Diritto a sopraelevare: è implicita la facoltà di apportare le modifiche necessarie alla scala comune
17 Giugno 2025
Massima Il condomino, il quale ha diritto di sopraelevare, ha facoltà di apportare le modifiche necessarie alla scala comune, mediante le indispensabili demolizioni e le successive ricostruzioni a livello più elevato. Il caso Entrambi i giudici di merito avevano respinto la domanda, proposta da alcuni condomini, volta ad ottenere l'accertamento del loro diritto di realizzare, nel vano scala condominiale, due ulteriori rampe, con pianerottolo intermedio, al fine di poter accedere ad un locale soffitta, originariamente avente accesso direttamente dall'appartamento dei suddetti attori, mediante una botola. In particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto che l'intervento, astrattamente rientrante nell'ambito della sopraelevazione - dovendosi far rientrare in quest'ultima non solo l'intervento che implica aumento dell'altezza dell'edificio, ma anche la trasformazione dei locali e delle volumetrie preesistenti - comportasse, tuttavia, un'innovazione della cosa comune, poiché la realizzazione delle due nuove rampe di scale implicava una “immutazione della destinazione originaria dello spazio comune”. I condomini, soccombenti in entrambi i gradi di giudizio, proponevano dunque ricorso per cassazione. La questione Si trattava di verificare se il giudice distrettuale avesse erroneamente ravvisato, nell'intervento realizzato e debitamente assentito dalle Autorità competenti, un illecito asservimento di parte della cosa comune a vantaggio esclusivo della loro proprietà individuale, con conseguente limitazione dei diritti degli altri condomini, atteso che i ricorrenti sostenevano, al contrario, che il recupero abitativo da essi eseguito avesse ad oggetto un sottotetto, in precedenza accessibile soltanto mediante una botola posta all'interno del loro appartamento, e che la CTU eseguita nel corso del giudizio di merito aveva accertato che la realizzazione di una nuova rampa di scale non pregiudicava l'utilizzo della colonna da parte degli altri partecipanti al condominio, né minava la sicurezza e la stabilità dell'edificio, né limitava l'illuminazione del vano scala dello stabile. Le soluzioni giuridiche I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondate le doglianze dei ricorrenti. Invero, la Corte di Appello aveva affermato, sul punto, che, “sulla base delle considerazioni svolte nell'atto di appello, e segnatamente sulla scorta delle circostanze evidenziate nella CTU - secondo cui, attraverso l'abbassamento del solaio della propria abitazione, gli attori avevano ampliato la volumetria del sottotetto, sia pure lasciando inalterata la conformazione esteriore dell'immobile - deve concludersi che, almeno in astratto, è possibile sostenere che si fosse in presenza dell'esercizio del diritto di sopraelevazione”, aggiungendo che “tale facoltà di sopraelevazione, essendovi più proprietari dell'ultimo piano, poteva anche essere esercitata singolarmente da ciascun condomino per la parte posta verticalmente al disopra della propria porzione di proprietà esclusiva quando questa fosse divisa e non in comunione pro indiviso”. Orbene, secondo gli ermellini, tale passaggio della motivazione, da un lato, contiene l'accertamento, in punto di fatto, che gli attori avevano realizzato, nel caso di specie, una sopraelevazione del loro immobile, e, dall'altro lato, esprime l'affermazione, in punto di diritto, della possibilità del suddetto intervento, poiché eseguita sullo spazio posto verticalmente al disopra della porzione di proprietà esclusiva degli odierni ricorrenti. Sulla base di tali premesse, la stessa Corte di Appello avrebbe dovuto, innanzitutto, verificare se la sopraelevazione fosse in concreto consentita sulla scorta di quanto disposto dall'art. 1127 c.c. e, in caso di risposta positiva al quesito, applicare il principio - che merita di essere qui ribadito - secondo cui “il condomino che ha diritto di sopraelevare ha facoltà di apportare le modifiche necessarie alla scala comune, mediante le indispensabili demolizioni e le successive ricostruzioni a livello più elevato” (così Cass. civ., sez. II, 9 dicembre 1980, n. 6362). Infatti, l'art. 1127 c.c., nel consentire al proprietario dell'ultimo piano di sopraelevare nuovi piani e nuove fabbriche, gli conferisce in modo implicito il diritto diprolungare in senso verticale le parti comuni dell'edificio, ivi comprese le scale, al fine di eseguire la nuova costruzione e di renderla praticabile (v., in tal senso, Cass. civ., sez. II, 22 ottobre 1976, n. 3763). Alla luce di tale principio - al quale i magistrati del Palazzaccio hanno dato continuità - si è rivelata erronea la statuizione con la quale la Corte territoriale aveva ravvisato, nel prolungamento della scala realizzato dagli attori, sic et simpliciter, una modifica della destinazione originaria dello spazio comune, per la cui esecuzione occorreva l'autorizzazione degli altri partecipanti al condominio, senza prima verificare, in concreto, se la sopraelevazione fosse da ritenersi lecita ai sensi dell'art. 1127 c.c. Infatti, il suddetto prolungamento - a fronte del previo accertamento di una legittima sopraelevazione - avrebbe potuto essere considerato in sé lecito, in quanto compreso implicitamente nella facoltà di sopraelevazione, trattandosi di opera necessaria a rendere praticabile la nuova fabbrica derivante dal medesimo prolungamento, in senso verticale, della proprietà esclusiva dell'autore della sopraelevazione. In definitiva, il ricorso per cassazione è stato accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa al giudice del merito, al quale è demandata anche la valutazione, da condurre in base alle evidenze acquisite agli atti di causa, dell'eventuale incidenza del prolungamento delle scale realizzato sulla fruibilità delle parti comuni dello stabile. Osservazioni La pronuncia in commento offre lo spunto per qualche considerazione sulle svariate modalità di realizzazione della sopraelevazione e sui connessi interventi edilizi che interessano il fabbricato in regime di condominio, alla luce delle pronunce, sia di legittimità che di merito, che si sono occupate di tale argomento (a ben vedere, alquanto datate ma sempre attuali). Invero, il titolare del diritto di sopraelevazione è titolare di ben determinat e facoltà e sottoposto a specifici obblighi , i quali, nel loro complesso, danno forma al relativo esercizio e ne individuano, al contempo, l'estensione ed i confini. In primo luogo - come ribadito, altresì, nella sentenza in commento - la realizzazione della sopraelevazione costituisce pieno ed esclusivo diritto del proprietario esclusivo del lastrico solare o dell'ultimo piano, e il suo esercizio non è affatto sottoposto ad autorizzazione preventiva dell'assemblea o al riconoscimento da parte degli altri condomini, i quali possono solo opporsi nei casi previsti dai commi 2 e 3 dell'art. 1127 c.c. (Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2000, n. 15504; Cass. civ., sez. II, 10 febbraio 1970, n. 338); parimenti, non è dovuta, da parte del titolare del diritto di sopraelevazione, la comunicazione dell'inizio delle operazioni di costruzione. Dal punto di vista quantitativo, il diritto di sopraelevazione non sembra, poi, limitato alla costruzione di un solo nuovo piano, nel senso che il diritto contemplato dall'art. 1127 c.c. può ben contemplare la realizzazione anche di più piani sovrapposti e, eventualmente, anche in tempi diversi; in assenza di apposita pattuizione, il diritto di sopraelevazione non è, quindi, limitato in altezza ed attribuisce al suo titolare la proprietà di tutti i piani sopraelevati (Cass. civ., sez. II, 13 febbraio 1993, n. 1844: nella specie, si trattava di una sopraelevazione di tre piani, anziché dell'unico prevedibile, ma non espressamente pattuito; Cass. civ., sez. II, 27 aprile 1961, n. 959, ad avviso della quale il diritto di sopraelevazione comprende la facoltà di costruire più piani anziché un solo piano). Si mostra, sul punto, del tutto isolata la posizione adottata da quella pronuncia (Cass. civ., sez. II, Cass., 12 dicembre 1975, n. 4078), che sostiene la tesi opposta, laddove afferma che il diritto di sopraelevazione spettante al proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare, a norma dell'art. 1127 c.c., è diverso dal diritto di superficie su edificio costruito o costruendo, attribuito ad un terzo dai condomini di quest'ultimo: infatti, mentre il primo incontra i limiti fissati dalla citata norma, il secondo è soggetto soltanto alle condizioni stabilite nel contratto Secondo l'impostazione prevalente, inoltre, è consentita anche una sopraelevazione solo parziale, rilevando, la parzialità, esclusivamente in ordine alla misura dell'entità della relativa indennità dovuta da chi ha assunto l'iniziativa; in altri termini, nella costruzione del nuovo piano, il condomino sopraelevante non sarebbe costretto a replicare esattamente la proiezione verticale del suo ultimo piano (o del suo lastrico solare esclusivo), ma ben potrebbe edificare secondo una ridotta superficie della proiezione stessa (Cass. civ., sez. II, 3 gennaio 1968, n. 28, secondo la quale è lecita la sopraelevazione che non si estenda a tutta la superficie del tetto dell'edificio, salvo che ne pregiudichi l'aspetto architettonico). Nel realizzare la sopraelevazione, il proprietario del lastrico solare o dell'ultimo piano ha, poi, il diritto di utilizzare tutte le parti comuni, siano esse in piena proprietà condominiale oppure meramente asservite al godimento comune (App. Venezia 27 marzo 1958, secondo la quale il diritto di sopraelevazione contiene in sé quello di utilizzare, per il servizio del nuovo piano, tutte le parti comuni dell'edificio, e quelle altre parti che, pur essendo di proprietà esclusiva di un solo condomino, già siano state destinate all'uso comune). Sempre riguardo alle parti comuni, il condomino che sopraeleva può apportare alle stesse tutte le modificazioni necessarie per l'attuazione pratica del suo diritto, e, in applicazione di tale principio, viene riconosciuta la facoltà di effettuare tutte le demolizioni e le ricostruzioni necessarie (la sentenza in commento si è occupata, in particolare, delle scale comuni; nella giurisprudenza di merito, si segnala Trib. Palermo, 8 marzo 1963, ad avviso del quale, sempre in esplicazione del suo diritto, al sopraelevante è consentito prolungare la scala comune fino alla nuova costruzione, trattandosi di una costruzione accessoria che si rende necessaria per la situazione dei luoghi). Allo stesso modo, il titolare del diritto di sopraelevazione può utilizzare i muri comuni aventi funzione portante a favore del costruendo nuovo piano; in quest'ordine di concetti, l'esercizio del diritto di sopraelevazione implica, come sua naturale esplicazione, non soltanto l'utilizzazione del muro perimetrale comune a livello del nuovo piano, ma anche l'apertura di varchi per l'accesso o l'uso di quelli già esistenti, essendo naturale funzione dei muri comuni non soltanto quella di sorreggere il fabbricato, ma anche quella di fornire di accessi gli appartamenti di proprietà individuale (Cass. civ., sez. II, 16 luglio 1968, n. 2574). In sede di sopraelevazione, è anche consentito demolire il tetto e, ove sia presente, anche la soffitta ad esso sottostante, con conseguente, ed ovvio, obbligo di ricostruzione; al riguardo, una pronuncia di merito (App. Genova 14 luglio 1950) ha affermato che il diritto di sopraelevazione implica, in particolare, quello di demolire il tetto e di appoggiarsi sull'ultimo soffitto orizzontale, sicché, se si tratta di edificio con il tetto inclinato, formante un locale o soffitta con il piano orizzontale sottostante, il proprietario dell'ultimo piano, sempre che il diritto di sopraelevazione competa a lui e non al proprietario della soffitta, è abilitato a sopprimere questa, salvo l'obbligo di provvedere, a sue cure e spese, alla costruzione di altra soffitta equivalente in occasione del rifacimento del tetto sopra il nuovo piano rialzato. In relazione alla struttura di copertura, si ritiene che il soggetto che sopraeleva abbia la facoltà di trasformare il tetto spiovente in lastrico solare o, anche in una terrazza, realizzando, al contempo, locali (mansarda o sottotetto) a suo servizio, prima non esistenti (Cass. civ., sez. II, 9 gennaio 1993, n. 146, la quale ribadisce che la realizzazione di una terrazza con una mansarda o sottotetto praticabile ad uso esclusivo del proprietario del piano adiacente in sostituzione del tetto preesistente rientra tra le facoltà previste dall'art. 1127 c.c.; in senso parzialmente difforme, v. Cass. civ., sez. II, 9 maggio 1983, n. 3199). Il condomino che sopraeleva ha l'obbligo di ricostruire al di sopra della sopraelevazione le parti comuni, ma può sostituire il precedente sistema di copertura (tetto) con un altro (lastrico solare), sempre che non rechi danno (Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 1968, n. 144); nel medesimo senso, si pongono alcune pronunce di merito, per le quali il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio, poiché titolare della facoltà di sopraelevare ex art. 1127 c.c., può anche trasformare il tetto spiovente di copertura del fabbricato in lastrico solare di uso esclusivo (App. Messina 18 novembre 1985; Trib. Roma 18 luglio 1962). Oltre alle strutture portanti e di servizio, il titolare del diritto di sopraelevazione può utilizzare gli impianti comuni estendendone la funzionalità alla nuova costruzione; ad esempio, riguardo all'impianto di scarico, si è precisato che il sopraedificante è legittimato, come ogni condomino, ad apportare alla cosa comune le modificazioni necessarie al miglior godimento di essa, anche se attuate in vista dell'esercizio del diritto di sopraelevazione (Cass. civ., sez. II, 9 luglio 1973, n. 1981). Parallelamente all'insieme di diritti come sopra delineati, il condomino che sopraeleva è tenuto al rispetto di ben determinati obblighi. Innanzitutto, tale soggetto è tenuto a non sacrificare in alcun modo i diritti degli altri condomini: in tale prospettiva, si afferma che la sopraelevazione debba essere realizzata considerando, quale sua estensione massima in senso orizzontale, la proiezione della porzione dell'ultimo piano o del lastrico solare, nel senso che il perimetro di tali porzioni costituisce il limite estremo del perimetro della realizzanda sopraelevazione, sicché al condomino che sopraeleva non è consentito occupare la colonna d'aria corrispondente (non alla sua proprietà) ma, per esempio, ai vani comuni. Infatti, in tema di limiti spaziali, il diritto di sopraelevazione, concesso dall'art. 1127 c.c. al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale, è commisurato alla proprietà esclusiva dell'ultimo piano dell'edificio stesso, conseguendone che, se l'appartamento sito all'ultimo piano confini con il vano della scala comune anche al proprietario di un appartamento sito su una verticale diversa, colui che sopraeleva non può occupare con la sua opera anche l'area di detto vano, salvo che non risulti diversamente dal titolo (Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 1979, n. 669). Sempre nella medesima ottica, il soggetto che ha assunto la suddetta iniziativa è obbligato a ricostruire, con le stesse caratteristiche preesistenti, i locali comuni eventualmente demoliti in sede di costruzione del nuovo piano; a tale proposito, la giurisprudenza di merito ha avuto modo di precisare che chi esegue la sopraelevazione ha l'obbligo di ripristinare sulla nuova superficie da lui costruita la situazione precedentemente sussistente a favore del condominio e, quindi, è tenuto a ricostruire non solo il lastrico ma anche i locali adibiti ad uso comune (Trib. Roma 27 marzo 1958). L'art. 1127 c.c. riconosce, in capo al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio o al proprietario esclusivo del lastrico solare, il diritto di elevare nuovi piani o nuove fabbriche, ma chi si avvale di tale diritto, se utilizza per la sopraelevazione fabbriche già esistenti di proprietà comune o esclusiva di altri condomini, è tenuto a ricostituire la loro proprietà sulle fabbriche di nuova costruzione, corrispondenti nella loro consistenza a quelle che ha utilizzate; così, per espressa disposizione dell'ultimo comma del citato art. 1127 c.c., chi fa la sopraelevazione deve ricostruire il lastrico solare, di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare; in pratica, il diritto di sopraelevazione non comprende anche il diritto di espropriare definitivamente gli altri condomini dei loro diritti sulle fabbriche esistenti, che possano essere utilizzate per la sopraelevazione, neppure corrispondendo loro un'adeguata indennità (App. Torino 16 febbraio 1955). Tale obbligo vale, in particolare, anche per i locali nei quali sono installati i serbatoi di acqua, i quali devono essere ricostruiti dal condomino che sopraeleva ripristinando, al contempo, la medesima preesistente servitù di passaggio necessaria per accedervi (Trib. Roma 24 maggio 1960). Parimenti, per chi sopraeleva, resta l'obbligo di ricostruire la copertura dell'edificio (eventualmente demolita in sede di costruzione del nuovo piano) secondo le medesime funzionalità preesistenti; pertanto, se il preesistente lastrico solare di copertura era accessibile e destinato al godimento di tutti i condomini, tale situazione deve essere conservata anche a seguito della sopraelevazione. A tale proposito, la Suprema Corte ha sostenuto che è illegittima la sopraelevazione dell'ultimo piano dell'edificio condominiale quando il lastrico solare ricostruito da chi ha effettuato la sopraelevazione non sia accessibile ai condomini (in relazione alle necessità derivanti dalla sua specifica funzione) direttamente dalle scale, come lo era il lastrico preesistente, ma soltanto passando attraverso locali di proprietà esclusiva facenti parte del nuovo piano (Cass. civ., sez. II, 15 marzo 1976, n. 939). Anche le altre strutture comuni vanno ricostruite secondo le preesistenti utilità fornite agli altri condomini; sul punto, si è anticipato che il diritto di sopraelevazione comprende il diritto di prolungare la scala comune, ma gli altri condomini hanno il diritto - di natura personale e prescrittibile nel termine di dieci anni dall'ultimazione della costruzione - a che la nuova rampa di scala sia costruita secondo le caratteristiche delle rampe preesistenti (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 1973, n. 2436). Nel particolare caso, poi, che la ricostruzione dei beni o degli impianti comuni effettuata dal condomino che sopraeleva comporti un ampliamento delle utilità dagli stessi fornite, queste sono automaticamente acquisite a favore di tutti i condomini; infatti, se la modificazione apportata dal titolare del diritto di sopraelevazione al tetto comune e la trasformazione di questo in lastrico solare comporti la possibilità di un godimento maggiore rispetto alla cosa originaria, tutti i condomini acquisiscono il diritto di usufruire di talegodimento, poiché nessuno di costoro va escluso dalla maggiore utilizzazione (Cass. civ., sez. II, 10 maggio 1967, n. 1263; App. Firenze 1° marzo 1966). Riferimenti Tamburro, La sottile distinzione tra “sopraelevazione”, “uso della cosa comune” e “innovazione”. Un caso senza precedenti: l'altana, in Arch. loc. e cond., 2013, 709; Coscetti, La nozione di sopraelevazione nelle pronunce giurisprudenziali, in Riv. giur. edil., 2010, I, 85; De Franceschi, Il diritto di sopraelevazione degli edifici in condominio, in Studium iuris, 2009, 992; Salciarini, in Celeste - Salciarini, I beni comuni. L'individuazione e l'utilizzazione, Milano, 2009; Decristina, Il diritto di sopraelevazione nel condominio: un punto sulla situazione attuale, in Riv. giur. edil., 2005, I, 1133; Cocchiara, La sopraelevazione degli edifici in condominio, in Rass. loc. e cond., 2000, 232; Givri, Questioni in tema di sopraelevazione, in Riv. giur. edil., 1999, I, 442; Nicoletti, Le innovazioni e la sopraelevazione nel condominio, Padova, 1996; De Tilla, Soprelevazione: questioni controverse, in Giust. civ., 1992, I, 2773; Bianco, Sopraelevazione, in Nuova giur. civ. comm., 1988, I, 515. |