Decesso anticipato del paziente per errore medico: quali danni non patrimoniali?

17 Giugno 2025

Il Focus tratta il tema dei danni non patrimoniali risarcibili in caso di morte anticipata del paziente per errore medico, distinguendo a seconda che la vittima sia in vita o meno nel momento dell'introduzione del giudizio e in quello della liquidazione dei danni.

Premessa

Un errore diagnostico o terapeutico può anticipare la morte del paziente: l'evento infausto si sarebbe comunque verificato ma più tardi, per effetto della preesistente patologia, inguaribile e dal decorso esiziale, non riferibile causalmente alla censurabile condotta medica, commissiva od omissiva.

Pur avendo la vittima un'aspettativa di vita inferiore rispetto a quella di un coetaneo sano, sulla base delle statistiche demografiche, l'errore in cui sia incorso il medico, nella fase diagnostica o terapeutica, può incidere negativamente sulla durata della sua vita residua, cagionandone una significativa riduzione e una peggiore qualità per tutta la sua minor durata.

Se viene accertato sul piano eziologico, secondo il criterio della «preponderanza dell'evidenza» proprio della responsabilità civile (altrimenti detto del «più probabile che non»), che la condotta medica negligente, imperita o imprudente ha causato la morte anzitempo del paziente, il quale (se non vi fosse stato l'errore diagnostico o terapeutico) sarebbe sopravvissuto - secondo la statistica e la scienza cliniche - più a lungo e in condizioni di vita diverse e migliori per un certo periodo di tempo (stimabile dal consulente tecnico d'ufficio, seppur con inevitabili margini di approssimazione), allora «sarà lecito discorrere (...) di un evento di danno rappresentato, in via diretta ed immediata, dalla minore durata della vita e dalla sua peggiore qualità (fisica e spirituale)».

In questi termini si è espressa la Corte di Cassazione in una delle note sentenze del «decalogo di San Martino» del 2019, spiegando che, in tal caso, «il sanitario sarà chiamato a rispondere dell'evento di danno costituito dalla perdita anticipata della vita e dalla sua peggior qualità, senza che tale danno integri una fattispecie di perdita di chance - senza, cioè, che l'equivoco lessicale costituito dal sintagma “possibilità di un vita più lunga e di qualità migliore” incida sulla qualificazione dell'evento, caratterizzato non dalla “possibilità di un risultato migliore”, bensì dalla certezza (o rilevante probabilità) di aver vissuto meno a lungo, patendo maggiori sofferenze fisiche e spirituali».

E dunque, l'evento di danno è costituito non dalla possibilità perduta di sopravvivere per un lasso di tempo maggiore di quello effettivamente vissuto, ma dalla «perdita anticipata della vita» (perdita che pure in caso di corretta e tempestiva diagnosi o terapia si sarebbe verificata per l'originaria pregressa situazione patologia, ma in epoca successiva) e dall' «impedimento a vivere il tempo residuo in condizioni migliori e consapevoli» (Cass. civ., sez. III, sent. 11 novembre 2019, n. 28993; v., inoltre, Id, sent. 9 marzo 2018, n. 5641; Id., sent.  27 giugno 2018, n. 16919; Id., ord. 8 novembre 2023, n. 31058; Id., ord. 20 marzo 2025, n. 7458 ; tra le pronunce di merito, Trib. Lecce, sez. I, 10 maggio 2023, n. 1396; App. Palermo, sez. II, 28 settembre 2023, n. 1671; Trib. Verona, sez. II, 11 gennaio 2024, n. 74).

Tipologia di danni non patrimoniali risarcibili: vittima deceduta prima dell'introduzione del giudizio

Se l'errore diagnostico o terapeutico determina la morte anticipata del paziente, quali sono i danni non patrimoniali da questi subiti e trasmissibili iure successionis? E quali quelli reclamabili, iure proprio, dai suoi prossimi congiunti?

È tornata a fare il punto sul tema la Terza sezione civile della Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21415 pubblicata il 30 luglio 2024.

La fattispecie, dalla quale trae origine la pronuncia, riguarda le richieste risarcitorie avanzate dai familiari di una donna deceduta a causa di colposo ritardo diagnostico e nell'esecuzione delle cure.

In base alle risultanze peritali, il Tribunale accoglieva alcune delle domande attoree, liquidando il danno morale da diminuzione della durata e peggiore qualità della vita e il danno da perdita anticipata del rapporto parentale, con esclusione del danno da perdita di chance ipotizzabile iure hereditario (ritenendo che la formulazione della domanda, sotto tale profilo, fosse solo come perdita della possibilità di giovarsi della presenza in vita della congiunta), del danno biologico (poiché ritenuto non provato e, ad ogni modo, non integrante una conseguenza immediata risarcibile), nonché dei danni catastrofale e tanatologico.

La sentenza era parzialmente riformata in appello solo in punto di onere delle spese di consulenza tecnica d'ufficio.

La decisione di secondo grado era impugnata dall'Azienda Sanitaria Locale con ricorso per cassazione: resistevano i prossimi congiunti ed eredi della paziente defunta con controricorso e contestuale ricorso incidentale.

I Giudici di Piazza Cavour colgono l'occasione per fare nuovamente chiarezza sulle tipologie di danno non patrimoniale risarcibili in caso di morte anticipata a causa di errore medico, sulla scia di precedenti arresti giurisprudenziali (il richiamo è in particolare a Cass. civ., sez. III, sent. 19 settembre 2023, n. 26851 ; Id., sent. 27 dicembre 2023, n. 35998 ).

Deve operarsi un distinguo a seconda che la vittima sia:

  1. già deceduta al momento dell'introduzione del giudizio,
  2. ancora in vita al momento della liquidazione del danno e, infine,
  3. ancora vivente al momento dell'introduzione della lite ma già deceduta al momento della liquidazione del danno.

Procedendo con ordine, il danneggiato può essere venuto a mancare prima dell'introduzione del giudizio, che viene quindi promosso dai suoi prossimi congiunti ed eredi.

Sono, di regola, alternativamente concepibili e risarcibili, per via ereditaria, allorché allegati e provati, i danni conseguenti alla condotta medica che abbia causato:

  • la perdita anticipata della vita del paziente, determinata nell'an e nel quantum, come danno biologico differenziale (inteso quale peggiore qualità della vita effettivamente vissuta), considerato nella sua oggettività, e come danno morale da lucida consapevolezza dell'anticipazione della propria morte, eventualmente predicabile solo a partire dall'altrettanto eventuale acquisizione di tale consapevolezza in vita;
  • la perdita dell'apprezzabile possibilità di vivere più a lungo, non determinata né nell'an né nel quantum, come danno da perdita di chances di sopravvivenza.

Non è in alcun caso risarcibile iure hereditario né, tanto meno, cumulabile con i pregiudizi sopraindicati, un danno da «perdita anticipata della vita» con riferimento al periodo di vita non vissuta dal paziente, ciò in quanto, «non è concepibile, né logicamente né giuridicamente» un siffatto danno, che pertanto non può transitare, al momento del decesso, nell'asse ereditario, «non essendo predicabile, nell'attuale sistema della responsabilità civile, la risarcibilità del danno tanatologico» (Cass. ord. n. 214153/24 cit.; v., inoltre, Id. sent. n. 26851/23 cit.).

Si tratta di principio affermato dalla Cassazione nella sua massima sede nomofilattica con sentenza n. 15350 del 22 luglio 2015  ove è citata la risalente Cass. sez. un. 22 dicembre 1925, n. 3475: «se è alla lesione che si rapportano i danni, questi entrano e possono logicamente entrare nel patrimonio del lesionato solo in quanto e fin quando il medesimo sia in vita. Questo spentosi, cessa anche la capacità di acquistare», che ha appunto quale necessario presupposto l'esistenza di un soggetto di diritto.

Ritornando all'ordinanza in esame, con riguardo all'accertamento del nesso eziologico tra condotta sanitaria e perdita di chance, si osserva: «l'incertezza sull'eventuale e ulteriore segmento temporale di cui il danneggiato avrebbe potuto godere (...) messa a sua volta in relazione causale con l'errore diagnostico e terapeutico, potrebbe, in concreto, ed eccezionalmente, legittimare il riconoscimento di un distinto risarcimento, in via strettamente equitativa, sempre che, sul piano eziologico, sia stata raggiunta una soglia di certezza rispetto a quella concreta possibilità, perché la “seria, apprezzabile e concreta possibilità eventistica” conforma morfologicamente la struttura del bene tutelato, e dunque affermarne la sussistenza, al di là dei termini utilizzati in via di principio, equivale, logicamente, a farlo con eziologica certezza». Sul punto si tornerà infra.

L'accertamento sia del danno da perdita anticipata della vita sia del danno da perdita di chance di una possibile, ulteriore sopravvivenza deve avvenire «non solo in base ai principi di causalità generale e di regolarità statistica, bensì anche, in specie quanto alla “seconda” perdita, in ragione del nesso di causalità specifica, ovvero tenuto conto, nel singolo caso, di tutti i dati medico-anamnestici - in tesi irripetibilmente peculiari del soggetto - alla luce dei quali predicarsi poi, quanto alla chance, l'esistenza di un'incerta - ma seria concreta e apprezzabile - possibilità di vivere per un lasso temporale più lungo».

Per quanto riguarda i familiari, si può «discorrere (risarcendolo) di “danno da perdita anticipata della vita”, con riferimento al diritto iure proprio degli eredi, solo definendolo il pregiudizio da minor tempo vissuto ovvero da valore biologico relazionale residuo di cui non si è fruito».

Di fatto, pur essendo l'aspettativa di vita del de cuius già limitata (rispetto alla media) in base alle statistiche cliniche e scientifiche, a prescindere dalla non corretta e intempestiva diagnosi e cura, nondimeno, ove sia certo e dimostrabile, sul piano eventistico, che la condotta illecita abbia cagionato l'anticipazione dell'evento fatale, i prossimi congiunti possono subire un danno per la riduzione temporale e qualitativa del rapporto personale e affettivo con la vittima primaria (v., tra le pronunce di merito, App. Cagliari, sez. II, 18 ottobre 2022, n. 458; Trib. Velletri, sez. II, 20 ottobre 2022, n. 1947; App. Campobasso, 13 dicembre 2022, n. 296; Trib. Napoli Nord, sez. II, 25 gennaio 2023, n. 292; App. Napoli, sez. IX, 21 settembre 2023, n. 3975).

Segue: vittima ancora vivente al momento della liquidazione del danno

Può la vittima dell'errore diagnostico o terapeutico agire in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni sofferti ed essere ancora in vita al momento della loro liquidazione.

In questa evenienza, i danni risarcibili non differiscono, sotto l'aspetto morfologico, da quelli indicati nel precedente paragrafo eccettuato il fatto che, in luogo degli eredi, è il paziente stesso a formulare la richiesta risarcitoria, salvo il diverso profilo del danno morale. Più in dettaglio:

  • se sono incerte le conseguenze quoad vitam dell'errore diagnostico o terapeutico, il paziente può invocare il risarcimento del danno da perdita di chances di sopravvivenza, sempre che ricorrano i presupposti della serietà, apprezzabilità, concretezza, riferibilità eziologica certa della perdita di quella chance alla condotta medica;
  • se è accertato, secondo i comuni criteri eziologici, che l'errore diagnostico o terapeutico anticiperà la morte del paziente (che vivrà meno di quanto avrebbe altrimenti vissuto), è risarcibile il danno biologico differenziale (inteso quale peggiore qualità della vita) e il danno morale da futura morte anticipata, «in questo caso sicuramente predicabile (essendo il paziente ancora in vita)», dal momento dell'acquisizione della relativa consapevolezza.

Per consolidato orientamento giurisprudenziale, la «chance» è da intendersi non come una mera aspettativa di fatto, ma come concreta ed effettiva possibilità di conseguire un determinato risultato o un certo bene, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione, ragion per cui la sua perdita configura un danno concreto e attuale (ex pluribus, in tema di lesione del diritto alla salute da responsabilità sanitaria, Cass. civ., sez. III, sent. 2 settembre 2022, n. 25886 ; Id., sent. 27 giugno 2024, n. 17821 ; tra le più recenti, App. Ancona, 2 gennaio 2025, n. 10); rebus sic stantibus, la domanda risarcitoria del danno da perdita di chance è ontologicamente diversa da quella avente ad oggetto il pregiudizio derivante dal mancato raggiungimento del risultato sperato, il quale si sostanzia nell'impossibilità di realizzarlo, ed è caratterizzata da incertezza non causale, ma eventistica (così, Cass. sent. n. 5641/18 cit.; sent. n. 25886/22 cit.; inoltre, sempre sulla necessità di un'apprezzabile, seria e consistente «possibilità perduta», Cass. civ., sez. III, sent. 29 aprile 2022, n. 13509).

Riassumendo, il danno da perdita di chance è risarcibile, in via equitativa se, preliminarmente, vi è certezza eziologica che l'errore diagnostico o terapeutico abbia cagionato l'evento di danno consistente nel «sacrificio della possibilità di conseguire un risultato migliore» in termini di maggior durata della vita e di minori sofferenze, anche sotto l'aspetto del mancato ricorso a cure palliative (Cass. sent. n. 28993/19 cit.; tra le pronunce di merito, Trib. Milano, sez. I, 22 dicembre 2021, n. 10743; Trib. Trani, sez. I, 15 luglio 2024, n. 1160).

In altre parole, deve «risultare causalmente certo che, alla condotta colpevole, sia conseguita la perdita della possibilità di un risultato migliore - non potendosi discorrere di una “probabilità della possibilità” (dove il primo termine identifica la relazione causale e il secondo l'evento di danno)» (Cass. sent. n. 26851/2023 e ord. n. 21415/24 cit.).

Segue: vittima vivente all'inizio del giudizio, ma deceduta prima della liquidazione del danno

La vittima dell'errore medico può essere ancora in vita al momento dell'introduzione del giudizio, ma venire a decedere prima della liquidazione del danno. In questa terza e ultima ipotesi:

  • se vi è certezza che l'errore diagnostico o terapeutico ha determinato l'anticipazione del decesso (ovvero una riduzione della durata della vita), il paziente può aver subito, e trasmesso agli eredi, un danno biologico differenziale, e un danno morale da lucida consapevolezza dell'anticipazione della morte;
  • se vi è incertezza che l'errore diagnostico o terapeutico ha causato l'evento fatale, il paziente può aver subito, in relazione al tempo di vita vissuto, e trasmesso iure hereditario, un danno da perdita di chances di sopravvivenza.

In entrambe le ipotesi non è concepibile né risarcibile un danno da «perdita anticipata della vita», suscettibile di ristoro, iure proprio, nei termini esplicitati nel secondo paragrafo (pregiudizio da minor tempo vissuto con il de cuius) ai prossimi congiunti, i quali potranno proporre la relativa domanda in corso di causa, per ragioni di economia processuale.

Come sancito dalla Suprema Corte, se viene accertata una condotta colposa del medico e, al contempo, il nesso eziologico tra detta condotta e la morte del paziente, non vi è spazio (o meglio, ragione) per risarcire un danno da perdita di chance, poiché la «domanda giudiziale che configuri una ipotesi di danno da perdita di chance di sopravvivenza (fatto valere dai congiunti della vittima iure hereditario)», come del resto «un danno da perdita di chance di godere del rapporto parentale fatto valere dai parenti iure proprio», trova «il suo autonomo fondamento (e la autonomia del conseguente petitum processuale) in ragione della incertezza sull'anticipazione dell'evento morte», mentre quelle «stesse pretese si tramutano, di converso, in domanda di risarcimento tout court del danno da perdita anticipata del rapporto parentale, ove sia certo e dimostrabile, sul piano eventistico, che la condotta illecita abbia cagionato l'anticipazione dell'evento fatale». E così, «nei casi in cui l'evento di danno sia costituito non da una possibilità - sinonimo di incertezza del risultato sperato - ma dal (mancato) risultato stesso, non di chance perduta par lecito discorrere, bensì di altro e diverso evento di danno (in ambito sanitario, la perdita anticipata della vita, rigorosamente accertata come conseguenza dell'omissione sul piano causale)» (Cass. sent. n. 28993/19 cit.; in senso conforme, Cass. civ., sez. III, ord. 6 luglio 2020, n. 13870 ; tra le pronunce di merito, Trib. La Spezia, 21 settembre 2020, n. 425 ; App. Ancona, sez. I, 31 gennaio 2024, n. 179).

La netta diversità, insomma, emerge sin dai presupposti.

In conclusione

Diagnosi e cure tempestive e corrette non sempre consentono la guarigione ma, talora, possono comunque ritardare l'exitus e, sempre in alcuni casi, risparmiare al paziente ulteriori sofferenze.

Ove sia accertato, secondo il principio civilistico del «più probabile che non», che l'errore diagnostico o terapeutico abbia anticipato o anticiperà la morte, comunque inevitabile, del paziente (mentre, in caso di corretta e tempestiva diagnosi o cura, egli avrebbe avuto dinanzi a sé ancora un periodo di vita, secondo le statistiche cliniche e scientifiche), è risarcibile alla vittima (oppure ai suoi eredi, se la morte è intervenuta prima dell'introduzione del giudizio o della liquidazione del danno) il danno biologico differenziale, determinato dalla peggiore qualità della vita.

Il paziente si è, difatti, trovato a dover condurre, a causa dell'errore medico, una vita residua qualitativamente inferiore rispetto a quella che avrebbe potuto avere sotto il profilo dinamico-relazionale, nonostante la preesistente condizione patologica.

Oltre a tale pregiudizio, potrà risarcirsi il danno morale da lucida consapevolezza degli esiti infausti, a far data dall'eventuale acquisizione di tale consapevolezza, correlato al periodo di tempo effettivamente vissuto.

Il danno da perdita anticipata della vita non va concettualmente sovrapposto e confuso con il danno da perdita di chance di (maggiore) sopravvivenza, poiché, se la morte è intervenuta (in relazione alla patologia riguardo alla quale si discute dell'errore medico), l'incertezza eventistica, che di quest'ultima costituisce il fondamento logico prima ancora che giuridico, è stata smentita da quell'evento (Cass. sent. n. 26851/2023 e ord. n. 21415/24 cit.).

Detto altrimenti, esiste un nesso eziologico tra l'errore diagnostico o terapeutico e la morte anticipata del paziente, senza, dunque, che sia possibile evocare (anche) la perdita di chance di sopravvivenza, la cui risarcibilità non è legata a un'insufficiente relazione causale con il danno, essendo connaturata all'incertezza eventistica: ai fini della risarcibilità, in via equitativa, del danno da perdita di chance è pur sempre necessario accertare il nesso di causa, secondo i comuni criteri civilistici che richiedono una prova inequivocabile del legame tra azione (od omissione) ed evento incerto.

Non è, pertanto, ammissibile la «congiunta attribuzione di un risarcimento da “perdita anticipata della vita” e da perdita di chance di sopravvivenza, trattandosi di voci di danno logicamente incompatibili, salvo il caso, del tutto eccezionale, in cui si accerti, anche sulla base della prova scientifica acquisita, che esista, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto, la seria, concreta e apprezzabile possibilità, sulla base dell'eziologica certezza della sua riconducibilità all'errore medico, che, oltre quel tempo già determinato di vita perduta, il paziente avrebbe potuto sopravvivere ancora più a lungo» (Cass. n. 21415/24 cit.; v., inoltre, Cass. sent. n. 26851/23 cit.).

Sul discusso tema della perdita di chances di guarigione o di sopravvivenza merita conto ricordare la tesi critica di Rossetti che, ripercorrendo l'evoluzione giurisprudenziale che ha portato a «estendere alla materia del danno non patrimoniale principi già consolidati in materia di danno patrimoniale», mette in evidenza tre aporie: «il fondamento della nozione; il rapporto di causalità e gli effetti cui questa tesi conduce. Per quanto attiene il fondamento della nozione, (...) la “speranza di guarire” solo con molta fantasia può essere considerata un “bene” ricompreso nel patrimonio del malato. Il bene tutelato è la salute, e dal punto di vista giuridico la speranza di guarire è come la speranza del creditore di essere pagato: una mera aspettativa, non un “bene”. Per quanto attiene il nesso di causa (...) Se per il criterio del “più sì che no” la causa efficiente è la “meno improbabile” tra più possibili concause; e se la perdita di chance è la perdita della mera possibilità di guarire, ciò vuol dire che sarebbe teoricamente possibile condannare un medico al risarcimento per il solo fatto che la sua condotta è stata la causa improbabile d'un danno improbabile, anche se possibile. (...) la tesi in esame perviene all'assurdo risultato che il medico è sempre condannato al risarcimento, quale che sia l'incidenza causale della sua omissione sulla morte del paziente. L'unica cosa che cambia è il quantum del risarcimento. Il danno da perdita di chances di sopravvivenza (o guarigione), in definitiva non è che un danno non patrimoniale da colpa medica che viene liquidato in assenza di prova d'un valido nesso causale» (Rossetti M. Il danno alla salute, Padova, 2021, 1042 e ss.).

Per quanto riguarda i criteri (puramente equitativi) di liquidazione del danno da perdita di chance in ambito di responsabilità medica, si rinvia a Spera D., Responsabilità civile e danno alla persona, Milano, 2025, 594 e ss., ove viene rilevato che la giurisprudenza di merito, «di regola, pone a base del calcolo del risarcimento (...) la durata effettiva della vita, che viene confrontata con quella “teorica” (ossia astrattamente prevedibile in caso di corretto approccio terapeutico). Lo “scarto”, che rappresenta la “perdita”, viene poi quantificato in via equitativa utilizzando il metro della ITT pro die personalizzato, oppure il “valore persona” agganciato alla IP del 100% con gli opportuni adattamenti, oppure il parametro del danno da morte del prossimo congiunto, applicando, in ogni caso, una percentuale di riduzione, solitamente rapportata all'entità delle chances “fruibili”».

Va infine menzionato, con riferimento al colposo ritardo diagnostico di una condizione patologica a esito certamente infausto, il principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità per cui, in tal caso, si configura la perdita di un bene reale, certo (sul piano sostanziale) ed effettivo, costituito (non già dalla perdita di chances connesse allo svolgimento di specifiche scelte di vita che non è stato possibile compiere, ma) dal venir meno di una serie di opzioni con le quali affrontare la prospettiva della fine ormai prossima, in considerazione del fatto che «non solo l'eventuale scelta di procedere (in tempi più celeri possibili) all'attivazione di una strategia terapeutica, o la determinazione per la possibile ricerca di alternative d'indole meramente palliativa, ma anche la stessa decisione di vivere le ultime fasi della propria vita nella cosciente e consapevole accettazione della sofferenza e del dolore fisico (senza ricorrere all'ausilio di alcun intervento medico) in attesa della fine, appartengono, ciascuna con il proprio valore e la propria dignità, al novero delle alternative esistenziali che il velo d'ignoranza illecitamente indotto dalla colpevole condotta dei medici convenuti ha per sempre impedito che si attuassero come espressioni di una scelta personale» (Cass. civ., sez. III, ord. 23 marzo 2018, n. 7260; Id., sent. 15 aprile 2019, n. 10424).

Riferimenti 

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Bregoli A., Il risarcimento per la perdita della vita: una Totentanz dei nostri giorni, in Riv. trim. dir. proc. civ., fasc.3, 1 Settembre 2022, 777.

Cancian V.L., Iure proprio o iure hereditatis? Un itinerario in tema di risarcibilità del danno da perdita della vita, in Riv. it. med. leg. (e del dir. san.), fasc.3, 2022, 788.

Citarella G., Errore diagnostico e perdita di chance in Cassazione, in Resp. civ. prev., 2004, 1045.

Cocuccio M., Il danno da uccisione del congiunto, in Dir. fam., fasc.3, 1 Settembre 2021, 1374.

Gribaudi M.N., Il danno da perdita di chance, in Todeschini N. (a cura di), La responsabilità in medicina, Milano, 2023, 429.

Mariotti P., Caminiti R., Liquidazione del danno biologico in caso di ridotta aspettativa di vita conseguente al fatto lesivo: spunti per un dibattito, in IUS Responsabilità Civile, 24 Novembre 2021.

Martini F., De Filippis M., Danno da perdita anticipata della vita e danno da perdita di “chance” di sopravvivenza, in IUS Responsabilità Civile, 18 Ottobre 2023.

Moretti B., Vita probabile o vita effettiva? La Cassazione torna sul criterio di liquidazione del danno biologico, in Resp. civ. prev., fasc.4, 2023, 1190B.

Nava F., Innocenti reificazioni: il danno da perdita di chance come fictio iuris, in Riv. it. med. leg. (e del dir. san.), fasc.2, 2020, 1282.

La Redazione, Responsabilità sanitaria e danno da perdita di chance, in IUS Responsabilità Civile, 13 febbraio 2025.

Petroni G., Carabellese F., Giuga G., Milano F., Vella R., Mauriello S., Potenza S., Marella G., Perdita del bene vita: un danno irrisarcibile o che non si è saputo risarcire?, in Riv. it. med. leg. (e del dir. san.), fasc.4, 1 Agosto 2022, 909.

Pucella R., Danno da perdita della vita e da perdita di chances: i due eccellenti convitati di pietra, in Resp. civ. prev., fasc.6, 2023, 2022.

Putignano D.S., Salviamo il danno da perdita di chance non patrimoniale dalla sua indeterminatezza, in IUS Responsabilità Civile, 3 Luglio 2024.

Savoia R., Risarcibile la perdita di chance per il ritardo diagnostico del processo morboso terminale, in Dir. giust., fasc.31, 2015, 52.

Spera D., Responsabilità civile e danno alla persona, Milano, 2025, 594 e ss.

Tassone B., Il tempo, il torto e il giudizio risarcitorio nel ristoro del danno da omessa o ritardata diagnosi di malattia terminale, in Resp. civ. prev., fasc.1, 1 Gennaio 2024, 6.

Vitarelli F., Perdita di chance di sopravvivenza: una lettura epicurea per contestarne il disinvolto utilizzo, in Riv. it. med. leg. (e del dir. san.), fasc.3, 2018, 1210.

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