Revisione dell’assegno di divorzio ed onere probatorio
12 Giugno 2025
Massima In sede di revisione, il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell'assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell'emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto e ad adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata. Il caso Nell'ambito di un procedimento di revisione proposto ex art. 9, l. n. 898/1970, l'ex marito proponeva reclamo avverso il decreto di conferma dell'assegno divorzile. La Corte di Appello rigettava il reclamo sul rilievo che successivamente al divorzio non si erano verificati eventi sopravenuti che avessero determinato uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi. Proposto ricorso in Cassazione, il ricorrente si lamentava della circostanza che i giudici di merito non avevano tenuto in considerazione la nuova relazione intrapresa dalla ex moglie con un facoltoso ed affermato medico, circostanza non contestata dalla donna e pertanto provata ai sensi dell'art. 115 c.p.c. La Corte di cassazione rigetta il ricorso evidenziando che le due posizioni economiche non hanno registrato significative variazioni rispetto a quanto stabilito in sede di divorzio, con l'ulteriore precisazione che il ricorrente nulla aveva detto in ordine alla asserita convivenza stabile e continuativa intrapresa dall'ex moglie. La questione La questione in esame è la seguente: in sede di revisione dell’assegno divorzile il giudice deve tener conto solo delle circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, incidenti sull'equilibrio economico? Le soluzioni giuridiche La pronuncia in commento si conforma all'orientamento granitico di legittimità a mente del quale in sede di revisione, il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell'assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile (Cass. n. 787/2017; Cass. 11177/2019). In altri termini, l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno deve intervenire secondo una valutazione comparativa delle condizioni suddette di entrambe le parti, senza che in sede di revisione, il giudice possa procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell'assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell'emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto e ad adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata. La sopravvenienza di circostanze potenzialmente idonee, con riferimento alla fattispecie concreta, a modificare i termini della situazione di fatto e quindi ad alterare l'equilibrio economico esistente tra gli ex coniugi, come accertato al momento della pronuncia di divorzio, giustifica l'introduzione del giudizio di revisione dell'assegno (Cass. 11787/2021, che ha ritenuto tale l'assegnazione in proprietà esclusiva di un immobile, conseguita dall'ex coniuge beneficiario dell'assegno divorzile in sede di scioglimento della comunione legale dei beni, o la sua rinuncia gratuita a diritti ereditari). La pronuncia in commento muovendo dalla premessa che in tema di revisione dell'assegno divorzile, ai sensi della l. n. 898/1970, art. 9, il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti attiene agli elementi di fatto e rappresenta il presupposto necessario che deve essere accertato dal giudice perché possa procedersi al giudizio di revisione dell'assegno, conclude che il ricorrente non solo non aveva provato le circostanze allegate (esistenza di una nuova convivenza stabile e duratura), ma in ogni caso non assumevano carattere significativo, id est non erano decisive, essendo necessario l'ulteriore accertamento finalizzato alla verifica della componente perequativo compensativa dell'assegno divorzile. Né può utilmente invocarsi l'art. 115 c.p.c., la cui violazione è deducibile se il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, mentre detta violazione non è ravvisabile nella mera circostanza che il giudice abbia valutato tali prove in modo non condiviso da una di dette parti, essendo tale attività consentita dal paradigma dell'art. 116 c.p.c., che demanda, appunto, in via esclusiva, al giudice del merito la ricostruzione in fatto della vicenda. Osservazioni La revisione dell'assegno divorzile di cui alla l. n. 898/1970, art. 9 postula l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni suddette di entrambe le parti, dovendo in quel caso il giudice verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto e adeguare l'importo, o lo stesso obbligo della contribuzione, alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata (Cass. 14143/2014; Cass. n. 8754/2011; Cass. n. 10133/2007). Il principio si coniuga con quello secondo cui in tema di statuizioni c.d. determinative il giudicato si forma sempre rebus sic stantibus e cioè esso è modificabile in caso di successive variazioni di fatto, le quali, per avere rilevanza, devono, poi, esser dedotte mediante l'esperimento dell'apposito procedimento di revisione, fermo restando che il diritto a percepirlo di un ex coniuge ed il corrispondente obbligo dell'altro a versarlo, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di divorzio, conservano la loro efficacia sino a quando non intervenga la modifica di tale provvedimento, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno, talché in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all'autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (rebus sic stantibus), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell'accadimento innovativo, rispetto alla data della domanda di modificazione (Cass. n. 16173/2015). Pertanto, una volta accertato dal giudice, in fatto, il sopravvenuto mutamento delle condizioni patrimoniali delle parti, è possibile procedere al giudizio di revisione dell'assegno divorzile, nei limiti di quanto provato dalle parti. In ogni caso deve tenersi conto dei rinnovati principi giurisprudenziali, ossia quelli di cui al revirement delle Sezioni Unite (sentenza n. 18287 del 2018), in base ai quali: --a) all'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell'autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate; --b) la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch'essa assegnata dal legislatore all'assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi; --c) il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della l. n. 898/1970, art. 5, comma 6, richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante, e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto. |