Rilevanza delle dichiarazioni rese dal minore in sede di audizione ai fini della decisione

13 Giugno 2025

Il rito unitario in materia familiare ha disciplinato, in maniera organica e puntuale, l'obbligatorietà dell'ascolto, le modalità con cui questo deve avvenire ed anche il ruolo che le dichiarazioni rese del minore dovranno avere nell'ambito delle decisioni assunte dall'Autorità Giudiziaria. Su quest'ultimo aspetto il contributo intende soffermare l'attenzione. 

Premessa

L'audizione del minore rappresenta uno snodo fondamentale del processo familiare e minorile, considerando che «il grado di partecipazione del minore al processo è strettamente collegato al riconoscimento della qualità di parte in senso sostanziale e/o processuale e alla circostanza per cui quest'ultimo costituisce un presupposto imprescindibile per la promozione delle tecniche di tutela giurisdizionale dirette a garantire il contraddittorio e il diritto di difesa anche nei confronti del minore, sulla cui sfera personale si riflettono gli effetti del provvedimento di volta in volta emanato» (Poliseno, 876).

Il rito unitario in materia familiare ha disciplinato, in maniera organica e puntuale agli artt. 473-bis.4 e ss. c.p.c., l'obbligatorietà dell'ascolto, le modalità con cui questo deve avvenire ed anche il ruolo che le dichiarazioni rese del minore dovranno avere nell'ambito delle decisioni assunte dall'Autorità Giudiziaria.

Su quest'ultimo aspetto si vuole soffermare la nostra attenzione al fine di comprendere come ed in che misura le dichiarazioni rese dal minore in sede di audizione debbano essere valorizzate ai fini del decidere.

Il formante sovranazionale

Prima di procedere all'analisi della disciplina nazionale, occorre soffermarsi sul formante sovranazionale che, non solo si è occupato di individuare l'importanza dell'ascolto del minore nelle procedure giudiziarie che lo vedono coinvolto, ma ha anche avuto modo di precisare in che misura le dichiarazioni del minore debbano essere prese in considerazione dall'Autorità Giudiziaria procedente.

Sul punto, occorre richiamare, a livello internazionale, l'art. 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989 -ratificata con l. n. 176/1991 - che impone agli Stati parti della Convenzione di garantire al minore capace di discernimento il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessa, attribuendo rilevanza alle opinioni espresse dal minore, avuto riguardo alla sua età ed al suo grado di maturità.

Anche l'art. 4 Convenzione sulla Protezione dei Minori e sulla Cooperazione in materia di adozione internazionale siglata all'Aja il 29 maggio 1993 prevede che l'adozione possa aver luogo soltanto se i desideri e le opinioni del minore siano state prese in considerazione. Invece, il punto 2.3.1. delle Linee Guida “minorenni a contatto col sistema giustizia”, approvate dal Consiglio dell'IAYFJM (International Association of Youth and Family Judges and Magistrates) a Londra in data 21 ottobre 2016, ribadiscono - in linea con la Convenzione O.N.U. del 1989 - che alle opinioni espresse dal minore deve essere dato il giusto peso in relazione all'età ed alla maturità.

A livello europeo, occorre ricordare l'art. 24, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea firmata il 18 dicembre del 2000 a Nizza, rubricato Diritti del bambino, che riconosce al minore il diritto di esprimere liberamente la propria opinione, dovendo poi questa essere presa in considerazione sulle questioni che lo riguardano in funzione dell'età e della maturità dello stesso. In linea con la necessità di una valutazione ponderata delle opinioni del minore risulta essere anche il punto 45 delle Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa per una giustizia a misura di minore, adottate dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 17 novembre 2010 - secondo cui dovrebbe essere riconosciuto il dovuto peso ai punti di vista e all'opinione del minore in funzione della sua età e del suo grado di maturità - e l'art. 21 il Regolamento UE 2019/1111 del Consiglio del 25 giugno 2019 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori - in forza del quale le Autorità giurisdizionali degli Stati membri, nell'esercitare la competenza in materia di responsabilità genitoriale, da un lato, devono riconoscere al minore capace di discernimento, conformemente al diritto e alle procedure nazionali, la possibilità concreta ed effettiva di esprimere la propria opinione e, dall'altro lato, devono tenere in debito conto l'opinione del minore in funzione della sua età e del suo grado di maturità -.

La disciplina nazionale

L'art. 473-bis.4, comma 1, ultimo periodo, c.p.c. prevede - in accordo con le fonti sovranazionali - che le opinioni del minore, acquisite in sede di audizione, devono essere tenute in considerazione avuto riguardo dell'età e del grado di maturità del minore.

Sul punto occorre evidenziare che l'ascolto non costituisce un mezzo di prova - destinato, quindi, a suffragare le allegazioni dell'una o dell'altra parte -, non è equiparabile alla testimonianza e non costituisce una forma speciale di interrogatorio libero, bensì è uno strumento di tutela del minore stesso, finalizzato a far acquisire al Giudice elementi utili ai fini della realizzazione del suo interesse (cfr. Cass. civ., sez. I, n. 12018/2019; Cass. civ., sez. I, n. 19202/2014; Cass. civ., sez. I, n. 6129/2015 ove si legge che «l'ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse»), anche se le sue dichiarazioni non vincolano il giudice nell'adozione dei provvedimenti nel superiore interesse del minore.

Tuttavia, l'audizione si concretizza in un'attività latu sensu di tipo istruttorio (cfr. Graziosi, 1305, il quale parla di un «mezzo istruttorio atipico ad esperimento necessario», pur evidenziando la differenza con i mezzi di prova) con tutte le implicazioni in termini di partecipazione delle parti, contraddittorio, verbalizzazione ed utilizzabilità.

L'ascolto del minore non si risolve in un atto unidirezionale di origine giudiziale.

Infatti, benché l'Autorità Giudiziaria diriga l'audizione e ponga direttamente le domande al minore - garantendone la serenità e la riservatezza (cfr. art. 473-bis.5 c.p.c.) -, i genitori, gli esercenti la responsabilità genitoriale, i rispettivi difensori e il curatore speciale hanno la possibilità di confrontarsi in via preliminare con l'Autorità Giudiziaria al fine di individuare i quesiti da sottoporre al minore, proponendo argomenti e temi di approfondimento. Inoltre, le parti in una fase successiva all'ascolto, potranno argomentare in relazione alle questioni affrontate dal minore in sede di audizione, fornendo al Giudice delle chiavi interpretative al fine di valorizzare le dichiarazioni del minore ovvero disquisendo in ordine al grado di maturità del minore e, di conseguenza, su quale considerazione dovrà essere riconosciuta alle dichiarazioni del minore in sede decisionale.

Sul punto occorre notare che la disciplina contenuta nell'art. 473-bis.5 c.p.c. appare criticabile nella parte in cui prevede che il curatore speciale del minore possa partecipare all'audizione del minore solo previa autorizzazione del Giudice. Infatti, si ritiene che il curatore speciale rappresenti uno strumento fondamentale per garantire la serenità del minore, rappresentando un ausilio idoneo a garantire che il minore si possa esprimere liberamente di fronte all'Autorità Giudiziaria.

La valutazione delle dichiarazioni del minore

L'Autorità Giudiziaria procedente ha, come previsto dall'art. 473-bis.4, comma 1, ultimo periodo, c.p.c., l'obbligo di considerare le dichiarazioni del minore in relazione all'età ed al grado di maturità.

La valorizzazione delle dichiarazioni del minore non potrà dipendere esclusivamente dal dato anagrafico - traducendosi in un automatismo che assegna la rilevanza ai dicta del minore in misura direttamente proporzionale all'età - nella misura in cui il dato normativo individua come limite il dato anagrafico unitamente al grado di maturità raggiunto dal minore.

Si deve notare che il grado di maturità - da tenere distinto dalla capacità di discernimento richiamata dall'art. 473-bis.4, comma 1, c.p.c. ai fini dell'ammissibilità dell'ascolto dell'infradodicenne - implica un certo livello di comprensione, ma non coincide con la pretesa di una piena conoscenza globale di tutti gli aspetti della materia in questione e deve essere valutato caso per caso al fine di comprendere fino a che punto il minorenne è capace di formarsi un'opinione, e determinare perciò il peso da attribuirle. Come indicato nelle Linee Guida del Consiglio d'Europa, il requisito della capacità di formarsi un'opinione «non deve essere visto come una limitazione della capacità ma come un obbligo per l'autorità di valutare compiutamente quella capacità. Piuttosto che supporre con eccessiva facilità che il minorenne è incapace di formarsi un'opinione, gli Stati dovrebbero partire dal presupposto che egli di fatto la possiede. Non tocca a lui provarlo» (così Linee guida del Consiglio d'Europa, Explanatory memorandum, par. 33).

Sul punto si noti che secondo la Corte di Cassazione la valutazione in ordine al grado di maturità potrebbe avvenire anche «secondo il notorio» (cfr. Cass. civ., sez. I, n. 13241/2011).

L'onere che incombe sul Giudice - e il cui inadempimento si traduce in un vizio di motivazione del provvedimento - non comporta che l'Autorità Giudiziaria procedente debba supinamente adeguarsi ai desiderata del minore.

Infatti, l'ascolto del minore non serve a raccogliere esternazioni anche estemporanee di volontà, né ad indirizzare il provvedimento secondo il momento, ma ad assumere elementi di valutazione nel contesto di tutti gli atti di causa, dei reali bisogni del minore e dei suoi interessi. Da ciò deriva che il Giudice dovrà tenere in considerazione le dichiarazioni del minore, ma non necessariamente trasfonderle nel provvedimento conclusivo del procedimento.

Pertanto, il Giudice dovrebbe, in via preliminare, indicare in motivazione quale debba essere la rilevanza che deve essere attribuita alle dichiarazioni del minore in relazione all'età ed al grado di maturità. In altre parole, si dovrebbe evincere dal provvedimento giurisdizionale quale “peso” è stato attribuito alle dichiarazioni del minore.

Successivamente, la motivazione dovrà indicare le ragioni in forza delle quali l'Autorità Giudiziaria ha deciso di aderire ai desiderata del minore oppure di disattendere le dichiarazioni di volontà che emergono dall'ascolto. In quest'ultimo caso la motivazione deve essere particolarmente rigorosa (cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. I, n. 12957/2018 e Cass. civ., sez. I, n. 10776/2019, ove si legge che «il giudice non è tenuto a recepire, nei suoi provvedimenti, le dichiarazioni di volontà che emergono dall'ascolto del minore, così come non è tenuto a recepire le conclusioni dell'indagine peritale. Tuttavia, qualora il giudice intenda disattendere tali dichiarazioni e tali conclusioni ha l'obbligo di motivare la sua decisione con particolare rigore e pertinenza»).

Pertanto, il Giudice non può ignorare la volontà del minore quale è emersa durante l'ascolto né privare di rilievo il contenuto degli spunti offerti, ma  deve farsi interprete scrupoloso dei bisogni espressi dal minore e deve tenere conto, nell'adozione dei provvedimenti successivi all'incombente, dell'esito dell'ascolto e della volontà espressa dal minore potendosene discostare solo a tutela dell'interesse di quest'ultimo, essendo onerato al riguardo di una motivazione molto più stringente quanto più il minore, anche in ragione dell'età, abbia mostrato un determinato grado di maturità. Ne consegue che l'onere motivazione appare direttamente proporzionale al grado di maturità attribuito al dichiarante (cfr. Cass. civ., sez. I, n. 7773/2012 e Cass. civ., sez. I, n. 19007/2014).

Riferimenti

Graziosi, Note sul diritto del minore ad essere ascoltato nel processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1992;

Poliseno, voce Minore (tutela processuale), in Enc. dir.I tematici, vol. IV, 2022, 859 ss.;

Bertoli, 'ascolto della persona di età minore, in AA.VV., LA riforma del processo e del giudice per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, a cura di C. Cecchella, Torino, 2023, 259 ss.;

Arceri, Il minore nel nuovo processo familiare: le regole sull'ascolto e la rappresentanza, in Fam. e dir., 2022, 380 ss.;

Danovi, Ascolto del minore, capacità di discernimento e obbligo di motivazione (tra presente e futuro), in Fam. e dir., 2022, 993 ss.

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