Con la maggiore età termina automaticamente il diritto del figlio al mantenimento?

06 Giugno 2025

L’Ordinanza n. 12121/2025 della Corte di cassazione chiarisce la funzione e l’ambito applicativo dell’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne, definendo e mettendo a fuoco la natura di tale diritto e i rispettivi limiti.

Massima

In tema di diritto al mantenimento del figlio maggiorenne, il corrispettivo obbligo in capo ai genitori di contribuire economicamente ai suoi bisogni non termina automaticamente con il raggiungimento della maggiore età. Occorre che il Giudice compia una valutazione specifica che valorizzi la peculiarità del caso concreto e tenga conto del percorso di formazione, dell’età, della possibilità attuale di inserimento nel mercato del lavoro, anche in considerazione delle condizioni personali e locali riguardanti l’occupazione.

Il caso

Il Tribunale di Ragusa, pronunciandosi sulla separazione personale dei coniugi, oltre a rigettare le rispettive domande di addebito e il dedotto assegno di mantenimento richiesto dalla moglie, revocava l'assegno di mantenimento in favore della figlia neomaggiorenne disposto nel 2019 in via provvisoria. Sul punto, il Giudice del primo grado decideva di manlevare il padre dall'obbligo di contribuzione economica in favore della figlia, stante la raggiunta maggiore età della stessa.

L'adita Corte d'Appello di Catania confermava l'impugnata sentenza, statuendo la correttezza della revoca dell'assegno di mantenimento in favore della figlia, poiché la stessa era sia divenuta maggiorenne nelle more del giudizio, sia nessuna concreta ragione ostativa alla revoca era stata invocata e provata. Infatti, non essendo stato dimostrato né un percorso formativo in corso, né ragioni impeditive allo svolgimento di attività lavorativa, la ragazza veniva ritenuta non bisognosa, né meritevole di assegno di mantenimento.

Avverso la menzionata sentenza proponeva ricorso per Cassazione la moglie, nonché madre, soccombente sulla base di due motivi, eccependo la nullità della pronuncia per violazione degli artt. 147,316-bis c.c., nonché dell'art. 2967 c.c. in relazione all'art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. e deducendo la violazione dell'art. 112 c.p.c. in relazione all'art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.

La questione

L’Ordinanza della Suprema Corte ritorna a definire i confini dell’assegno di mantenimento in favore del figlio maggiorenne, disegnando la sagoma dello stesso. Con la maggiore età termina automaticamente il diritto in capo al figlio e il corrispondente obbligo in capo ai genitori? In cosa consiste il principio di autoresponsabilità? Quali elementi deve valutare il Giudice per verificare se sussista tale diritto?

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione torna a parlare del delicato e dibattuto tema relativo al mantenimento a favore del figlio maggiorenne, ribadendo che il mutuale obbligo genitoriale di mantenere i figli, costituzionalmente tutelato dall'art. 30 e disciplinato dall' art. 315-bis c.c. e dal combinato disposto degli artt. 337-ter e 337-septies c.c., non termina automaticamente con il raggiungimento della maggiore età.

In particolare, l'art. 315 bis c.c. è una norma cardine per i diritti filiali e, parallelamente, per i doveri genitoriali.

Introdotto grazie alla legge di riforma della filiazione n. 219/2012, ben rappresenta l'evoluzione che ha subito, e subisce ancora ad oggi, il concetto di figlio e di genitore. L'articolo, concepito come un vero e proprio “statuto” dei diritti e doveri di tutti i figli, rivela la sua portata generale, in quanto utilizzabile sia nelle situazioni patologiche, che in quelle fisiologiche del rapporto familiare.

Infatti, la riforma della filiazione, operata con la l n. 219/2012 e completata con il d.lgs. n. 154/2013, in conformità con gli impegni assunti in sede internazionale, pone l'accento sulla dimensione del figlio, stabilendo che l'esercizio dei poteri genitoriali sulla prole sia concepito non più come una forma di controllo autoritario, ma come funzionale al benessere e alla crescita armonica della stessa.

Simbolo di tale cambio di rotta è proprio l'introduzione del concetto di “responsabilità genitoriale” che, come ben ricorda la Suprema Corte, non è un termine vuoto, fine a sé stesso, ma chiaro simbolo di un'attenzione sempre maggiore al rapporto bilaterale genitore-figlio.

L'Ordinanza de qua mostra il ritratto odierno della dimensione giuridica del figlio, scardinata da qualsivoglia netta separazione tra minorenni e maggiorenni (se non per quanto attiene al diritto di ascolto, strumento proprio del minorenne per essere riconosciuto in una sfera di autonomia processuale). Attualmente, con le precisazioni appena fatte, né l'art. 315-bis c.c., né l'art. 316 c.c., né l'art. 316-bis c.c. differenziano tra figli minorenni e figli maggiorenni, in linea con il dettato costituzionale dell'art. 30 e con il cambiamento socioculturale.

Ferme le differenze sostanziali e di rappresentanza tra figli minorenni e maggiorenni, con la pronuncia in analisi, la Cassazione, in conformità con l'evoluzione sopra menzionata, ricorda che la cura e l'assistenza a cui sono tenuti i genitori nei confronti dei figli, non cessa in automatico al compimento dei diciotto anni, ma prosegue e permane fino al conseguimento di una piena autosufficienza economica.

Proprio in considerazione di ciò, l'art. 337-septies c.c., detta le modalità di attuazione di tale obbligo in favore dei figli maggiorenni nelle ipotesi di qualsivoglia rottura del legame coniugale. In base al disposto della norma, l'adempimento viene ottemperato tramite il pagamento di un assegno periodico che, salvo diversa determinazione del Giudice, viene versato direttamente all'avente diritto.

Si tenga ben presente che il mantenimento del maggiorenne non economicamente autosufficiente esiste come diritto autonomo ed è cosa ben distinta dal diritto agli alimenti; l'obbligo di versare l'assegno di mantenimento, infatti, non può essere adempiuto alternativamente e in maniera del tutto discrezionale, stante la sottesa ratio educativa di cura e responsabilità genitoriale che mira a tutelare e garantire (v. Cass. civ., sez. I, Ord. n. 3329/2025).

È oramai chiaro, quindi, che l'obbligo di mantenimento del figlio non termina meccanicamente con il raggiungimento della maggiore età.

A questo punto, occorre capire in che modalità opera lo stesso ed entro quali confini.

Per rispondere a ciò, i giudici di legittimità hanno evidenziato che, per quanto sia vero l'assunto per cui non può mai parlarsi di una cessazione automatica del diritto al mantenimento per il figlio maggiorenne, il medesimo va bilanciato con il principio di autoresponsabilità, che vincola lo stesso al fine di evitare possibili abusi e utilizzi illeciti del diritto, che permane fintanto che ne viene rispettata la ratio.

Tale principio si deve coordinare con l'eterogeneità e le caratteristiche e aspirazioni proprie di ogni figlio, oltre che con l'età e le diverse presunzioni legate alla stessa; va seguito e rispettato il naturale percorso evolutivo, ma evitando che si possa verificare un eccesso di passività.

In questo senso, la Cassazione coglie l'occasione per ricordare l'impegno attivo che deve guidare il figlio nella definizione del proprio futuro, che cresce proporzionalmente con l'età, stante il presunto grado di maturazione sviluppato in funzione della stessa (ex multisCass. civ., sez. I, Ord. n. 24391/2024; Cass. civ., sez. I, ord. n. 12123/2024; Cass. civ., sez. I, sent. n. 26875/2023). Così, altrettanto, l'età del figlio rileva in un rapporto di proporzionalità inversa in base al quale l'aumentare progressivo dell'età, nel concorso degli ulteriori presupposti, rende più naturale il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento.

Alla stregua di quanto detto, da un lato gli Ermellini chiariscono che l'obbligo del genitore di concorrere al mantenimento del figlio maggiorenne, e il conseguente diritto in capo a quest'ultimo, non cessano ipso facto con la maggiore età, dall'altro restringono il diritto stesso. Il diritto al mantenimento del figlio maggiorenne, infatti, non può ritenersi un diritto passivo eterno ed assoluto, ma segue le peculiarità della situazione concreta familiare e personale, dell'età del figlio, della sua personalità e delle sue aspirazioni, esigenze ed impegni, senza che possa varcarsi la soglia del ragionevole limite di tempo e di misura.

Per quanto attiene all'onere probatorio, nell'Ordinanza de qua viene riconfermato l'orientamento generale che la Suprema Corte ha sposato a partire dal 2020, in conformità con il principio di prossimità o vicinanza della prova, tale per cui è onere del richiedente figlio maggiorenne dover provare sia la mancanza di indipendenza economica, sia di aver curato, con impegno e diligenza, la propria formazione e di aver, con pari dedizione, operato nella ricerca di un'occupazione (v. già citata Cass. civ., sez. I, sent. n. 26875/2023; Cass. civ., sez. I, Ord. n. 5177/2024).

Fermo quanto detto, nelle ipotesi in cui sia il genitore iure proprio a richiedere il venir meno di tale obbligo o un eventuale aumento dello stesso, l'onere della prova segue le regole generali che guidano il processo civile, con la possibilità di avvalersi di presunzioni o semplificazioni probatorie. Gli Ermellini, infatti, chiariscono, ancora una volta, che l'onus probandi in tema può essere assolto anche tramite l'allegazione di circostanze di fatto da cui desumere, in via presuntiva, l'estinzione o la conferma della menzionata obbligazione.

A tal proposito la giurisprudenza ha sviluppato, nel tempo, una serie di circostanze fattuali idonee ad escludere o confermare il diritto di cui in analisi, tra cui l'età o l'effettivo raggiungimento di una competenza tecnica professionale. A titolo esemplificativo, nella pronuncia in analisi, viene menzionata la situazione del figlio neomaggiorenne che prosegua nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari, ex se valida per confermare il diritto al mantenimento del neomaggiorenne.

Sulla base di tutto quanto ricordato, la Cassazione ha accolto i due motivi di ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte d'Appello di Catania.

Nello specifico, si contesta la mancata valutazione specifica dei giudici del merito che non hanno esaminato, con la giusta attenzione, la situazione concreta; infatti, non hanno mai ratificato l'espressa volontà del padre di assistere economicamente la figlia neomaggiorenne, né hanno considerato la capacità lavorativa concreta della ragazza in relazione ad un mercato del lavoro così ostico sia in quanto donna, sia per la geolocalizzazione.

Osservazioni

L'Ordinanza n. 12121/2025 della Corte di Cassazione riesce a testimoniare quanto il diritto sia mutevole e sensibile al contesto sociale. Viene esaltata la dimensione personale del figlio indistintamente dalla sua età, in coerenza con lo sviluppo evolutivo che ha accompagnato e accompagna lo stesso.

Nella realtà di oggi, coesiste un infinito ventaglio di possibilità per il figlio, idoneo ad assicurargli l'opportunità di costruire il proprio futuro, alla ricerca di se stessi, nella maniera più ampia possibile. Il tempo ha eliminato la sovrapposizione passata del figlio maggiorenne, figlio adulto, grazie al libero accesso alla formazione di qualsivoglia tipo e alla libera autonomia dello stesso di esplorare per cercare la propria identità.

La Cassazione valorizza il concetto evolutivo di figlio, continuando a rappresentare come il diritto debba adattarsi alle esigenze di tutela e protezione che discendono dalla socialità e dal mutamento della stessa ma, altresì, esalta la funzione educativa dell'assegno di mantenimento mettendo in luce l'impegno attivo del figlio.

Infatti, i genitori, in maniera paritaria, hanno l'obbligo di contribuire economicamente alla vita del figlio maggiorenne non finanziariamente indipendente, accompagnandolo verso il percorso di crescita che più si adatta alla sua persona e tenendo in considerazione tutto ciò che gravita attorno al medesimo. Allo stesso tempo, sul figlio incombe il principio di autoresponsabilità che funge da guida nell'affermazione del proprio io, evitando possibili abusi o eccessi, ed enfatizzando la funzione educativa dell'assegno di mantenimento e l'impegno attivo che il figlio deve seguire nella formazione del proprio io adulto ed indipendente.

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