Amministratore di condominio: per il rinnovo tacito dell’incarico deve essere valida la delibera di nomina originaria

13 Maggio 2025

Con la sentenza in commento, il Supremo Collegio, ribadendo che la delibera dell'assemblea che nomini amministratore di condominio un soggetto privo dei requisiti di “professionalità” prescritti dall'art. 71-bis, lett. g), disp. att. c.c. è nulla per contrarietà a norma imperativa - trattandosi di requisiti dettati a tutela degli interessi generali della collettività ed influenti, pertanto, sulla capacità del contraente - puntualizza che tale vizio si riverbera anche sull'eventuale rinnovo tacito annuale ai sensi del comma 10 del novellato art. 1129 c.c.

Massima

L'incarico di amministratore di condominio può intendersi rinnovato per un anno, come previsto dall'art. 1129, comma 10, c.c., solo se la delibera originaria di nomina non sia nulla per contrarietà all'art. 71-bis disp. att. c.c., dovendosi, in tal caso, negare la possibilità di un rinnovo tacita dell'incarico, in applicazione del principio quod nullum est, nullum producit effectum, atteso che l'interpretazione contraria porterebbe al risultato di eludere i requisiti dettati da quest'ultima disposizione a tutela degli interessi generali della collettività.

Il caso

Per quel che qui interessa, Il giudizio originava da un'impugnativa, proposta da un condomino, nei confronti della delibera assembleare che aveva nominato, come amministratore di condominio, un soggetto il quale - secondo l'attore - non era in possesso dei requisiti di formazione e di aggiornamento di cui all'art. 71-bis disp. att. c.c., chiedendo di dichiarare “in conseguenza la nullità di tutti gli atti e delibere successive, o, in subordine, dal dì dell'omesso rinnovo assembleare della carica”.

Il Tribunale aveva rigettato la domanda e stesso esito aveva avuto il giudizio di appello, atteso che il giudice distrettuale aveva affermato che la dedotta mancanza dei requisiti ex art. 71-bis disp. att. c.c. - segnatamente, la carenza di formazione professionale - in capo all'amministratore nominato con la delibera impugnata “poteva essere motivo di revoca dalla carica, ma non motivo di nullità” della medesima delibera, non essendovi espressa previsione di legge in tal senso; per il resto, si precisava che l'amministratore nominato avesse validamente operato in regime di rinnovo ai sensi del comma 10 dell'art. 1129 c.c.

Il condomino - soccombente in entrambi i gradi di merito - proponeva, quindi, ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare se fosse invalida (nulla o annullabile) la delibera di nomina di un amministratore di condominio che fosse carente ab origine dei requisiti di professionalità, e, in caso positivo, se tale vizio inficiasse anche il rinnovo tacito successivo alla suddetta delibera di nomina.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondate le doglianze del ricorrente.

Invero, l'art. 71-bis disp. att. c.c. - introdotto dall'art. 25 l. 11 dicembre 2012, n. 220 (“Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”), ed entrato in vigore il 18 giugno 2013 - dispone: “1. Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio coloro:

a) che hanno il godimento dei diritti civili;

b) che non sono stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio o per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commina la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, a cinque anni;

c) che non sono stati sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;

d) che non sono interdetti o inabilitati;

e) il cui nome non risulta annotato nell'elenco dei protesti cambiari;

f) che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;

g) che hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.

2. I requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma non sono necessari qualora l'amministratore sia nominato tra i condomini dello stabile.

3. Possono svolgere l'incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo V del libro V del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi. 4. La perdita dei requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del primo comma comporta la cessazione dall'incarico. In tale evenienza ciascun condomino può convocare senza formalità l'assemblea per la nomina del nuovo amministratore. 4. A quanti hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno un anno, nell'arco dei tre anni precedenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è consentito lo svolgimento dell'attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g) del primo comma. Resta salvo l'obbligo di formazione periodica” (v., al riguardo, il d.m. 13 agosto 2014, n. 140, “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità per la formazione degli amministratori di condominio nonché dei corsi di formazione per gli amministratori condominiali”).

In generale, si osserva che la l. n. 220/2012, soprattutto con gli artt. 1129, 1130 e 1130-bis c.c., ha profondamente rimodellato la figura dell'amministratore di condominio, incrementandone gli obblighi, le attribuzioni e le connesse responsabilità, tanto nei confronti dei condomini, quanto nei confronti dei terzi.

In particolare, la formulazione dell'art. 71-bis disp. att. c.c. ed i lavori preparatori rendono chiara l'intenzione del legislatore di assoggettare il contratto di amministrazione di condominio al possesso di requisiti di professionalità e onorabilità in capo al soggetto nominato (Cass. civ., sez. II, 19 marzo 2021, n. 7874), disposti nell'interesse superiore della collettività ed influenti, quindi, sulla capacità del contraente.

Ad avviso degli ermellini, il citato art. 71-bis delimita, per ragioni di ordine pubblico, il novero delle persone che, giacché munite di tali requisiti, sono idonee al compimento delle attività inerenti alla complessa prestazione dell'amministratore di condominio, “rivelandosi perciò norma imperativa ed inderogabile”.

Viene richiamato, sul punto, il recente arresto del supremo organo di nomofilachia (Cass. civ., sez. un., 14 aprile 2021, n. 9839), secondo cui sono nulle, e perciò sottratte al termine perentorio di impugnazione di 30 giorni stabilito dal comma 2 dell'art. 1137 c.c., le delibere dell'assemblea di condominio “illecite”, tali essendo quelle che, seppur adottate nell'àmbito delle attribuzioni dell'assemblea, risultano contrarie a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume, e l'art. 71-bis disp. att. c.c. è, appunto, una norma imperativa, in quanto “non è derogabile dalla volontà dei privati ed è posta a tutela degli interessi generali della collettività”.

Il fatto che l'art. 71-bis disp. att. c.c. regoli espressamente, al comma 4, la fattispecie della “perdita dei requisiti” di cui alle lett. a), b), c), d) ed e) del comma 1, indicandola come causa di “cessazione dall'incarico” - della quale l'assemblea, convocata “senza formalità”, si limita a prendere atto - non significa affatto che identica soluzione debba prescegliersi per l'ipotesi del difetto originario dei requisiti stessi.

Anzi - secondo i magistrati del Palazzaccio - sarebbe “manifestamente irragionevole” una disposizione che parificasse nel trattamento normativo la perdita sopravvenuta dei requisiti di professionalità ed onorabilità necessari per lo svolgimento di un incarico, la quale logicamente riveste un effetto ex nunc, all'ipotesi dell'accertamento dell'insussistenza ab initio dei requisiti legittimanti, vicenda che non può che produrre i suoi effetti ex tunc.

Neppure assume rilievo l'argomento che l'art. 71-bis disp. att. c.c. non prevede espressamente la nullità della delibera di nomina di un soggetto sprovvisto dei requisiti in esame, atteso che l'art. 1418, comma 1, c.c. - applicabile anche in subiecta materia - prevede la nullità dell'atto di autonomia privata “contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente” (c.d. nullità per illegalità), e l'essere l'art. 71-bis disp. att. c.c. una norma proibitiva “imperfetta”, che, cioè, non abbina al divieto di svolgimento dell'incarico di amministratore di condominio senza i requisiti un'esplicita sanzione civilistica, non vale a smentire la nullità della delibera di nomina.

Si rammenta, in proposito, che, di recente, tanto il supremo consesso decidente (Cass. civ., sez. un., 15 marzo 2022, n. 8472) tanto i giudici della Consulta (Corte Cost. 28 febbraio 2024, n. 22) hanno ripreso la distinzione dogmatica tra “nullità testuali” - quelle che prevedono espressamente la sanzione della nullità, quale conseguenza della violazione di una norma imperativa - e “nullità virtuali” - quelle che, pur in mancanza di tal espressa previsione, derivano comunque dalla contrarietà a norme imperative ai sensi del comma 1 dell'art. 1418 c.c. “salvo che la legge disponga diversamente” - spiegando che queste ultime richiedono all'interprete di accertare se il legislatore, con la prescrizione di norme imperative, abbia anche inteso far discendere, dalla contrarietà dell'atto negoziale ad esse, la sua nullità.

Osservazioni

La sentenza in commento - con una motivazione identica a quella della coeva Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2024, n. 28195 - ha aggiunto che la violazione della norma imperativa di cui all'art. 71-bis disp. att. c.c. determina la nullità non soltanto della delibera di nomina, ma anche del contratto di amministrazione condominiale stipulato con il soggetto privo dei requisiti normativi di capacità, il quale non ha, quindi, azione per il pagamento del compenso corrispondente all'attività illegalmente prestata.

D'altronde, la soluzione ermeneutica che depone per la nullità della delibera di nomina di un amministratore di condominio sprovvisto dei requisiti ex art. 71-bis disp. att. c.c. è in linea anche con la diffusa interpretazione che si dà dell'art. 2387 c.c. in tema di società per azioni, ritenendosi, appunto, radicalmente nulla, in forza del rinvio all'art. 2382 c.c., la nomina dell'amministratore che sia ab origine non in possesso degli speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza, cui lo statuto subordini l'assunzione della carica (comportando, invece, la decadenza il venir meno di detti requisiti in corso del mandato).

Spetterà, pertanto, al giudice di merito a cui viene rinviato il giudizio - il quale aveva, invece, ritenuto che l'essere privo dei suddetti requisiti comportasse soltanto l'eventuale revoca da parte dell'autorità giudiziaria su ricorso del singolo condomino - accertare, al fine di verificare la validità della delibera assembleare impugnata, se l'amministratore nominato avesse o meno il possesso dei requisiti (segnatamente, di professionalità) contemplati dall'art. 71-bis disp. att. c.c., salvo che il soggetto designato fosse compreso fra i condomini dello stabile, che ne sono (inspiegabilmente) esenti ai sensi del comma 2 dello stesso art. 71-bis.

Ne consegue che, affinchè l'incarico di amministratore possa intendersi rinnovato per un anno, agli effetti dell'art. 1129, comma 10, c.c., è necessario, però, che la delibera originaria di nomina non sia nulla per contrarietà all'art. 71-bis disp. att. c.c., dovendosi negare la possibilità di una rinnovazione tacita dell'incarico, in applicazione del principio quod nullum est, nullum producit effectum, “posto che, altrimenti, si perverrebbe al risultato di eludere i requisiti dettati da quest'ultima disposizione a tutela degli interessi generali della collettività”.

Purtroppo, sullo sfondo, resta irrisolto - in attesa di un auspicabile chiarimento da parte della Suprema Corte - il problema posto dallo stesso comma 10 dell'art. 1129 c.c. (di non felice formulazione), in base al quale “l'incarico dell'amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per uguale durata”, stabilendo, però, al fine di evitare soluzioni di continuità tra un incarico ed il successivo, che “l'assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore”.

La questione relativa alla durata dell'incarico di amministratore non ha trovato, nella l. n. 220/2012, una soluzione univoca: all'esito dei lavori parlamentari, ove si erano sostanzialmente fronteggiate due tesi contrapposte - tra la conferma della durata annuale e l'alternativa della durata biennale - il disposto in esame ha optato per una soluzione di compromesso, nel senso che l'incarico mantiene la “durata di un anno”, con l'aggiunta, appunto, che l'incarico stesso “si intende rinnovato per uguale durata”.

Permanendo sempre la durata legale annuale dell'incarico di amministratore, i giudici di merito si sono, tuttavia, divisi sui presupposti e sull'àmbito di operatività di questa “rinnovazione legale” dell'incarico dell'amministratore.

Nello specifico, alcuni hanno sostenuto che, solo alla scadenza del primo anno, l'amministratore rimanga in carica nella pienezza delle sue attribuzioni unicamente per un ulteriore anno (ritenendo, in buona sostanza, una durata tendenzialmente biennale dell'incarico), mentre altri hanno reputato che il meccanismo della rinnovazione ex lege operi alla scadenza di ogni anno, con conseguente protrarsi dei cicli annuali dell'incarico senza soluzione di continuità, in assenza, ovviamente, del sopravvenire di altra causa di cessazione dell'incarico (per dimissioni, revoca, ecc.).

Peraltro, appare difficile che la questione relativa alla durata dell'incarico venga affrontata ex professo dai giudici di legittimità, atteso che la tematica viene risolta, di solito, in sede di volontaria giurisdizione, laddove si può chiedere la nomina di un nuovo amministratore o la revoca di quello esistente, ma i provvedimenti emessi a conclusione di tali procedimenti non sono ritenuti suscettibili di impugnazione mediante il ricorso per cassazione (v., per tutte, Cass. civ., sez. un., 29 ottobre 2004, n. 20957, e, sull'abbrivio di tale autorevole arresto, più di recente, Cass. civ., sez. II, 16 gennaio 2024, n. 1569, e Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 2023 n. 319).

Riferimenti

Petrolati, La durata dell'incarico di amministratore: rinnovo, proroga, revocabilità, in Giustiziacivile.com, 24 febbraio 2024;

Capponi, Sulla durata in carica dell'amministratore condominiale, in Arch. loc. e cond., 2015, 268;

Voi, Il rinnovo dell'incarico dell'amministratore di condominio alla scadenza annuale del mandato, in Immob. & proprietà, 2015, 489;

Gatto, Il rinnovo automatico dell'amministratore, in Arch. loc. e cond., 2014, 306;

Cuffaro, Incarico all'amministratore, durata e rinnovo, in Arch. loc. e cond., 2013, 715;

Sforza Fogliani, Durata e rinnovo dell'incarico di amministratore, in Arch. loc. e cond., 2013, 282;

Nucera, La durata dell'incarico dell'amministratore condominiale, in Arch. loc. e cond., 2013, 436.

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