Una questione di metodo: l’individuazione delle responsabilità penali nella tragedia dell’hotel “Rigopiano”
13 Giugno 2025
Massime La Sesta Sezione penale ha affermato che, nell’individuare le posizioni di garanzia nelle organizzazioni complesse, il giudice, per decodificare i reali assetti del potere decisionale, è tenuto a valutare l’attribuzione legislativa dei ruoli anche alla luce delle necessarie interazioni operative che le strutture realizzano al proprio interno (in motivazione, la Corte ha altresì affermato che, per tale ragione, la posizione di garanzia non può delimitare ex se, in modo stringente, l’area di rilevanza penale, potendo e dovendo essere assegnato tale obiettivo alla successiva, concorrente e rigorosa indagine sulla colpa). Inoltre, in tema di responsabilità colposa, ha affermato che gli eventi “imprevisti”, a realizzazione istantanea od immediata, diversamente dagli eventi “con preavviso”, non essendo preceduti da segnali, possono essere prevenuti o attenuati solo con l’adozione di cautele da assumere con largo anticipo, sicché solo queste ultime rileveranno ai fini del giudizio sulla colpa (fattispecie relativa alla morte e alle lesioni di ospiti e dipendenti di un hotel, determinate da una valanga, in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione che aveva escluso la responsabilità dei funzionari del Servizio di prevenzione della Regione per non aver redatto la carta di localizzazione del pericolo di valanghe). Ancora, in tema di colpa generica, ha affermato che il giudizio di prevedibilità, da formulare con valutazione ex ante, consiste non nella mera possibilità materiale di immaginare ciò che è naturalisticamente possibile, ma nell’obbligo di pronosticare un evento che abbia una probabilità statisticamente rilevante di verificarsi. Il caso Il 18 gennaio 2017, una valanga si staccò dal monte Siella e colpì l’hotel “Rigopiano”, causando la morte di 29 persone e il ferimento di altre 9. La valanga fu favorita da un periodo di intenso maltempo e da abbondanti nevicate che avevano reso impercorribile l’unica via di fuga. Le accuse: il Pubblico Ministero contestò vari reati, tra cui omicidio colposo, lesioni colpose, crollo colposo di costruzioni, abuso d’ufficio, falso ideologico e depistaggio. Le contestazioni furono rivolte a funzionari della Regione Abruzzo, sindaci del Comune di Farindola, responsabili dell’ufficio tecnico comunale, gestori e tecnici dell’albergo, il Presidente della Provincia di Pescara, dirigenti e funzionari di tale ente, il Prefetto di Pescara e altri funzionari della Prefettura. Al termine del processo di primo grado,il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Pescara, con sentenza del 23 febbraio 2023, dichiarò colpevoli alcuni imputati e ne assolse altri per insussistenza del fatto o per non averlo commesso. La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 14 febbraio 2024, accolse parzialmente gli appelli proposti dal Pubblico Ministero e da alcuni degli imputati, condannando alcuni imputati, assolvendone altri e confermando le restanti statuizioni. Successivamente, il Procuratore generale impugnò i capi della sentenza che avevano confermato le statuizioni assolutorie intervenute in primo grado, denunciandone la contrarietà alla legge e il vizio della motivazione. Un punto centrale del ricorso riguarda l’assoluzione dei dirigenti della Regione Abruzzo dall’accusa di non aver predisposto la Carta di localizzazione dei pericoli da valanga (CLPV). Il Procuratore generale sostiene che il Servizio regionale di protezione civile aveva l’obbligo di pianificazione e che i dirigenti avevano una posizione di garanzia, con il potere-dovere di sollecitare il CO.RE.NE.VA. (Comitato tecnico regionale per lo studio della neve e delle valanghe) per l’adozione della CLPV. Il ricorso contesta anche l’esclusione del nesso di causalità tra la mancata adozione della CLPV e gli eventi delittuosi, nonché la prevedibilità della valanga del 2017. La sentenza della Corte Suprema di Cassazione, in sintesi estrema, si concentra sull'analisi delle responsabilità penali nel contesto della tragedia di Rigopiano, con particolare attenzione al ruolo della Regione Abruzzo nella prevenzione del rischio valanghe. Il provvedimento affronta le complesse questioni giuridiche e tecniche legate alla valutazione delle condotte omissive e alla prova dell’elemento soggettivo. La questione Tra le varie tematiche approfondite nella pronuncia, se ne segnalano in particolare quattro. Esistono particolari regole cautelari da adottare per prevenire o attenuare eventi che si verificano senza preavviso? In che modo deve essere articolato il giudizio di prevedibilità di eventi catastrofali? Infine, quali sono i contenuti e i limiti della posizione di garanzia nelle organizzazioni complesse ai fini dell’impedimento dell’evento? Basta la violazione di una regola cautelare per affermare la colpa? Le soluzioni giuridiche La Corte di cassazione riprende la distinzione tra “eventi con preavviso” ed “eventi imprevisti”, introdotta da Cass. pen., sez. IV, 28 febbraio 2019, n. 16029: i primi riguardano disastri la cui verificazione è preannunciata da segnali e/o si protrae nel tempo secondo vari gradi di progressivo approfondimento; i secondi non sono preceduti da segnali e si verificano in modo istantaneo e immediato, senza accumulo di eventi intermedi. Per prevenire gli eventi imprevisti, esiste una sola ricetta: anticipare di molto, rispetto alla produzione dell'evento non voluto, in sede legislativa e amministrativa, la programmazione di misure in grado di azzerare o diminuire il rischio. Ne segue, qualora il disastro sia naturalisticamente “istantaneo” – come nel caso di specie – e non sia anticipato da precursori, che il giudice dovrà volgere l'analisi a un intervallo temporale anche remoto, occupato dalle scelte in materia di preventiva gestione del rischio di un evento imprevisto. Queste scelte avrebbero dovuto condurre la politica e l'amministrazione – la Regione Abruzzo – a catalogare Rigopiano come luogo a rischio valanghivo. In particolare, i funzionari della Regione – contrariamente a quanto ritenuto nei giudizi di merito – sono stati riconosciuti titolari di una posizione di garanzia avente a oggetto il dovere di esercizio di poteri non realmente impeditivi dell'evento, bensì sollecitatori, mediati, indiretti, del tipo di quelli che caratterizzano le relazioni, i flussi informativi e la segregazione delle funzioni all'interno delle organizzazioni complesse. Una posizione di garanzia ricavabile tanto sulla base di appigli normativi (legge regionale n. 47/1992; disciplina in materia di Protezione civile), quanto sul versante funzionale/sostanziale, in ragione del “contatto qualificato” tra i funzionari della Regione e la gestione del rischio valanghivo, nutrito dalle conoscenze, dalle risorse e dai poteri decisionali a loro disposizione. Quanto alla definizione della colpa, la classificazione della valanga come evento imprevisto comporta che l'individuazione delle regole cautelari non si concentri sulla gestione dell'emergenza, bensì retroagisca a una fase anteriore, caratterizzata dalla pianificazione delle misure preventive. In particolare, l'obbligo cautelare violato risiede nella mancata redazione della CLPV per tutta l'area della Regione a potenziale rischio valanga, ossia l'intero territorio montuoso abruzzese. Un caso di colpa specifica, atteso che la redazione della Carta era imposta dalla legge regionale. Un caso di colpa modale, poiché la regola prefigurava flussi informativi e procedure che i garanti avrebbero dovuto impiegare per la gestione del rischio valanghivo. Ma anche una sorta di “peccato originale”, perché l'inadempimento ha determinato – a cascata – l'impossibilità di attivare adeguati interventi di messa in sicurezza. Dalla violazione della cautela alla concretizzazione del rischio il passo è breve: l'inserimento di Rigopiano nella “zona rossa” avrebbe reso più agevole sia per i funzionari regionali sia per gli organi di Protezione civile la percezione del pericolo (prevedibilità) e il tempestivo dispiegamento delle attività volte a scongiurare le conseguenze della valanga ai danni degli ospiti dell'Hotel (evitabilità). Sempre sul terreno della colpa, con riferimento alla posizione del sindaco di Farindola, la Cassazione torna sul tema della prevedibilità della valanga, ma lo declina sul versante della colpa generica, non disponendo di una regola cautelare positivizzata. Il Collegio sottolinea come il carattere normativo della colpa presupponga che la regola cautelare preesista alla condotta dell'agente, a riprova che la colpa deve essere oggetto di una valutazione ex ante che bandisca il senno del poi dalle regole di giudizio. La preesistenza della cautela doverosa sussiste solo se il garante possa contare sulla «sedimentazione del giudizio in ordine alla prevedibilità dell'evento», attraverso la conoscenza della probabilità scientifico-statistica della sua verificazione, «e non certo (attraverso) la capacità di immaginazione individuale». Qualora l'evento risulti solo “possibile”, il rimprovero colposo potrà essere elevato a condizione che i reali segnali di allerta – gli Anlass - rendano pienamente riconoscibile il pericolo: i “bollettini Meteomont” non stati ritenuti idonei a fondare l'esistenza dell'elemento psicologico in capo al primo cittadino. Secondo il Collegio, alla prevedibilità nel diritto penale va agganciato il qualificativo “robusta”: non ci si può accontentare di una mera possibilità materiale, occorre che l'obbligo di prevedere venga costruito su una un'adeguata base giustificativa di tipo scientifico, il cui ingresso nel processo avverrà seguendo i dettami fissati da Cass. pen., sez. IV, 17 settembre 2010, n. 43786. Il giudizio sulla colpa andrà svolto dai giudici di merito seguendo una precisa scansione. Alla prova della c.d. misura oggettiva della colpa, imperniata sulla prevedibilità dell'evento e da incardinare nel consueto parametro dell'homo eiusdem condicionis et professionis, seguirà la considerazione delle eventuali maggiori conoscenze o capacità dell'agente concreto. Sarà quindi il turno del giudizio sull'evitabilità dell'evento, per comprendere se l'osservanza del comportamento alternativo doveroso ne avrebbe impedito il verificarsi. Infine, il rispetto del principio di colpevolezza impone che ci si soffermi sulla concreta esigibilità della condotta conforme al dovere cautelare. Ergo: una volta acclarato che la violazione della regola cautelare ha dispiegato un ruolo causale rispetto all'evento, i giudici del rinvio dovranno volgersi ad apprezzare la capacità degli imputati di osservare la regola preventiva nel contesto operativo. Si fa strada il tema dell'esigibilità, che imporrà di esaminare, per ciascuno degli imputati e in ragione del ruolo assunto, le reali possibilità di adempiere alle cautele prescritte dalla legge n. 47/1992 (colpa specifica) o a quelle desumibili alla stregua del comportamento dell'homo eiusdem (colpa generica). Osservazioni La sentenza si fa apprezzare perché contiene importanti caveat sulla metodica di accertamento della colpa e sui contenuti delle posizioni di garanzia nelle organizzazioni complesse. Quanto alle argomentazioni in punto di elemento soggettivo, merita di essere sottolineata, oltre alla significativa valorizzazione dell'esigibilità, la difesa del criterio dell'homo eiusdem quale parametro di verifica della colpa generica, che in altre pronunce della Corte era stato contestato (Cass., sez. IV, 8 gennaio 2021, n. 32899). Analogo plauso va rivolto alle coraggiose notazioni in tema di euristiche che possono inficiare il giudizio e di caccia al capro espiatorio organizzativo, soprattutto a fronte di immani tragedie che scuotono la coscienza collettiva fino ad appannare le garanzie allestite da uno stato di diritto a tutela di indagati e imputati. La Corte evita di misurarsi direttamente con la sentenza di Sarno sul tema della prevedibilità, chiosando che le decisioni trattano eventi diversi (Cass., sez. IV, 3 maggio 2010, n. 16761). La richiesta di una prevedibilità robusta, però, suffragata da una base scientifica forte, se non schiude l'orizzonte della prevedibilità in concreto – fortemente auspicabile – certo mette in discussione l'ambiguo criterio della prevedibilità in astratto, che avvicina molto il pronostico ai lidi della responsabilità oggettiva. La prevedibilità sarà tanto più robusta quanto maggiore sarà la probabilità statisticamente rilevante del verificarsi di un evento. A tale scopo, come avviene per la prova della causalità, la piattaforma scientifica dovrà necessariamente reagire con la cornice situazionale nella quale esperire il giudizio di prevedibilità. Nel caso di Sarno, il principio di precauzione aveva condotto la Cassazione a ritenere doverosa la previsione dell'imprevedibile: al garante che opera in prima linea non è concesso di escludere l'eccezionale. Nel caso di Rigopiano, il Collegio opera una “caratterizzazione del sito” con riferimento alla posizione del sindaco di Farindola: memore che la colpa si accerta in concreto, senza presunzioni, ricostruisce le informazioni a disposizione, le tempistiche, gli scenari, e cala l'homo eiusdem nella condicio del sindaco in carne e ossa, valorizzando il contesto nel quale doveva esperirsi la valutazione circa la prevedibilità dell'evento. Non meno interessanti sono le considerazioni che riguardano i dirigenti regionali: la partita delle responsabilità si sposta sul campo da gioco politico-amministrativo. I soggetti apicali vantano responsabilità di impulso, indirizzo e programmazione che si colorano di penalità in caso di inerzia. Resta peraltro da capire l'esito del ragionamento controfattuale sotteso al test sulla c.d. causalità della colpa: quali elementi esistono per puntellare l'efficacia del comportamento alternativo doveroso? Siamo sicuri che, qualora avessero adempiuto all'obbligo di redigere la CLPV, essa avrebbe contenuto il sito di Rigopiano? Gli interrogativi puntano a conferire risalto a una constatazione comune nelle organizzazioni complesse: più il decisore è lontano dal luogo sul quale si proiettano le conseguenze della decisione e meno è nelle condizioni di percepire i segnali di allarme che provengono dal “fronte” e di avvertire la pressione delle responsabilità che solo chi vive e gestisce la ‘prima linea' conosce. Un'altra criticità concerne l'argomentazione sottesa ai contenuti delle posizioni di garanzia. L'art. 40 comma 2 c.p. rischia di essere obliterato dal diritto vivente. L'impedimento dell'evento viene abbandonato come elemento della struttura del dovere e la combinazione normativa tra fattispecie di parte speciale e clausola di equivalenza finisce per condurre alla incriminazione di un reato di pericolo, anziché di un reato di evento. I principi di legalità, di personalità della responsabilità penale e di proporzione entrano in uno stato di fibrillazione. La Cassazione ritiene di valorizzare - in luogo dei poteri direttamente impeditivi - poteri c.d. sollecitatori, mediati, indiretti. Poteri di raccordo, di stimolo, di organizzazione. Lo imporrebbe il contesto, il muoversi dei soggetti all'interno di realtà complesse, contrassegnate da molteplici interazioni operative, dove tutto fluttua, dove nessuno dispone del potere decisivo, ma di porzioni che – autonomamente considerate – assomigliano ad anelli di una catena, da soli incapaci di causare l'evento. Configurazione suggestiva, ma smentita dal dato normativo: l'art. 40 comma 2 àncora l'impedimento a un obbligo giuridico funzionale al risultato. Il corrispettivo potere non potrà che esprimere contenuti forti, diretti alla meta preventiva. Equiparare poteri minori, dai confini mobili, ritenendo che il loro mancato esercizio vada inserito in una rete di interazioni materiali e psichiche, tutta da decifrare, dà vita a una interpretazione analogica in malam partem che, in assenza di un espresso intervento legislativo, non può essere accettata. Lo statuto di garanzie che circonda il fatto si nutre di certezza e precisione, non ammette garanti “liquidi” o “gassosi”. La stessa Cassazione sembra avvedersi del pericolo. La soluzione cui perviene – riconoscimento della posizione di garanzia e della colpa specifica, apertura all'esigibilità – sa di compromesso che potrebbe condurre a future pronunce liberatorie. Non è solo l'ombra della prescrizione a incombere. Una decisione che ritaglia una quota di responsabilità intorno a una posizione di garanzia flou, salvo poi ammettere che l'adempimento della cautela nel caso concreto era inesigibile, propizia verdetti di proscioglimento perché il fatto non costituisce reato, mantenendo intatta la sfera risarcitoria. La chiamano giustizia materiale o equità, ma la soluzione rischia di lasciare insoddisfatte vittime e imputati: gli uni, costretti a pagare, anche se la posizione di garanzia non può essere loro correttamente ascritta; le altre destinate forse a ottenere un ristoro economico, che lenirà in minima parte - a distanza di anni – lo strazio di perdite improvvise e traumatiche. |