione degli aspetti di causa

Mette in rilievo la funzione del decoro architettonico come elemento giuridicamente tutelabile in via possessoria, richiamando la giurisprudenza secondo cui il decoro non è solo un fattore estetico ma un indice dell'assetto complessivo del bene condominiale. Oltre a ciò, considera l'irrilevanza della visibilità esterna dell'opera ai fini della lesione del decoro, poiché la lesione può essere interna e comunque interferente con l'armonia dell'edificio. Infine, considera il concetto di molestia anticipata, anche in assenza di spoglio fisico, ma sulla base di una minaccia attuale.

L'interpretazione della decisione del giudice

Interpreta l'orientamento assunto dal Tribunale, evidenziando come il giudice non si sia limitato ad analizzare l'aspetto formale del diritto di proprietà, bensì abbia valorizzato la natura collettiva e condivisa del possesso del muro comune. L'ordinanza viene letta come affermazione di un principio fondamentale nel diritto condominiale: il godimento collettivo delle parti comuni non può essere unilateralmente compromesso dal singolo, anche quando egli agisca sotto la convinzione di essere titolare di un'autorizzazione.

L'ammissione delle difficoltà interpretative

Ammette di incontrare difficoltà e incertezza nel qualificare la portata estetica della lesione al decoro, non potendo “vedere” l'effetto geometrico disarmonico prodotto dalla nuova apertura. Ulteriore difficoltà riguarda la storicità del contesto architettonico (edificio del ‘900), che nel caso specifico è un elemento cruciale per valutare la legittimità delle modifiche proposte; infine, la dinamica assembleare interna al condominio, i cui meccanismi richiedono un'applicazione contestuale e interpretativa non sempre traducibile in regole rigide.

Possibili suggerimenti e considerazioni

Una delle soluzioni che l'IA suggerisce è l'opportunità, come accaduto nel caso in esame, per i condomini, di agire tempestivamente in via possessoria per evitare che l'intervento diventi irreversibile, anche mediante ricorso anticipato ex art. 1170 c.c. fondato su turbativa imminente.

Le considerazioni del professionista

Nella vicenda in esame, l'IA ha correttamente isolato i nuclei problematici: la natura del muro comune, il significato del decoro architettonico, il rapporto tra autorizzazione amministrativa e deliberazione assembleare, nonché la distinzione tra uso conforme e innovazione vietata. Ciò che però manca, sul piano del ragionamento giuridico, è la piena consapevolezza della funzione del diritto condominiale come diritto “di relazione”, in cui le fonti, pur se formalmente autonome, trovano validità solo nell'equilibrio tra interessi individuali e collettivi. In altri termini, l'IA coglie gli istituti, ma fatica a percepirne la funzione sistemica e il senso interno, elementi che sono essenziali in contesti ad alta conflittualità e basso grado di standardizzazione come quelli condominiali. Inoltre, l'IA tende a considerare il rilascio di un'autorizzazione da parte dell'amministratore come atto legittimante idoneo a fondare un diritto soggettivo, senza distinguere tra atti meramente gestionali e atti dispositivi riservati all'assemblea. In tema, ad esempio, l'art. 1122 c.c. prevede solo che, in alcuni casi, i condomini devono dare preventiva notizia all'amministratore, il quale dovrà riferire all'assemblea; disposizione, questa, priva di ogni sanzione, in quanto si contempla un mero onere di comunicazione da parte del singolo nei confronti dell'amministratore, il quale, a sua volta, è tenuto esclusivamente ad informarne l'assemblea.  Nonostante tali aspetti, l'IA considera l'ordinanza del Tribunale di Milano con un'enorme rilevanza pratica per amministratori di condominio e avvocati. Difatti, ammette che “la strategia del condominio è stata manualistica: convocazione immediata dell'assemblea per formalizzare il dissenso, delibera di agire in giudizio e scelta del rito più efficace. È un monito per i singoli condomini: né una SCIA presentata al Comune né un'autorizzazione informale o pregressa possono scavalcare la volontà dell'assemblea e i limiti posti a tutela del decoro e della sicurezza, specialmente quando si interviene su strutture portanti”.

Alla luce del contesto formalizzato dall'IA, di seguito ulteriori approfondimenti sull'argomento.

La modificazione delle parti comuni per iniziative del singolo

Le modificazioni di un bene condominiale per iniziativa del singolo condomino sono lecite nelle sole ipotesi in cui esse, oltre a non comprometterne la stabilità, la sicurezza ed il decoro architettonico, ed a non alterare la destinazione del bene, non siano lesive dei diritti degli altri condomini relativi al godimento sia delle parti comuni interessate alla modificazione, sia delle parti di loro proprietà. Dunque, l'apertura, da parte di un condomino, di una porta di accesso al ballatoio comune mediante l'abbattimento del corrispondente tratto di muro perimetrale delimitante la proprietà del singolo appartamento, non costituisce abuso della cosa comune idoneo a ledere il compossesso esercitato dagli altri condomini tanto sul muro quanto sul ballatoio comune in quanto non incide in senso modificativo sulla normale destinazione del ballatoio stesso, che è tipicamente quella di disimpegno, di spazio atto a consentire la sosta e il riposo nonché a consentire il libero transito ai locali prospicienti (Trib. Napoli 6 dicembre 2004). Quindi, il principio della comproprietà dell'intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso, anche se muro maestro, tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini, a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell'esercizio dell'uso del muro - ovvero la facoltà di pari uso - e di non alterarne la normale destinazione e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità e il decoro architettonico del fabbricato condominiale. Il decoro architettonico che caratterizza la fisionomia dell'edificio condominiale è, dunque, un bene comune, il cui mantenimento è tutelato a “prescindere” dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare (Trib. Napoli 19 dicembre 2024, n. 4969).

Le modifiche all'assetto estetico integrano la tutela possessoria

Il decoro architettonico di un edificio costituisce una caratteristica essenziale dello stabile e, quindi, un elemento incidente, oltre che sul valore economico del bene, anche sul modo di godimento da parte del suo possessore, con la conseguenza che la modificazione dell'assetto estetico, comportando un'interferenza nel godimento del bene, può integrare un'indebita turbativa suscettibile di tutela possessoria (Cass. civ., sez. II, 22 giugno 1995, n. 7069). Con altro provvedimento, i giudici hanno ordinato al convenuto il ripristino dello stato dei luoghi mediante demolizione del manufatto, ritenendo prospettabile unicamente la molestia possessoria consistente nel turbamento del pacifico godimento dell'edificio condominiale attuato attraverso la realizzazione, ormai completa, di un intervento di recupero del sottotetto chiaramente incidente sul decoro architettonico ed estetico dell'edificio, tutelabile, ai sensi dell'art. 1170 c.c. (Trib. Milano 21 maggio 2015).

L'importanza della tutela preventiva

Perché sussista turbativa del possesso non è necessario che siano state poste in essere alterazioni fisiche attuali della situazione di fatto tutelabile, ma è sufficiente che l'altrui comportamento denunziato dal ricorrente, risulti idoneo a porre in pericolo o in dubbio il libero esercizio del possesso, di guisa che l'azione di manutenzione deve considerare utilmente esperita anche in “via preventiva”, ogniqualvolta sussista una minaccia di compromissione della preesistente situazione di fatto in ragione di un comportamento nel quale siano ravvisabili i presupposti logico e materiale di un possibile successivo ulteriore comportamento direttamente lesivo del possesso (Cass. civ., sez. II, 16 novembre 2000, n. 14868). Quindi, come sottolineato anche dal Tribunale di Milano con il provvedimento in commento, di fronte a iniziative unilaterali di un condomino che minacciano l'integrità delle parti comuni, l'azione possessoria è lo strumento più rapido e incisivo: permette di ottenere un provvedimento inibitorio in tempi brevi, basandosi sulla prova della molestia, che può essere anche solo potenziale.  

Riferimenti

Tarantino, Intelligenza artificiale: applicazioni innovative in condominio, in IUS Condominioelocazione.it, 28 aprile 2025.

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