L’assicurato che subisce lesioni personali da trasportato a seguito di un sinistro avvenuto sul mezzo a lui intestato può chiedere il risarcimento del danno al proprio assicuratore?

Michele Liguori
16 Giugno 2025

La Suprema Corte, in tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, torna a occuparsi delle azioni dirette poste dalla legge a tutela del proprietario che sia vittima dell’incidente in quanto terzo trasportato.

Massima

In caso di azione promossa dall'assicurato proprietario del veicolo, che sia vittima dell'incidente in quanto terzo trasportato, nei confronti del proprio assicuratore, laddove è impugnata la sentenza di primo grado, che ha escluso l'applicazione dell'art. 141 cod. ass., anche in relazione alla mancata applicazione dell'art. 144 cod. ass., rientra nel potere del giudice di appello, laddove ne siano dedotti i fatti costitutivi, la verifica della qualificazione della domanda secondo la prospettazione dell'appellante ovvero, ritenuta non legittima tale qualificazione, il ricorso alle norme generali sul risarcimento del danno.

In tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, l'interpretazione conforme al diritto dell'Unione Europea dell'art. 144 del d.lgs. n. 209 del 2005 impone di riconoscere, in favore dell'assicurato proprietario del veicolo che in quanto terzo trasportato sia vittima dell'incidente, il risarcimento del danno a carico del proprio assicuratore, non potendo la sua posizione, ai fini della copertura assicurativa disciplinata dalla citata disposizione, distinguersi da quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente.

Il caso 

Un uomo, trasportato sul motoveicolo di sua proprietà, subisce lesioni personali a seguito della caduta del mezzo causata dalla perdita di controllo da parte del conducente.

Il leso agisce in giudizio nei confronti della sola impresa di assicurazione del motoveicolo ospitante al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti.

L'impresa di assicurazione si costituisce e contesta sia la dinamica del sinistro che la qualità di "terzo trasportato" del leso. ​

Il Giudice di Pace dichiara improponibile la domanda in quanto la caduta è avvenuta per caso fortuito (presenza di terriccio) e non per colpa del conducente, con conseguente inapplicabilità dell'art. 141 cod. ass.

Il leso propone appello avverso detta sentenza affidato a due motivi.

Con il primo motivo contesta l'applicazione dell'art. 141 cod. ass. e sostiene che la domanda doveva essere qualificata ai sensi dell'art. ​144 cod. ass. (azione diretta del danneggiato nei confronti dell'impresa di assicurazione del responsabile civile).

Con il secondo contesta la presenza del caso fortuito.

L'impresa di assicurazione si costituisce e:

  • contesta la qualificazione dell'azione prospettata dal leso;
  • deduce l'ammissibilità dell'azione ex art. 141 cod. ass. anche nel caso di sinistro autonomo e, quindi, senza coinvolgimento di altro veicolo;
  • rileva la correttezza della decisione di primo grado per aver ritenuto sussistente il caso fortuito con conseguente inapplicabilità di detta disposizione.

Il Tribunale di Catania con sentenza 3/2/2021 n. 548:

  • rigetta l'appello;
  • conferma l'improponibilità della domanda;
  • condanna l'appellante al pagamento delle spese di lite.

Il Tribunale, in particolare, ritiene che:

  • l'unica qualificazione possibile della domanda proposta con l'atto di citazione è quella dell'azione diretta ex art. 141 cod. ass.;
  • tale norma non può applicarsi al caso in esame in quanto manca uno dei requisiti per la sua applicazione e, cioè, il coinvolgimento di più veicoli;
  • l'art. 144 cod. ass. non è applicabile perché il leso è il proprietario del motoveicolo ospitante e, quindi, non può agire contro l'impresa di assicurazione dello stesso motoveicolo che copre esclusivamente i danni verso terzi (salvo la polizza Kasko);
  • il leso, pertanto, avrebbe potuto agire esclusivamente contro il conducente.

Il leso propone ricorso per cassazione avverso detta sentenza affidato a quattro motivi.

Con il primo motivo lamenta “nullità della sentenza per violazione del giudicato interno di cui agli artt. 112,115 c.p.c. sotto il profilo dell'art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.”.

Il ricorrente, con tale motivo, sostanzialmente lamenta che:

  • la sentenza è nulla per violazione del giudicato interno sulla qualifica del danneggiato quale “terzo trasportato”;
  • non vi sarebbe stata contestazione circa tale qualificazione sicché al giudice dell'appello era precluso pronunciarsi in modo difforme dal giudicato se non a costo di incorrere nella violazione dell'art. 112 c.p.c.

Con il secondo motivo lamenta “violazione dell'art. 112 c.p.c. per falsa ed errata qualificazione dell'azione di cui all'art. 144 CdA in relazione all'art. 360 n. 4 c.p.c.”.

Il ricorrente, con tale motivo, sostanzialmente censura la sentenza per aver:

  • errato la qualificazione della domanda;
  • escluso che il proprietario del motoveicolo, su cui egli viaggiava come terzo trasportato, potesse avere la tutela che spetta al terzo trasportato;
  • trascurato che aveva chiesto il risarcimento del danno alla persona riportato nel sinistro ai sensi dell'art. 144 cod. ass.;
  • omesso di attenersi a tale prospettazione;
  • erroneamente qualificato la fattispecie ai sensi dell'art. 141 cod. ass. di cui non ricorrevano peraltro i presupposti (pluralità di veicoli);
  • violato il principio di cui all'art. 112 c.p.c. di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Con il terzo motivo lamenta “nullità della sentenza per violazione dell'art. 132 comma 1 n. 4 c.p.c. in uno all'art. 111 Cost., sotto il profilo dell'art. 360 n. 4 c.p.c. in merito all'errata qualificazione dell'azione. Nullità della sentenza per manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in merito alla qualificazione dell'azione”.

Il ricorrente, con tale motivo, sostanzialmente lamenta la contraddittorietà della motivazione della sentenza per aver qualificato l'azione ai sensi dell'art. 141 cod. ass. contraddicendo palesemente le premesse del ragionamento.

Con il quarto motivo lamenta “violazione degli artt. 141 e 144 CdA della Direttiva del Consiglio 30.12.1983, 84/5/CEE e Direttiva Consiglio 14 maggio 1990 sotto il profilo dell'art. 360 n. 3 c.p.c. con particolare riguardo al principio "vulneratus ante omnia reficiendus".

L'impresa di assicurazione non si costituisce e rimane intimata.

La Suprema Corte con la decisione in commento (Cass. 7/2/2025 n. 3078):

  • rigetta il primo motivo;
  • accoglie i restanti motivi;
  • cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti;
  • rinvia la causa al Tribunale di Catania, in persona di altro magistrato, cui rimette di provvedere alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Le questioni

Le questioni giuridiche affrontate dal giudice di legittimità sono due.

La prima è relativa a quali siano i poteri del giudice di appello in ordine alla qualificazione della domanda dell’appellante nel caso in cui ne siano dedotti i fatti costitutivi.

La seconda è relativa a quale sia la tutela dell’assicurato proprietario del veicolo che abbia subito lesioni personali quale trasportato sullo stesso mezzo a seguito di un sinistro stradale.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte - dopo aver ritenuto inammissibile e in ogni caso infondato il primo motivo di ricorso - ritiene fondati i restanti motivi.

La Suprema Corte, allo specifico riguardo, rileva che il Tribunale:

  • non poteva denegare giustizia solo perché non ricorrevano i presupposti dell'azione di cui all'art. 141 cod. ass.;
  • avrebbe dovuto qualificare la domanda, in base ai fatti costitutivi dedotti, ai sensi dell'art. 144 cod. ass. ovvero spiegare le ragioni per cui detta qualificazione non era legittima e fare ricorso alle norme generali sul risarcimento del danno (art. 2043 c.c.);
  • è incorso nella violazione delle norme eurounitarie e del principio solidaristico “vulneratus ante omnia reficiendus” in base al quale le norme interne agli Stati non possono privare le disposizioni eurounitarie del loro effetto utile.

La Suprema Corte, pertanto:

  • rileva che “ai fini della copertura assicurativa di cui all'art. 144 è irrilevante il fatto che la vittima si identifichi con il proprietario la cui posizione giuridica va assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente”;
  • indica, a sostegno del suo assunto, tre precedenti (Cass. 17/1/2021 n. 1179, che però non è pertinente in quanto è della Sezione Tributaria ed è relativa a impugnazione di avviso di accertamento spiccato dall'Agenzia delle Entrate per maggiori redditi ai fini IRES, IRAP e IVA; Cass. 3/7/2020 n. 13738; Cass. 19/1/2018 n. 1269).

La Suprema Corte, pertanto, alla luce di tali principi accoglie il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso e cassa con rinvio la sentenza impugnata.

Osservazioni

La decisione della Suprema Corte appare senz'altro corretta.

Queste le ragioni.

La prima parte della decisione - relativa alla qualificazione della domanda - è corretta sia nella parte in cui ha ritenuto, seppur solo implicitamente, ammissibile la doglianza, sia nella parte in cui l'ha ritenuta fondata.

La rilevazione e interpretazione del contenuto della domanda, infatti, è attività riservata al Giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se non in alcuni ridotti limiti, tra cui rientra l'ipotesi, che ricorre nel caso in esame, in cui l'errore sia lamentato come un vizio di nullità processuale, ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per la difformità dell'attività del Giudice dal paradigma della norma processuale violata (Cass. 10/11/2021 n. 33094; Cass. 11/12/2020 n. 28295; Cass. 10/6/2020 n. 11103; Cass. 27/11/2018 n. 30601).

Per il resto essa è perfettamente in linea con quanto affermato dalla Consulta e dalla giurisprudenza di legittimità anche nel suo massimo consesso.

La Consulta, infatti, in più occasioni:

  • ha ritenuto manifestamente inammissibili i dubbi di costituzionalità dell'art. 141 cod. ass. sollevati da più parti in quanto i giudici rimettenti non avevano “adempiuto l'obbligo di ricercare un'interpretazione costituzionalmente orientata delle norme impugnate, nel senso cioè che esse si limitino a rafforzare la posizione del trasportato, considerato soggetto debole, legittimandolo ad agire direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice del veicolo, senza peraltro togliergli la possibilità di fare valere i diritti derivanti dal rapporto obbligatorio nato dalla responsabilità civile dell'autore del fatto dannoso”;
  • ha rilevato che “tale interpretazione delle norme impugnate avrebbe consentito di superare i prospettati dubbi di costituzionalità” (Corte Cost. 13/6/2008 n. 205; conf. Corte Cost. 26/6/2009 n. 191; Corte Cost. 23/12/2008 n. 440).

Le Sezioni Unite, a loro volta, proprio di recente hanno affermato che tale lettura auspicata dalla Consulta consente di ritenere che “la previsione dell'art. 141 cod. ass. non esaurisce la tutela del terzo trasportato, ma costituisce uno strumento eventuale e alternativo rispetto alle tradizionali azioni già previste dall'ordinamento in favore del passeggero danneggiato, ossia l'azione ex artt. 2043 e 2054 c.c., concorrente con quella ex art. 1681 c.c., nel caso di trasporto avvenuto in base a titolo contrattuale…e quella prevista dall'art. 144 cod. ass. (già riconosciuta dalla L. n. 990 del 1969, art. 18) nei confronti dell'impresa assicuratrice del responsabile civile” (Sez. Un. 30/11/2022 n. 35318).

Le Sezioni Unite, pertanto, ne hanno tratto il conseguente corollario secondo cui il trasportato può:

  • a) ricorrere all'azione ex art. 141 cod. ass., giovandosi dell'alleggerimento dell'onere probatorio posto a suo carico, ma accettando la contropartita e il contenimento dell'obbligazione dell'impresa di assicurazione del vettore entro il massimale minimo di legge (ma con possibilità di proporre una successiva domanda di risarcimento per l'eventuale maggior danno nei confronti dell'assicuratrice del responsabile civile che sia coperto da un massimale superiore a quello minimo);
  • b) oppure proporre l'ordinaria azione diretta ex art. 144 cod. ass.:

(-) nei confronti di una sola impresa di assicurazione, beneficiando del massimale di polizza invece che di quello minimo legale, ma esponendosi al rischio che venga dimostrata la responsabilità d'un terzo nella causazione del sinistro;

(-) nei confronti di tutte le imprese di assicurazione dei veicoli coinvolti, beneficiando dei massimali di polizza invece che di quello minimo legale, ma dovendo sopportare l'allungamento dei tempi processuali conseguente alla necessità di accertamento delle responsabilità.

 

 

Le Sezioni Unite - certamente preoccupate delle conseguenze dei principi da esse affermati - hanno ricordato espressamente a tutti gli operatori (giudici di merito in testa) che:

  • il giudice di merito, nel qualificare la domanda ai sensi dell'art. 141 cod. ass. piuttosto che ai sensi dell'art. 144 cod. ass. , non potrà limitarsi a considerare la qualificazione ad essa data dalla parte attrice o le norme da essa richiamate, ma dovrà valutare nel loro complesso i fatti posti a fondamento della domanda e le ragioni giuridiche spese per illustrarli”;
  • a tutela del generale principio di conservazione degli effetti degli atti giudiziari e di ragionevole durata dei processi, l'accertata insussistenza dei presupposti richiesti dall'art. 141 cod. ass. (ad es…per il coinvolgimento di un solo veicolo nella causazione del sinistro) non potrà condurre al rigetto della domanda, se questa presenti comunque tutti i presupposti di fatto e di diritto richiesti dagli artt. 2054 c.c., o 144 cod. ass., e non risulti che l'attore abbia espressamente rifiutato di avvalersi di tali strumenti, quanto meno in via subordinata” (Sez. Un. 30/11/2022 n. 35318).

Nel caso in esame:

  • i giudici di merito hanno contravvenuto proprio a tale ultimo principio sancito dalle Sezioni Unite;
  • la Suprema Corte ha applicato correttamente tale ultimo principio anche se ha omesso di indicare l'autorevole precedente delle Sezioni Unite che lo aveva affermato.

La seconda parte della decisione - relativa alla tutela dell'assicurato proprietario del veicolo che abbia subito lesioni personali quale trasportato sullo stesso mezzo a seguito di un sinistro stradale - merita un approfondimento, non fatto dalla Suprema Corte, che deve necessariamente prendere le mosse dalla posizione assicurativa dei terzi trasportati su veicoli a motore che è stata oggetto di una lunga e intricata evoluzione normativa, nazionale ed eurounitaria.

L'art. 4 L. 24/12/1969 n. 990, nel testo originario, escludeva dai benefici assicurativi molte categorie di persone: gli assicurati (e quindi conducente e proprietario), i loro coniugi, parenti e affini sino al terzo grado, i trasportati (a meno che non si trattasse di persone trasportate su veicoli destinati a uso pubblico, su autobus destinati a uso privato, su veicoli a uso privato da noleggiare con conducente, ovvero su veicoli destinati al trasporto di cose che fossero stati eccezionalmente autorizzati al trasporto di persone) e i soci illimitatamente responsabili, ove l'assicurato fosse una società.

L'art. 1, comma 4, D.L. 23/12/1976 n. 857, successivamente, ha modificato gli art. 1 e 4, lett. c, L. 24/12/1969 n. 990 e ha esteso espressamente i benefici assicurativi a qualunque persona trasportata a qualunque titolo:

  • su veicoli destinati al trasporto di persone, a uso pubblico e privato;
  • su veicoli destinati al trasporto di cose che fossero stati eccezionalmente autorizzati al trasporto di persone.

L'art. 3 della seconda direttiva del Consiglio CEE del 29/12/1983 n. 5/84, successivamente, ha sancito che “i membri della famiglia dell'assicurato, del conducente e di qualsiasi altra persona la cui responsabilità civile sia sorta a causa di un sinistro e sia coperta dall'assicurazione di cui all'art. 1, paragrafo 1, non possono essere esclusi, a motivo del legame di parentela, dal beneficio dell'assicurazione per quanto riguarda i danni alle persone”.

Il legislatore italiano ha ignorato completamente tale direttiva e così la Consulta, successivamente, è intervenuta in argomento e ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione di cui all'art. 4, lett. b), L. 24/12/1969 n. 990, nella parte in cui esclude dai benefici dell'assicurazione obbligatoria, per i danni alle persone, il coniuge, gli ascendenti e discendenti legittimi, naturali o adottivi delle persone indicate nella precedente lett. a) - e cioè degli assicurati - nonché gli affiliati e gli altri parenti e affini fino al terzo grado delle medesime, se conviventi con esse o a loro carico (Corte Cost. 2/5/91 n. 188).

L'art. 1, comma 1, della terza direttiva del Consiglio 14/5/1990 n. 90/232/Cee, nelle more, ha sancito che “Fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 1, secondo comma della direttiva 84/5/CEE, l'assicurazione di cui all'articolo 3, paragrafo 1 della direttiva 72/166/CEE copre la responsabilità per i danni alla persona di qualsiasi passeggero, diverso dal conducente, derivanti dall'uso del veicolo”.

L'art. 28 L. 19/2/1992 n. 142, in attuazione dell'art. 1 della terza direttiva del Consiglio 14/5/1990 n. 90/232/Cee, successivamente, ha abolito qualsiasi restrizione per i terzi trasportati stabilendo che “non è considerato terzo e non ha diritto ai benefìci derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria stipulato a norma della presente legge il solo conducente del veicolo responsabile del sinistro”.

L'art. 4 L. 24/12/1969 n. 990, nel testo definitivo come modificato dal richiamato art. 28 L. 19/2/92 n. 142, ha disposto che “non è considerato terzo e non ha diritto ai benefici derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria…il solo conducente del veicolo responsabile del sinistro”.

Questa lunga evoluzione normativa relativa alla tutela dei terzi trasportati su veicoli a motore è stata recepita in toto dal D.lgs. 7/9/2005 n. 209 (Codice delle Assicurazioni private) e ulteriormente rafforzata.

L'art. 129, commi 1 e 2, cod. ass., infatti, dispone:

1. Non è considerato terzo e non ha diritto ai benefici derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria il solo conducente del veicolo responsabile del sinistro .

2. Ferme restando la disposizione di cui all'articolo 122, comma 2, e quella di cui al comma 1 del presente articolo, non sono inoltre considerati terzi e non hanno diritto ai benefici derivanti dai contratti di assicurazione obbligatoria, limitatamente ai danni alle cose :

a) i soggetti di cui all'articolo 2054, terzo comma, del codice civile ed all'articolo 91, comma 2, del codice della strada…”.

Tale norma, pertanto, prevede espressamente che:

  • il solo conducente del veicolo responsabile del sinistro non è considerato terzo e, quindi, non ha diritto ai benefici dai benefici derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria (azioni dirette comprese);
  • il proprietario del veicolo responsabile del sinistro non è considerato terzo - e, quindi, non ha diritto ai benefici derivanti dal contratto di assicurazione obbligatoria (azioni dirette comprese) - limitatamente ai danni alle cose e, cioè, nel solo caso di danno subito alle cose e non anche di danni subiti alla persona.

Tale previsione normativa costituisce corollario del principio generale, sotteso all'intera materia della responsabilità civile, che esclude in radice che l'autore dell'illecito possa conseguire il risarcimento del danno che egli stesso si è provocato, ossia che possa considerarsi danno risarcibile quello che taluno procura a sé stesso.

Tale principio generale è scolpito nell'art. 2043 c.c. ed è stato ribadito dalla normativa eurounitaria e in particolare:

  • dalla quinta direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11/5/2005 n. 2005/14/CE, in G.U.E. 11/6/2005 n. L 149), secondo cui l'impresa di assicurazione del vettore dovrebbe sempre risarcire il trasportato a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro; tale direttiva, infatti, dispone(va):

(-) al 16° considerando che “i danni alle persone e alle cose subiti da pedoni, ciclisti e altri utenti non motorizzati della strada che costituiscono di solito la parte più debole in un sinistro dovrebbero essere coperti dall'assicurazione obbligatoria del veicolo coinvolto nel sinistro, se hanno diritto alla riparazione del danno conformemente alla legislazione civile nazionale. Tale disposizione fa salva la responsabilità civile o il livello del risarcimento per danni in uno specifico incidente, secondo la pertinente legislazione nazionale”;

(-) all'art. 4 che “l'assicurazione di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 72/166/CEE copre i danni alle persone e i danni alle cose subiti da pedoni, ciclisti e altri utenti non motorizzati della strada che, in conseguenza di un incidente nel quale sia stato coinvolto un veicolo, hanno diritto alla riparazione del danno conformemente alla legislazione civile nazionale. Il presente articolo lascia impregiudicata sia la responsabilità civile, sia l'importo dei danni”;

 

  • dalla sesta direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16/9/2009 n. 2009/103/CE, in G.U.E. 7/10/2009 n. 263, concernente l'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabilità, che ha modificato ed abrogato le direttive del Consiglio 72/166/CEE, 84/5/CEE e 90/232/CEE e le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/26/CE e 2005/14/CE), secondo cui l'impresa di assicurazione del vettore dovrebbe sempre risarcire il trasportato a prescindere dall'accertamento della responsabilità dei conducenti dei veicoli coinvolti nel sinistro; tale direttiva, infatti, dispone:

(-) al 22° considerando che “i danni alle persone e alle cose subiti da pedoni, ciclisti e altri utenti non motorizzati della strada che costituiscono di solito la parte più debole in un sinistro dovrebbero essere coperti dall'assicurazione obbligatoria del veicolo coinvolto nel sinistro, se hanno diritto al risarcimento conformemente alla legislazione civile nazionale. Tale disposizione fa salva la responsabilità civile o il livello del risarcimento per danni in uno specifico incidente secondo la legislazione nazionale”;

(-) all'art. 12, comma 1, che “l'assicurazione di cui all'articolo 3 copre la responsabilità per i danni alla persona di qualsiasi passeggero, diverso dal conducente, derivanti dall'uso del veicolo”;

(-) all'art. 12, comma 3, che “l'assicurazione di cui all'articolo 3 copre i danni alle persone e i danni alle cose subiti da pedoni, ciclisti e altri utenti non motorizzati della strada che, in conseguenza di un incidente nel quale sia stato coinvolto un veicolo, hanno diritto al risarcimento del danno conformemente alla legislazione civile nazionale. Il presente articolo lascia impregiudicata sia la responsabilità civile sia l'importo dei danni”;

 

  • dal Regolamento UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16/2/2011 n. 181 (in GUUE del 28/2/2011 L. 55 che è entrato in vigore il 20/3/2011, concernente i diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004), che dispone:

(-) al 1° considerando che “l'azione dell'Unione nel settore del trasporto con autobus dovrebbe mirare, tra l'altro, a garantire un livello elevato di protezione dei passeggeri, comparabile a quello offerto da altri modi di trasporto, qualunque sia la loro destinazione. Occorre inoltre tenere in debita considerazione le esigenze relative alla protezione dei consumatori in generale”;

(-) al 2° considerando che “dal momento che il passeggero che viaggia con autobus è la parte più debole nel contratto di trasporto, è opportuno garantirgli un livello minimo di protezione”;

(-) al 4° considerando che “i passeggeri e, come minimo, le persone verso le quali il passeggero, in virtù delle disposizioni di legge, aveva o avrebbe avuto un'obbligazione alimentare dovrebbero essere tutelati adeguatamente in caso d'incidente derivante dall'utilizzo di autobus, tenendo conto della direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabilità”;

(-) all'art. 7, comma 1, che “i passeggeri hanno diritto, secondo la legislazione nazionale applicabile, a un risarcimento per il decesso, comprese spese ragionevoli per le esequie, o le lesioni personali nonché per la perdita o il danneggiamento del bagaglio dovuti a un incidente derivante dall'utilizzo di autobus. In caso di decesso di un passeggero, tale diritto si applica come minimo alle persone verso le quali il passeggero, in virtù delle disposizioni di legge, aveva o avrebbe avuto un'obbligazione alimentare”.

La giurisprudenza eurounitaria, in più occasioni, nell'interpretare le norme delle varie direttive del Parlamento europeo e del Consiglio che si sono succedute nel tempo, ha ritenuto che in ambito di R.C. auto debba sempre essere garantito un risarcimento alle vittime, in genere alle persone trasportate, in particolare.

Tale giurisprudenza, infatti:

  • in relazione alla tutela delle vittime in genere, ha autorevolmente, costantemente e condivisibilmente affermato che “per garantire l'effetto utile delle disposizioni del diritto dell'Unione, relative all'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, tali disposizioni devono essere interpretate nel senso che esse ostano alle normative nazionali che pregiudicano tale effetto utile, in quanto, escludendo d'ufficio o limitando in modo sproporzionato il diritto della vittima di ottenere un risarcimento da parte dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, esse compromettono la realizzazione dell'obiettivo di tutela delle vittime di incidenti stradali, costantemente perseguito e rafforzato dal legislatore dell'Unione” (Corte GUE 19/9/2024, in causa C-236/23, Mutuelle assurance; conf. Corte GUE 30/3/2023, in causa C-618/21 AR e altri; Corte GUE 15/12/2022, in causa C-577/21 LM e altro; Corte GUE 10/6/2021, in causa C-923/19,Van Ameyde España);
  • in relazione alla tutela del soggetto trasportato, ha autorevolmente, costantemente e condivisibilmente affermato che:

(-) “L'articolo 3, primo comma, e l'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2009/103/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli e il controllo dell'obbligo di assicurare tale responsabilità…ostano a una normativa nazionale che consente, da un lato, di opporre al passeggero di un veicolo coinvolto in un incidente stradale, che è vittima di tale incidente, qualora quest'ultimo sia anche il contraente dell'assicurazione, la nullità del contratto di assicurazione della responsabilità civile auto risultante da una falsa dichiarazione di tale contraente, resa al momento della conclusione di detto contratto, in merito all'identità del conducente abituale del veicolo di cui trattasi e, dall'altro, all'assicuratore, nell'ipotesi in cui una siffatta nullità sia effettivamente inopponibile a un tale «passeggero vittima», di ottenere il rimborso della totalità delle somme che egli ha versato a tale passeggero in esecuzione del contratto di assicurazione mediante un ricorso proposto contro quest'ultimo, fondato sul comportamento doloso dallo stesso tenuto al momento della conclusione di tale contratto, dal momento che un siffatto rimborso porterebbe a privare di ogni effetto utile le disposizioni di tale direttiva, limitando in modo sproporzionato il diritto della vittima di ottenere un risarcimento da parte dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli” (Corte GUE 19/9/2024, in causa C-236/23, Mutuelle assurance);

(-) “le norme comunitarie che disciplinano la assicurazione obbligatoria della r.c. auto, devono essere interpretate nel senso che esse ostano ad una normativa nazionale che produca lo effetto di escludere in modo automatico l'obbligo in capo allo assicuratore di risarcire la vittima di un incidente stradale qualora tale incidente sia stato causato da un conducente non coperto dalla polizza assicurativa e la suddetta vittima, passeggero del veicolo al tempo dello incidente, fosse assicurata per la guida di tale veicolo e avesse dato a tale conducente il permesso di guidarlo, a nulla rilevando che essa sapesse o meno che la persona da lei autorizzata a guidare il veicolo non era assicurata” (Corte GUE 1/12/2011, in causa C-442/10, Churchill; conf. Corte GUE 17/3/2011, in causa C-484/09, Carvalho Ferreira Santos; Corte GUE 28/3/1996, in causa C-129/94, Ruiz Bernàldez);

(-) le norme eurounitarie vanno interpretate “nel senso che osta ad una normativa nazionale ai sensi della quale l'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per gli autoveicoli non copre la responsabilità dei danni fisici causati alle persone che viaggiano in una parte di un autoveicolo non progettata né costruita con sedili per passeggeri” (Corte GUE 19/4/2007, in causa C-356/03, Farrell);

(-) l'obiettivo della normativa comunitaria “consiste nel garantire che l'assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli debba consentire a tutti i passeggeri vittime di un incidente causato da un veicolo di essere risarciti dei danni subiti”, di talché le norme interne dei singoli Stati “non possono privare le dette disposizioni del loro effetto utile”, ciò che si verificherebbe se una normativa nazionale “negasse al passeggero il diritto al risarcimento da parte dell'assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli, ovvero limitasse tale diritto in misura sproporzionata, esclusivamente sulla base della corresponsabilità del passeggero stesso nella realizzazione del danno”, essendo, in particolare, “irrilevante il fatto che il passeggero interessato sia il proprietario dei veicolo il conducente del quale abbia causato l'incidente”, atteso che la finalità di tutela delle vittime impone “che la posizione giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente” e pertanto le norme eurounitarie che disciplinano l'assicurazione obbligatoria della R.C. auto “ostano ad una normativa nazionale che consenta di negare ovvero di limitare in misura sproporzionata, in considerazione della corresponsabilità del passeggero nella causazione del danno subito, il risarcimento a carico dell'assicurazione obbligatoria degli autoveicoli” (Corte GUE 30/6/2005, in causa C-537/03, Candolin; conf. Corte GUE 9/6/2011, in causa C-409/09, Lavrador).

La giurisprudenza di legittimità, a sua volta, in tema di interpretazione delle norme in materia di assicurazione obbligatoria di veicoli a motore ha autorevolmente, costantemente e condivisibilmente ritenuto che “le norme in tema di assicurazione della r.c.a., in caso di dubbio, vanno interpretate in modo da favorire il pieno risarcimento della vittima, piuttosto che in modo contrario (così sono stati interpretati, da questa Corte e dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea, il XII, XIII e XIV Considerando della Direttiva 2009/103/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, in tema di assicurazione r.c.a.” (Cass. 27/8/2020 n. 17893; conf. Cass. 24/9/2019 n. 23621; Cass. 18/11/2014 n. 24469; Cass. 30/8/2013 n. 19963).

La giurisprudenza di legittimità, ancora, in tema di tutela della vittima trasportata su veicoli a motore, quale ne sia la veste e la qualità e, quindi, anche se proprietaria dello stesso mezzo, molto più ricca di quella indicata dalla Suprema Corte nella decisione in commento, ha autorevolmente, costantemente e condivisibilmente ritenuto che:

  • in tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, in conformità a quanto stabilito dalle direttive 84/5/CEE e 90/232/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di autoveicoli, così come interpretate nella giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione…secondo il principio solidaristico vulneratus ante omnia reficiendus, la vittima trasportata ha sempre e comunque diritto al risarcimento integrale del danno, quale ne sia la veste e la qualità, non potendo l'assicuratore avvalersi per negare il risarcimento di disposizioni legali o di clausole contrattuali, ivi comprese quelle che escludono la copertura assicurativa nelle ipotesi di utilizzo del veicolo da parte di persone non autorizzate o prive di abilitazione alla guida, con l'unica eccezione del trasportato consapevole della circolazione illegale del veicolo, come è nel caso di rapinatori, terroristi o ladri, o quando il veicolo assicurato è condotto da una persona non autorizzata ed il passeggero, vittima dell'incidente, è a conoscenza del fatto che il mezzo è stato oggetto di furto” (Cass. 7/6/2023 n. 15982; conf. Cass. 17/11/2021 n. 34788; Cass. 3/7/2020 n. 13738; Cass. 5/7/2017 n. 16477Cass. 19/6/2015 n. 12687; Cass. 30/8/2013 n. 19963);
  • ai fini del diritto ad ottenere il risarcimento dall'assicuratore, la qualità di vittima - avente diritto al risarcimento prevale su quella di assicurato - responsabile. Ne consegue che, allorché esse qualità si concentrino sulla medesima persona, la prima prevale sulla seconda e deve pertanto riconoscersi all'assicurato il diritto ad essere risarcito dalla compagnia assicurativa, come se si tratti di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente; ai fini della copertura assicurativa è irrilevante il fatto che la vittima si identifichi con il proprietario del veicolo (il quale, al momento del sinistro si trovi a viaggiare sullo stesso come passeggero, dopo avere autorizzato un'altra persona a mettersi alla guida), la cui posizione giuridica va assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente” (Cass. 9/11/2020 n. 25087; conf. Cass. 19/1/2018 n. 1269);
  • la disciplina di diritto interno deve essere interpretata considerando la prevalenza della qualità di vittima-avente diritto al risarcimento su quella di assicurato-responsabile, in conformità al principio solidaristico "vulneratus ante omnia reficiendus" in virtù del quale il terzo trasportato ha un incondizionato diritto al risarcimento del danno alla persona causato da circolazione, anche illegale o contra pacta, del mezzo da parte dell'assicuratore del vettoreil proprietario del veicolo che al momento del sinistro viaggi in qualità di trasportato ha diritto ad ottenere dall'assicuratore il risarcimento del danno derivante dalla circolazione del mezzo, senza che assuma rilevanza la sua eventuale corresponsabilità nel sinistro per averne consentito la circolazione da persona non abilitata o in stato di ebbrezza, salva l'applicazione, in detta ipotesi, dell'art. 1227 cod. civ.” (Cass. 18/1/2019 n. 1279);
  • ai fini dell'applicazione del principio "vulneratus ante omnia reficiendus", occorre che "la posizione giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente"…il diritto dell'Unione osta alla possibilità che l'assicuratore della responsabilità civile per la guida di autoveicoli si avvalga di "disposizioni legali o di clausole contrattuali allo scopo di negare a detti terzi (i trasportati) il risarcimento del danno conseguente ad un sinistro causato dal veicolo assicurato” (Cass. 3/7/2020 n. 13738);
  • gli Stati membri devono esercitare le proprie competenze nel rispetto del diritto comunitario e, segnatamente, dell'art. 3, n. 1, della prima Direttiva, dell'art. 2, n. 1, della seconda Direttiva e dell'art. 1 della terza Direttiva (Direttiva 84/5/CEE - Artt. 1, n. 4, e 2, n. 1 - Terzo vittima - Autorizzazione alla guida esplicita o implicita - Direttiva 90/232/CEE - Art. 1, primo comma - Direttiva 2009/103/CE - Artt. 10, 12, n. 1, e 13, n. 1), il cui obiettivo consiste nel garantire che l'assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli debba consentire a tutti i passeggeri, vittime di un incidente causato da un veicolo, di essere risarciti dei danni dai medesimi subiti. Le disposizioni nazionali che disciplinano il risarcimento dei sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli, pertanto, non possono privare le suddette disposizioni del loro effetto utile. Ciò si verificherebbe, segnatamente, se una normativa nazionale, definita in base a criteri generali e astratti, negasse al passeggero il diritto al risarcimento da parte dell'assicurazione obbligatoria per gli autoveicoli, ovvero limitasse tale diritto in misura sproporzionata, esclusivamente sulla base della corresponsabilità del passeggero stesso nella realizzazione del danno. Per la Corte dell'Unione Europea, dunque, solo al verificarsi di circostanze eccezionali, in base ad una valutazione caso per caso, l'ampiezza del risarcimento della vittima può essere limitata. Nel contesto della valutazione della sussistenza di tali circostanze e del carattere di proporzionalità del limite al risarcimento, la cui competenza spetta al giudice nazionale, è irrilevante il fatto che il passeggero interessato sia il proprietario del veicolo il conducente del quale abbia causato l'incidente. Infatti, nel prevedere che l'assicurazione della responsabilità civile relativa alla circolazione degli autoveicoli copra la responsabilità per i danni alla persona di tutti i passeggeri, ad eccezione del conducente, l'art. 1 della terza direttiva si limita a fissare una distinzione tra il detto conducente e gli altri passeggeri. Inoltre, gli obiettivi di tutela impongono che la posizione giuridica del proprietario del veicolo che si trovava a bordo del medesimo al momento del sinistro, non come conducente, bensì come passeggero, sia assimilata a quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente. Il proprietario dell'autoveicolo, pertanto, in quanto passeggero, non è escluso dal beneficio del risarcimento (Cass. 12/10/18 n. 25391);
  • la vittima trasportata ha sempre e comunque diritto al risarcimento integrale del danno, quale che ne sia la veste e la qualità , con l'unica eccezione del trasportato consapevole della circolazione illegale del veicolo, come è nel caso di rapinatori, terroristi o ladri…Per cui, non derivano particolari problemi, nel caso di specie, dal fatto chefosse al contempo proprietario del veicolo coinvolto nello scontro e trasportato a bordo di esso” (Cass. 5/7/2017 n. 16477);
  • L'art. 3 della direttiva n. 84/5/Cee prevede che l'assicurazione r.c.a. debba obbligatoriamente coprire anche i danni alla persona patiti dai familiari dell'assicurato trasportati sul veicolo. Pertanto a partire dalla scadenza del termine entro il quale le norme di attuazione della direttiva avrebbero dovuto acquistare efficacia (31 dicembre 1988) l'assicuratore del vettore è tenuto a risarcire i danni alla persona patiti dal coniuge dell'assicurato trasportato sul mezzo e comproprietario del veicolo, in virtù della prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale, anche se il sinistro si sia verificato anteriormente alla legge con la quale l'Italia ha dato tardiva attuazione alla suddetta direttiva (l. n. 142 del 1992)” (Cass. 31/1/2008n. 2379).

Deve ritenersi, pertanto, che la Suprema Corte - in base a una corretta interpretazione della normativa nazionale (anche se non indicata) ed eurounitaria - ha correttamente e condivisibilmente confermato il suo orientamento e quello della giurisprudenza eurounitaria che impone di riconoscere, in favore dell'assicurato proprietario del veicolo che in quanto terzo trasportato sia vittima dell'incidente, il risarcimento del danno a carico del proprio assicuratore, non potendo la sua posizione, ai fini della copertura assicurativa, distinguersi da quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente.

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