Rapporto tra procedure esecutive immobiliari e liquidazione giudiziale alla luce dell’art. 41 T.U.B.

18 Giugno 2025

Nel presente focus ci si chiede se il particolare “privilegio” riconosciuto ai creditori fondiari possa ritenersi tutt’ora vigente anche a seguito della entrata in vigore del Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, ovvero se debba ritenersi relegato unicamente alle procedure concorsuali disciplinate sulla base della previgente normativa.

Il quadro normativo

Ordinariamente, l’avvio di una procedura concorsuale - ci si riferisce, in particolare, a quella di fallimento (ora procedura di liquidazione giudiziale) - ha l’effetto di neutralizzare la prosecuzione delle esecuzioni individuali, al precipuo scopo di preservare la par condicio creditorum, spostando in sede concorsuale tutte le attività finalizzate alla verifica dello stato passivo, nonché all’individuazione dell’attivo, alla sua liquidazione e alla distribuzione del ricavato tra i diversi creditori, sulla base dei titoli di prelazione.

L’art. 41 T.U.B. (d.lgs. n. 385/1993) introduce, tuttavia, una eccezione in favore dei creditori fondiari, consentendo, in presenza di tale particolare tipologia di crediti, la prosecuzione delle esecuzioni individuali già avviate.

Resta da chiedersi se tale assetto dei rapporti tra fallimento (ora liquidazione giudiziale) e procedura esecutiva individuale possa ritenersi confermato a seguito della entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza.

A questo scopo, può essere utile prendere le mosse da una rapida rassegna delle principali disposizioni di riferimento.

Giova premettere, però, ancor prima di addentrarsi nell’illustrazione delle principali norme di riferimento, che una interferenza fra procedure esecutive individuali e procedura di fallimento è, in qualche modo, inevitabile: entrambe, infatti, mirano a soddisfare i crediti vantati nei confronti del debitore, mediante la liquidazione del patrimonio di quest’ultimo; tuttavia, mentre la procedura esecutiva individuale, ossia una di quelle disciplinate dal libro terzo del Codice di Procedura Civile, si preoccupa, nel compiere tale attività, solo di preservare la par condicio creditorum all’interno della procedura esecutiva stessa (ossia con riferimento al creditore procedente e agli altri creditori eventualmente intervenuti nella medesima), la procedura concorsuale mira a preservare tale par condicio in termini più ampi, con riferimento cioè a tutte le posizioni creditorie vantate nei confronti del soggetto sottoposto alla procedura concorsuale.

Ebbene, nella disciplina che veniva dettata in tema di fallimento (ma anche di concordato preventivo e di liquidazione coatta amministrativa) dal r.d. n. 267/1942, la idoneità della apertura della procedura concorsuale a neutralizzare gli effetti delle procedure esecutive individuali veniva sancita da una espressa previsione.

E così, l’art. 51 l. fall. prevedeva che “salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento”.

Da ciò, discendeva la impossibilità, “salvo diversa disposizione di legge”, di introdurre nuove procedure esecutive individuali successivamente alla dichiarazione di fallimento e la dichiarazione di “improcedibilità” delle esecuzioni individuali in corso al momento dell’apertura della procedura di fallimento.

Restava, comunque, salva la facoltà della procedura concorsuale, in presenza di una procedura esecutiva pendente al momento della dichiarazione di fallimento, di subentrare nella procedura stessa, ai sensi dell’art. 107 l.fall., per vedersi assegnare quanto ricavato dalla procedura.

L'art. 41 T.U.B. e il fallimento

Si accennava, poc’anzi, come l’art. 51 l.fall., nel sancire l’improseguibilità delle azioni esecutive individuali successivamente alla dichiarazione di fallimento, facesse salva l’ipotesi di espresse deroghe previste dalla legge.

Una importante deroga, in particolare, era costituita dall’art. 41 del d.lgs. n. 385/1993.

Tale disposizione contiene una serie di previsioni di favore per il creditore fondiario che sia presente in una procedura esecutiva individuale.

In particolare, laddove si verta in materia di crediti fondiari (ossia, ai sensi dell’art. 38 T.U.B., di crediti nascenti da finanziamenti a medio o lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado e connotati da un limite di finanziabilità in rapporto al valore del bene), il comma due dell’art. 41 T.U.B. prevede, al suo primo periodo, che: “l'azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore”.

Tale disposizione, sotto il vigore del previgente assetto normativo disciplinante la materia del fallimento (il già citato r.d. n. 267/1942), veniva interpretata nel senso che la procedura esecutiva immobiliare, in presenza di un creditore fondiario, ben potesse avere seguito anche successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore, restando onere della procedura concorsuale intervenire nella procedura esecutiva per concorrere alla distribuzione di quanto ricavato all’esito della distribuzione delle somme in favore del creditore fondiario.

Restava inteso, peraltro, che da tale possibilità di dare seguito alla procedura esecutiva immobiliare non discendeva affatto la paralisi del fallimento e neppure delle attività liquidatorie, in sede concorsuale, concernenti il bene sottoposto a pignoramento, sorgendo piuttosto la necessità di coordinare la permanenza delle due procedure, attribuendo priorità, in sede liquidatoria, al criterio della prevenzione (ossia risolvendo il concorso tra le due attività liquidatorie sulla base della anteriorità del provvedimento che dispone la vendita: si veda, sul punto, Cass. civ. n. 18436/2011).

Permaneva, inoltre, anche con riguardo ai crediti esentati dal divieto di cui all’art. 51 l.fall. (ossia a quei crediti che potevano essere soddisfatti in sede di esecuzione immobiliare), la necessità di sottoporre il credito fondiario ad accertamento da parte degli organi del fallimento.

Il rapporto tra procedura esecutiva individuale e procedura di liquidazione giudiziale

Occorre chiedersi, a questo punto, se l’assetto così tratteggiato dei rapporti fra procedura di liquidazione giudiziale e procedure esecutive immobiliari, allorché vengano in rilievo crediti fondiari, possa ricostruirsi negli anzidetti termini anche con riferimento alla disciplina introdotta dal Codice della Crisi di Impresa e della Insolvenza (d.lgs. n. 14/2019), applicabile alle procedure introdotte in forza di istanze depositate a far data dal 15.7.2022.

Si tratta di questione evidentemente complessa, che meriterebbe un più ampio approfondimento, apparendo opportuno, nella presente sede, limitarsi a tratteggiare i tratti essenziali di tale rapporto, come emergono dalla disciplina di recente introdotta.

L’art. 150 del Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza (d’ora in avanti anche CCII), rubricato “divieto di azioni esecutive e cautelari individuali”, trattando degli effetti dell’apertura della liquidazione giudiziale, prevede che “salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per crediti maturati durante la liquidazione giudiziale, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura”.

Una previsione normativa, dunque, sovrapponibile, nel suo contenuto, a quella già contenuta nell’art. 51 l.fall., in precedenza citato.

Ne discende che anche con riguardo alle procedure esecutive pendenti all’apertura della procedura di liquidazione giudiziale soggetta alla disciplina del CCII dovrebbe trovare applicazione l’improcedibilità delle medesime, fatta salva l’esistenza di “diversa disposizione di legge”.

Non agevole, poi, ricostruire il rapporto fra procedure esecutive immobiliari individuali e procedure di liquidazione giudiziale, con specifico riguardo ai crediti fondiari fatti valere nel corso delle stesse, atteso che il testo dell’art. 41 T.U.B. non risulta coordinato con la novellata disciplina in tema crisi di impresa e di insolvenza.

In particolare, occorre chiedersi se la possibilità, laddove vengano in rilievo crediti fondiari, di dare seguito alle procedure esecutive immobiliari pendenti al momento dell’apertura della procedura concorsuale, possa ravvisarsi anche con riguardo alle procedure di liquidazione giudiziale disciplinate dal CCII.

E’ stato osservato, a riguardo, come il secondo comma dell’art. 41 T.U.B. faccia riferimento unicamente alla procedura di fallimento e non, dunque, a quella di liquidazione giudiziale, ulteriormente evidenziando come tra le finalità perseguite con la legge delega all’origine del d.lgs. n. 14/2019 (si veda l’art. 7, comma 4, della legge delega n. 155/2017) vi fosse anche il superamento delle disposizioni che consentono esecuzioni speciali e previlegi processuali in favore di creditori fondiari.

Da tali premesse alcuni interpreti hanno tratto la conclusione che debba ritenersi quanto meno dubbia la applicabilità del secondo comma dell’art. 41 T.U.B. alle procedure di liquidazione giudiziale.

Sul punto è recentemente intervenuta la Cassazione, con una pronuncia nella quale, dopo una attenta disamina delle principali questioni interpretative delle quali si è fatto cenno, è giunta alla conclusione che “l'interpretazione che ammette l'operatività del privilegio fondiario anche nella liquidazione giudiziale va preferita perché conforme all'espressa previsione normativa” (Cass. civ. n. 22914/2024).

Nella menzionata sentenza viene segnalato come l’art. 349 CCII abbia introdotto una automatica sostituzione alla espressione “fallimento”, della espressione “liquidazione giudiziale”, ulteriormente evidenziando come il mancato rispetto, in sede di attuazione della delega, delle indicazioni contenute all’interno della legge delega potrà, al più, essere fatto valere con gli idonei strumenti messi a disposizione dall’ordinamento.

Deve allora ritenersi, alla luce di quanto precede, che non appaia dubbia, allo stato, l’applicabilità della citata previsione del secondo comma dell’art. 41 T.U.B. anche alle procedure di liquidazione giudiziale disciplinate dal Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza.

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