La mediazione delegata costituisce condizione di procedibilità della domanda
Roberta Metafora
17 Giugno 2025
Con l'ordinanza in commento, il Tribunale di Ivrea ribadisce il principio già affermato in passato dalla Cassazione, secondo cui ove l’esperimento del procedimento di mediazione sia stato demandato dal giudice, la sua mancata attivazione determina l’improcedibilità della domanda giudiziale, anche laddove la controversia non rientri tra quelle soggette “ex lege” al tentativo obbligatorio di mediazione.
Massima
Nel caso della mediazione c.d. “delegata”, l'obbligatorietà della mediazione non deriva dall'oggetto/materia della controversia, ma da una valutazione operata dal giudice in relazione alla potenziale “mediabilità” della lite, con la conseguenza che, una volta disposta dal giudice, essa costituisce un obbligo per le parti, con la conseguenza che la sua mancata attivazione entro il termine dell'udienza di rinvio fissata per verifica dell'esito conciliativo determina l’improcedibilità della domanda proposta.
La fattispecie
Proposto appello avverso una sentenza del giudice di pace per il solo capo relativo alle spese, il giudice adito, rilevato che la controversia aveva natura documentale e non aveva alcuna complessità di principi giuridici da applicarsi tanto da ritenere «altamente prevedibile l'esito della lite», onerava la parte appellante ad instaurare il procedimento di mediazione ai sensi dell’art. 5-quater d.lgs. n. 28/2010, fissando all’uopo udienza di rinvio da svolgersi con modalità cartolare ai sensi dell’art. 127-ter c.p.c. per la verifica dell’esito conciliativo. Nelle note scritte sostitutive dell’udienza, parte appellante dava atto dell’avveramento della condizione di procedibilità, sostenendo di aver attivato una procedura di conciliazione in materia di telecomunicazioni.
La questione affrontata
Così ricostruita la fattispecie posta alla sua attenzione, il giudice adito esamina preliminarmente la questione relativa alla possibilità di configurare la mediazione delegata quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010.
Stando al comma 2 dell’art. 5-quater d.lgs. n. 28/2010, «la mediazione demandata dal giudice è condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Si applica l'articolo 5, commi 4, 5 e 6». Dunque, il giudice, nel momento in cui decide di demandare le parti in mediazione, rende quest’ultima obbligatoria, con la conseguenza che il mancato esperimento della stessa rende improcedibile il processo ai sensi dell’art. 5-quater, comma 3, d.lgs. n. 28/2010.
Tale conclusione, oggi espressamente prevista dal testo del nuovo art. 5-quater citato, era invero desumibile già durante la precedente formulazione della norma, prevalendo in dottrina ed in giurisprudenza l’idea secondo cui il giudice aveva il potere di ordinare l’avvio del tentativo di mediazione anche laddove esso fosse stato già esperito ante causam ed esso fosse fallito e ciò tanto nelle materie soggette a condizione di procedibilità, quanto in quelle non rientranti nell’art. 5 d.lgs. n. 28/2010, sempre che avesse ravvisato la sussistenza dei presupposti per la conciliazione tra le parti sulla base degli elementi dagli stessi portati in giudizio.
Sulla configurabilità della procedura di mediazione demandata quale condizione di procedibilità della domanda
Ove l’esperimento del procedimento di mediazione sia stato demandato dal giudice, la sua mancata attivazione determina l’improcedibilità della domanda giudiziale, anche laddove la controversia non rientri tra quelle soggette “ex lege” al tentativo obbligatorio di mediazione.
Cass. civ. 14 dicembre 2021, n. 40035; Cass. civ. 3 dicembre 2021, n. 38271; Trib. Monza, 24 giugno 2020; Trib. Milano, 14 ottobre 2015; Trib. Milano, 29 ottobre 2013, in 101mediatori.it.
La scelta di disporre la mediazione nelle ipotesi in cui essa non è obbligatoria è, infatti, frutto del potere discrezionale del giudice, il cui esercizio non richiede una specifica motivazione e che, come tale, non è sindacabile in cassazione.
Cass. civ. 10 marzo 2023, n. 7269.
La soluzione proposta
Alla luce di quanto osservato, ad avviso del giudice non pare allora dubbio che la mediazione delegata di cui all’art. 5-quater d.lgs. n. 28/2010 costituisca un obbligo per le parti, con la conseguenza che, una volta disposta, essa vada esperita entro l'udienza di rinvio fissata per verifica dell'esito conciliativo, pena in mancanza l'improcedibilità della domanda. Come osservato anche dalla giurisprudenza di legittimità (si v. le sentenze citate supra), nel caso di mediazione demandata, «l'obbligatorietà della mediazione non deriva dall'oggetto/materia della controversia, ma da una valutazione operata dalGiudice in relazione alla potenziale “mediabilità” della lite», con la conseguenza che tale valutazione non può essere effettuata dalle parti nel corso del primo incontro, essendo stato già effettuato a monte dal giudice nel momento in cui ha deciso di inviare le parti in mediazione.
Nel caso di specie, la mediazione così delegata dal giudice non era stata tentata; in suo luogo, la parte appellante, per dolersi del cattivo regolamento delle spese di lite, oggetto dell’appello proposto, aveva esperito una procedura di ADR in materia di telecomunicazioni. Sennonché, osserva la decisione in commento, tale forma di ADR non può assolutamente surrogare il tentativo di mediazione delegata, a causa delle rilevanti differenze tra quest’ultimo procedimento e il tentativo di conciliazione in materia di telecomunicazioni. Difatti, tale ultima procedura non prevede l'assistenza di un legale, allo scopo di contenere i costi in danno del consumatore, e ha ad oggetto la mera risoluzione della controversia attinente alla materia delle telecomunicazioni. Pertanto, ad avviso del giudicante, instaurare «una procedura di ADR in materia di telecomunicazioni per dolersi delle sole spese di lite, […] altro non significa che porre in essere un comportamento del tutto abnorme e contrario a minima buona fede nel tentativo di raggiungere una conciliazione con la controparte». Ravvisato il comportamento di lite temeraria ex art. 96 c.p.c. in capo alla parte appellante la quale, tra altro, aveva anche richiesto al giudice di formulare una proposta conciliativa ai sensi dell’art. 185-bis c.p.c. «a fini meramente defatigatori ed ostruzionistici della pronta decisione della controversia», il giudice adito, oltre a dichiarare l’appello improcedibile, ha condannato la parte appellante non solo alla refusione delle spese di lite, ma anche al pagamento di una somma pari al doppio dei compensi liquidati a titolo di lite temeraria, ex art. 96 terzo comma c.p.c., nonché di una somma pari ad €.500,00 a favore della controparte, exart. 96, comma 4, c.p.c.
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